Estero
"Crackdown Occupy". Come la finanza ha guidato il pugno di ferro contro OccupyWallStreet
Il Federal Bureau of Investigation ha contrastato il movimento OccupyWallStreet trattandolo come una cellula terroristica dormiente sul suolo americano. È quanto emerge da documenti parzialmente desecretati e resi disponibili dal Partnership for Civil Justice Fund dai quali risulta come, per combattere il dissenso anti-capitalista di Zuccotti Park, si siano utilizzate strategie e collegamenti dello spionaggio antiterrorista. Con le grandi corporation economiche e finanziarie a giocare un ruolo fondamentale.
WASHINGTON, 12 GENNAIO 2013 – L'Fbi ha scatenato una guerra contro il movimento Occupy, tanto da definire la necessità di «un piano per ucciderne la leadership attraverso l'uso di fucili da cecchino». È quanto emerge dalle ricostruzioni giornalistiche e della rete dopo il rilascio di alcuni documenti fortemente censurati della polizia federale americana alla fine di dicembre e messi a disposizione dal Partnership for Civil Justice Fund (da ora, per brevità, PCJF) che ne aveva fatto più volte richiesta tramite la Freedom of Information Act che «obbliga la pubblica amministrazione a rendere pubblici i propri atti e rende possibile a tutti i cittadini di chiedere conto delle scelte e dei risultati del lavoro amministrativo». Ma nei frammenti di 112 pagine che Mara Verheyden-Hilliard - direttrice esecutiva del PCJF – definisce «la punta dell'iceberg» – c'è scritto chi ha realmente gestito, e come, il pugno di ferro (crackdown, secondo la Verheyden-Hilliard) contro il movimento di protesta. Non limitandosi ai soli cecchini.[MORE]
Possono gli Stati Uniti definire protesta sociale (derivante dagli alti livelli di disoccupazione, secondo le preoccupazioni dell'Fbi della Florida) e terrorismo - internazionale e nazionale - sullo stesso livello di pericolosità, in particolare se quei movimenti di protesta sono più volte richiamati nei documenti come «non violenti»? Possono quegli stessi Stati Uniti permettere che, in nome della “guerra al terrorismo” lanciata dall'amministrazione Bush ed incrementata sotto Barack Obama, il Federal Bureau of Investigation si trasformi in «un'agenzia d'intelligence de facto di Wall Street e di Corporate America» (cioè l'insieme delle grandi holding statunitensi, ndr)?
Nazisti, hackers, terroristi e manifestanti. In un documento datato 9 dicembre 2011 si parla di un incontro tenutosi due giorni prima nel quale due analisti appartenenti al Field Intelligence Group di Memphis - i cui nomi rimangono segretati - hanno presentato un powerpoint sulle minacce terroristiche da porre all'attenzione del Joint Terrorism Task Force (una partnership tra varie agenzie, tra cui l'Fbi e il Dipartimento per la Sicurezza Interna, nata per fronteggiare il terrorismo interno ed internazionale dopo l'11 settembre). Insieme alla minaccia neonazista dell'Aryan Nation e a quella terroristica portata dalla diffusione di Inspire, il primo magazine in lingua inglese realizzato da Al Qaeda nella penisola araba - la versione yemenita del gruppo terroristico - si trovano il gruppo di hackers di Anonymous ed il movimento di Occupy Wall Street.
Se le prime tre sono - nell'ottica statunitense - preoccupazioni condivisibili, può apparire meno comprensibile l'inserimento in questa lista anche del movimento di Zuccotti Park. A meno di non tornare di nuovo a leggere le carte. Al di là dell'”effetto” cecchino.
The OWS Memo. È il 4 luglio 2011. Su Twitter l'account di Adbusters pubblica due tweet (qui riportati come immagine). Quello delle 8.35 è, tra i due, il più interessante. Rimanda infatti ad un articolo - “Revolution in America”, pubblicato da Micah M. White il 21 aprile – che inizia così: «Questa è una sincera chiamata per una Rivoluzione Americana contro la decadente, vile plutocrazia che sta guidando la nostra nazione verso il baratro. Super-consumatori, Sinistri banchieri, celebrità puttane (celebrity whores) che cenano con foie gras e tartufo mentre più di 25 milioni di americani sono disoccupati e 2,8 milioni di case sono pignorate. Una cricca di avidi bastardi ha trasformato l'America, il pioniere della moderna democrazia, in una corporatocrazia dove un manipolo di inumane megacorps possiedono il nostro governo, i partiti politici, i tribunali, le scuole e i media. Il ricco un per cento ci sta prosciugando e spingendo, licenziati e pieni di debiti, verso il precipizio. Solo una insurrezione contro il loro ricco dispotismo può salvarci ora».
