Criminologia
Crimini e mezzi di comunicazione. Ne parliamo con la Dottoressa Monica Calderaro
ROMA, 30 OTTOBRE - Il crimine fa la sua comparsa agli albori della vita umana. Si pensi a tal proposito alla Bibbia, che inizia con un fratricidio: Caino uccide Abele. Violenza, aggressioni, fatti delittuosi, comportamenti devianti, e le storie di cronaca che ne derivano, sono una costante in molti programmi televisivi delle reti generaliste e non. Da sempre, hanno ispirato pellicole cinematografiche nonché serie televisive dedicate ad un pubblico di appassionati, rei, o semplici curiosi.
Secondo molti autori, esiste un rapporto tra i comportamenti aggressivi e la violenza mostrata in Tv. Inoltre, alcune serie tv incentrate sul crimine avrebbero decisamente raccolto un vasto pubblico di utenti: raccontare e descrivere le varie tecniche di investigazione può contribuire a migliorare le abilità e le capacità dei delinquenti nel sottrarsi all'identificazione e quindi vanificare il processo di giustizia.
L’argomento merita un doveroso approfondimento. Per questo motivo, InfoOggi ha contattato la Dottoressa Monica Calderaro – Criminologa, Psicografologa e Perito Grafologo, docente e responsabile della didattica del Corso di Grafologia Forense presso la Sapienza Università di Roma e docente di Psicografologia e Social Media presso l’Università degli Studi Internazionali di Roma UNINT – per capire quanto la narrazione del crimine possa influenzare alcune fasce di utenti.[MORE]
Dottoressa, la ripetitiva esposizione a immagini brutali e crudeli in Tv può provocare effetti su una determinata fascia di pubblico e generare comportamenti aggressivi e devianti?
“Il proliferare di serie tv ambientate nel mondo della criminalità, con il focus mirato ad una serie di componenti quali ad esempio un determinato plot narrativo, scelta dei dialoghi accattivanti e caratterizzati da una comunicazione veloce e pratica in linea con il nostro tempo ed il più possibile vicino alla realtà, delinea una cornice di attrazione tale, da umanizzare anche ciò che è negativo e quindi favorire nello spettatore un rapporto di vicinanza emozionale con il criminale. E, in certi casi, può rappresentare un distorto ‘modello comportamentale’ da imitare; vedi al proposito autori come Bandura, Popper e Gerbner sui pericoli a cui un certo tipo di fruizione televisiva espone i telespettatori, soprattutto in una certa fascia di età quale ad esempio, quella adolescenziale”.
Per il criminologo Vincenzo Mastronardi, tra i fattori precipitanti che possono spingere un soggetto a commettere un crimine, ci sarebbe la spinta imitativa derivante dall'immaginario mediato dei media. È sulla stessa lunghezza d’onda?
“Condivido certamente, in particolar modo, in determinati casi”.
Perché, il male narrato nelle serie tv affascina così tanto i telespettatori?
“A proposito delle dinamiche che possono esserci a monte circa l’attrazione nei confronti del ‘sinistro fascino del male’ ed in sintonia con diversi autori, è qualcosa che resta a livello atavico nel nostro inconscio, così come già Georg Groddek sosteneva in merito al senso di noi miratamente agli aspetti negativi e positivi racchiusi in una diade che necessita di vedere il nemico all’esterno, fortificando la nostra parte interna (meccanismo di difesa), per evitare di guardarsi dentro come a voler distinguere il ”tutto bianco” dal “tutto nero”; quest’ultimo rifiutato e proiettato nell’altro. Viepiù, importante menzionare anche un altro elemento rilevante e che attiene alla strutturazione dei singoli standard morali secondo Kohlberg”.
In un seminario sul rapporto tra crimini e mezzi di comunicazione, lei afferma che in alcuni film o fiction vengono create ad arte vere e proprie icone del male. In che modo?
