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SEBASTOPOLI, 08 MARZO 2014-Sono solo poche decine di uomini ma hanno destato la curiosità di molti. Sarà per il loro aspetto truce, la barba “ascetica” e alcuni simboli cupi (vedi bandiere e gagliardetti con teschio su ossa incrociate e simili) eppure i volontari serbi accorsi in Crimea al fianco dei “fratelli cosacchi” fanno un certo rumore.
Una manifestazione di solidarietà che ci auguriamo permetta, esclusivamente, di visitare quella parte d’Ucraina e non di prendere le armi in un conflitto finora solo paventato. Questi giovanotti sembrano non disdegnare di concedere interviste e di mettersi in posa per i media. Hanno le idee confuse su quello che sta accadendo in Ucraina, si appellano ad un approssimativo panslavismo, alla difesa della religione ortodossa e fanno presente la necessità di ricambiare il favore ai volontari russi che nella guerra civile in Jugoslavia della prima metà degli anni 90’ accorsero in aiuto, questa volta, dei “fratelli serbi”. Insomma un gesto di cortesia, quasi simbolico. Eppure questi ragazzi che in quella guerra erano bambini o forse non erano neanche venuti al mondo, sarebbero pronti a combattere contro gli ucraini filoeuropeisti. Non che l’ apporto bellico dei cetnici possa risultare decisivo nell’eventuale conflitto ma, di certo, rappresenta un elemento che offre spunti di riflessione per il futuro e tristi ancoraggi nel passato.
La storia, le origini, la cultura, i meriti (e i demeriti) del movimento cetnico sono al centro di vari dibattiti degli studiosi. Nel corso della seconda guerra mondiale dopo che l'esercito monarchico jugoslavo si arrese alle Forze dell’Asse, alcuni dei soldati jugoslavi rimasti, per lo più ufficiali di nazionalità serba, si riunirono sotto il comando del colonnello Draža Mihailović nella Serbia occidentale, e costituirono nel 1941 l'Esercito jugoslavo in patria fedele al re Pietro II in esilio. Secondo alcune fonti molti soldati serbi decisero di non radersi la barba fino alla restaurazione della monarchia, da qui il loro aspetto caratteristico. In un primo momento i cetnici ebbero l’appoggio degli Alleati che gradivano il loro spiccato anticomunismo. I cetnici erano contrapposti a due nemici principali: gli occupanti tedeschi e gli Ustascia croati da una parte, e i partigiani comunisti di Tito, ideologicamente avversi, dall'altra. L'Italia fascista non combatté i cetnici, ma si alleò loro in funzione antipartigiana e, sotto banco, antiustascia, poiché l'Italia occupava tutta la Dalmazia rivendicata dai croati. [MORE]
I due movimenti antifascisti, cetnici e partigiani di Tito, dapprima tentarono di collaborare ma successivamente iniziarono a combattersi l'uno contro l'altro. I cetnici collaborarono anche con il governo fantoccio di Milan Nedić in Serbia. Alla fine, paradossalmente, i cetnici iniziarono a concentrare i loro sforzi contro le forze partigiane titine, perfino alleandosi con i nazisti in alcune parti della Bosnia e con gli italiani in Montenegro. Il 16 giugno 1944 fu firmato a Lissa l'accordo tra Tito e il governo monarchico in esilio. Il documento chiamava tutti gli sloveni, i serbi e i croati ad aderire alla lotta partigiana. Mihailović e molti cetnici rifiutarono. Su pressione di Churchill, re Pietro II destituì Draža Mihailović da comandante in capo del JVUO e il mise Tito al suo posto. Lo stesso Mihailović fu processato e condannato a morte nel 1946 con l’accusa di tradimento. Alla fine della guerra i cetnici erano ancora piuttosto numerosi. Alcuni si unirono alle forze tedesche per non arrendersi ai sovietici e ai partigiani di Tito. Gli ultimi irriducibili sarebbero stati catturati nella zona di confine tra Bosnia e Montenegro addirittura nel 1957.
Dopo la morte di Tito, avvenuta nel 1980, il decennio successivo fu caratterizzato da un risveglio del nazionalismo serbo. Nel 1989 Slobodan Milošević legalizzò tutti i movimenti cetnici. Nel corso del conflitto che insanguinò la Jugoslavia dal 1991 al 1995 molti gruppi paramilitari legati ai cetnici ebbero un grande ruolo nelle operazioni belliche. Il loro coraggio fu però oscurato da una condotta spesso brutale che sarebbe sfociata in esecuzioni sommarie, torture e stupri di massa. La situazione si ripropose purtroppo anche in Kosovo nel 1999.
Eroi e patrioti secondo alcuni (soprattutto in Serbia), fanatici e criminali secondo altri. Ora gli "eredi" dei cetnici si aggirano per le vie di Sebastopoli, controllano i posti di blocco insieme alle milizie filorusse e sembrano ostentare sicurezza. Sostengono di voler semplicemente garantire che il referendum per l’annessione della Crimea alla Russia si svolga pacificamente. Alcuni di loro guardano già al futuro e sperano che “i fratelli di Crimea” li aiuteranno a loro volta a “liberare” il Kosovo. Questioni di fratellanze. La speranza è che generino solo visite di cortesia.
Davide Scaglione
Immagine tratta da Globalist.it