Proprio questo tweet, stando alla ricostruzione che ne fa l'agenzia di digital marketing iCrossing (qui ne parla Il Post ) è il primo passaggio dell'hashtag #OccupyWallStreet. È così che nasce ufficialmente il movimento che di lì a qualche mese porterà uno dei nodi principali dell'agenda mediatica internazionale a Zuccotti Park, Manhattan, New York. Il link al quale si rimanda con il tweet porta all'articolo che è, dunque, da considerarsi il vero manifesto – o una chiamata alle armi, a voler tenere il tono di quel testo – del movimento. Non esattamente una dichiarazione di pace, come si evince facilmente dai toni dell'incipit qui riportato.
È a questo punto che, come definito a pagina 2 del documento dell'Fbi, nasce la preoccupazione verso Occupy, creato dalla Adbusters Media Foundation la quale, attraverso l'omonima rivista bimestrale nata a Vancouver, Canada, nel 1989 dall'idea di Kalle Lasn, ex documentarista anti-capitalista si pone come una delle più importanti voci critiche del capitalismo e della società consumistica globale. È a nome di Lasn, scriveva Mattathias Schwartz sul New Yorker a novembre, che viene registrato il primo sito del movimento, OccupyWallStreet.org (cercandolo sui motori di ricerca, inoltre, il link rimanda alla campagna Adbusters di OWS). Registrazione che faceva seguito alla mail degli inizi di giugno inviata ai sottoscrittori del magazine nella quale si sosteneva che anche l'America avesse bisogno della sua Piazza Tahrir.
Attraverso la Powershift Advocacy Advertising Agency inoltre, come riporta il sito italiano della rivista, Adbusters «crea campagne di comunicazione per associazioni come Greenpeace e Amici della Terra».
Se le prime avvisaglie del movimento si registrano già agli inizi di luglio, che l'Fbi se ne interessi ad agosto - il “Giorno della Rabbia” statunitense arriverà solo il 17 settembre - non è un dato così illogico, alla luce della definizione di “movimento anarchico” che il Bureau dà ad Adbusters [pagina 2] e, di riflesso, ad Occupy. Non tanto logico è che il 19 agosto se ne occupi in compagnia del New York Stock Exchange/Euronext, la borsa valori più importante del mondo e, dunque, il cuore del potere finanziario statunitense.
Il NYSE è, secondo la ricostruzione dell'agenzia federale uno degli obiettivi primari della protesta, basata su «interrompere, influenzare e/o chiudere (shut down) le normali operazioni commerciali del distretto finanziario» e sulla possibilità di mettere in imbarazzo i banchieri, come scrive Beau Hodai su PrWatch.org.
Il 4 ottobre, invece, l'Fbi si mette in contatto con un altro dei nodi principali del potere economico americano: la Federal Reserve. il Tfo (Task Force Officer), incontra [pagg.90-91] il Assistant Vice President della Law Enforcement Unit della Federal Reserve (il cui compito è quello supervisionare il personale di sicurezza della Banca Centrale americana) di Richmond, Virginia, «per trasmettere informazioni riguardanti il movimento noto come occupy Wall Street. Il movimento è noto per essere pacifico ma altre dimostrazioni in tutti gli Stati Uniti hanno mostrato che altri gruppi si sono uniti nel Giorno della Rabbia e nel movimento Ottobre2011».
La Fed, attraverso la propria sicurezza privata, raccoglieva informazioni sugli attivisti passandole poi all'Fbi, come previsto fin dal 2005 dal Domestic Security Alliance Council, creato dall'agenzia federale per la condivisione di informazioni e la cooperazione tra questa, il Dipartimento per la Sicurezza Interna (Department of Homeland Security) e oltre 200 tra le più importanti società americane, che nel 2010 costituivano circa il 34% del PIL e l'8,1% degli occupati americani.