“Per esempio, grazie al supporto di raffinate tecniche di rappresentazione ed utilizzo di uno slang mirato, che fa particolarmente presa su un pubblico soprattutto giovanile, che peraltro (nel caso della serie televisiva) non si limita solo alla visione dell’episodio in sé, ma è ad usum commentarlo e condividerlo nei principali social, confrontandosi su diversi elementi del singolo episodio trasmesso, quali ad esempio i messaggi verbali e non verbali che vengono abilmente utilizzati e che caratterizzano il singolo personaggio”.
Il male a cui si assiste in alcune serie tv viene in un certo senso presentato in maniera positiva ed utile. Potrebbe spiegarci quali sono i rischi per il pubblico?
“I rischi a cui il pubblico, ed in questo caso di varie fasce d’età, può essere esposto alla visione di alcune serie tv è quello di non riuscire più a dare il giusto peso a determinate rappresentazioni violente vivendole, a volte, come unica soluzione possibile. Ad un’azione cruenta ne corrisponde un’altrettanta risposta violenta, ed in alcuni casi confondendo il senso di giustizia con quello di vendetta”.
Violenza e social network. Perché, soprattutto nei più giovani, vi è la tendenza a postare sui social comportamenti antisociali e violenti nei confronti dei coetanei?
“Le dinamiche a monte possono essere diverse. Molto spesso è ciò che scatta nel soggetto deviante in merito ad una distorta affermazione di sé, nel tentativo di attirare la compartecipazione di altri individui in merito ai suoi comportamenti - vedi ad esempio le dinamiche del branco - atteggiandosi a persona efficace e coraggiosa. In realtà, trattasi a livello più profondo, di giovani a loro volta caratterizzati da un quadro personologico di sofferenza, solitudine e conseguente senso di inadeguatezza. Viepiù, in diversi casi, trattandosi di comunicazione schermata, si sentono protetti da una sorta di anonimato”.
Può accadere che un soggetto si identifichi così tanto in un personaggio violento di un film perdendo di vista il contatto con la realtà, rifugiandosi sempre più nell’immaginazione e nella fantasia? Quando si verifica questo fenomeno?
“Fortunatamente, tale fenomeno avviene raramente. Trattasi soprattutto di soggetti caratterizzati da forte suggestionabilità ed instabilità psico-fisica, non alvulse da esperienze per esempio alcooliche e/o drogastiche”.
Cosa consiglia agli appassionati di serie tv incentrate sul crimine? Ve ne sono alcune da demonizzare?
“Il consiglio in merito al seguire serie tv sul genere crime, che spesso attraggono proprio in quanto caratterizzate da quell’alone di mistero che spesso proprio i protagonisti, sia essi dalla parte dei buoni che dei cattivi, ne sono contraddistinti - motivo per cui il pubblico tende a fidelizzarsi maggiormente - è quello di guardarle con una modalità meno passiva ed in chiave più critica.
Più che alcune da demonizzare, direi anche in questo caso, che ogni serie tv dovrebbe descrivere il ‘male’ per quello che è. La criminalità, in qualsiasi forma essa sia, non è altro che uno dei tanti modi di agire e di comportarsi nella società da parte di alcuni soggetti che evidentemente esprimono marcati deficit di personalità, unitamente ad una realtà socio-ambientale e familiare che certamente poco li aiuta. Questo è ciò che non solo nelle aule scolastiche e/o universitarie bisogna trasmettere, ma anche attraverso mezzi di diffusione più estesa quale quella della narrazione filmico e seriale, cogliendo l’occasione di inviare più messaggi di natura educativa (ed onestamente in alcuni casi fortunatamente viene fatto), piuttosto che dipingere personaggi che incarnano il crimine allo stato puro, come soggetti in fondo efficaci. Raccontare storie di crimine e di criminali è sicuramente giusto, l’importante è di non farlo esaltandone le azioni mediante la spettacolarizzazione”.
Si ringrazia la Dottoressa Monica Calderaro
Luigi Cacciatori