La collaborazione fa inoltre parte della cosiddetta “Operazione Tripwire”, creata nell'estate del 2003 per «identificare potenziali cellule terroristiche dormienti negli Stati Uniti» attraverso il controllo sui viaggi, sulle transazioni finanziarie o sull'acquisto di dispositivi che possano essere «precursori di terrorismo», come scriveva all'epoca Greg Krikorian sul Los Angeles Times.
In base alla vecchia massima – declinata in funzione anti-terrorismo – che prevenire sia meglio che curare, i documenti rendono nota anche la rete di spionaggio (e gli abusi, come li definisce il PCJF) del Campus Liaison Initiative [pag.51], istituito nel 2008 come raccordo dell'Fbi con college e università americane per monitorare l'attività degli studenti – sia fisica che virtuale – al fine di evitare che questi possano essere cooptati da gruppi terroristici. Tale iniziativa ha di fatto creato una rete tra agenti federali e personale di college ed università (preferibilmente personale di sicurezza) che condividono informazioni sugli indicatori di minaccia, creando così una mappatura dell'attività degli studenti, indipendentemente dal grado di pericolosità o “terrorismo” che questa ha. Alcuni degli addetti alla sicurezza sono inoltre membri effettivi della National Joint Terrorism Task Force, che dirige tutte le 104 Task Force antiterrorismo nate dal 2002 all'interno dell'Fbi.
Dossieraggi. 8 ottobre 2011. [pag. 85] L'Fbi incontra una informatrice (la cui identità viene segretata nei documenti, identificata semplicemente come “dimostrante”, “protestor” nei documenti), come confermato anche dalla ricostruzione del Des Moines Register) appartenente al movimento Occupy Des Moines, che mette al corrente il Bureau sui commenti del gruppo che, comunque, non permettono di configurare future minacce alla sicurezza pubblica o attività criminali. Per assicurare un miglior monitoraggio del gruppo, la donna ha messo a disposizione anche i propri dati e-mail e Facebook [pag. 86].
L'attività di dossieraggio, stando a quel poco che è possibile ricavare dal documento approvato il 12 ottobre [pag. 41] sarebbe però opera anche degli attivisti. Un analista federale ha riportato come siano state rese di pubblico dominio informazioni sugli amministratori delegati di Goldman Sachs e JP Morgan Chase dell'epoca (rispettivamente, Lloyd Blankfein e Jamie Dimon, quest'ultimo l'Ad statunitense più pagato nel 2011 con i suoi 23,1 miliardi di dollari) attraverso un'operazione di “doxaggio” (cioè il rilascio in rete di informazioni pubbliche su determinati personaggi) da persone riconducibili alla rete di Anonymous sfruttando siti come Pastebin.com, che permette di inviare in forma anonima informazioni in formato testuale che rimangono online per un dato periodo di tempo. Fino a qualche tempo fa questa era una delle piattaforme più utilizzate dal gruppo hacktivista per la pubblicazione di dati e comunicati stampa.
Prove a (s)favore. L'unica minaccia di cui l'Fbi ha potuto dar prova va però nel senso opposto a quanto architettato. Non solo il già citato passaggio dell'uccisione dei leader tramite cecchini, ma anche il lancio di una “bomba chimica” [pag. 57] composta di carta stagnola e Drano (un prodotto sgorgante composto da idrossido di sodio, nitrato di sodio, cloruro di sodio e alluminio) nell'accampamento di OWSMaine e l'uso di spray al peperoncino da parte di poliziotti newyorkesi contro i manifestanti.
«Il documento è fortemente censurato, ed è chiaro che l'FBI sta trattenendo molto più materiale. Chiediamo la completa divulgazione al pubblico del materiale inerente questa operazione», ha detto Heather Benno, avvocato del PCJF. Anche perché, dopo aver visto tutto questo, il dubbio è più che legittimo: se l'agenzia ha deciso che queste informazioni, tutto sommato, potevano essere rese note, cosa c'è scritto nelle parti censurate?
(foto: adbusters.org)
Andrea Intonti [http://senorbabylon.blogspot.com/]