Cronaca
Covid: in intensiva Catanzaro direttore reparto, problema non sono solo letti ma personale
Covid: in intensiva Catanzaro 5 ricoverati su sei posti. Direttore reparto, problema non sono solo letti ma personale
CATANZARO, 06 NOV - "Stamattina ho visto ancora tanta gente in giro venendo al lavoro come tre settimane fa. Non bisogna essere allarmisti o catastrofisti con la problematica Covid, ma non si deve sottovalutare il virus". A dirlo all'ANSA é stato Federico Longhini, direttore di Anestesia e rianimazione del Policlinico universitario "Mater Domini" di Catanzaro, alla guida della Terapia intensiva Covid, uno dei tre centri in Meridione a fare l'Ecmo, ossigenazione extracorporea, e l'unico ad eseguirla nel Sud Italia in pazienti Covid. Il reparto dispone di sei posti letto dedicati esclusivamente al Covid creati nel corso della prima emergenza.
"Attualmente - ha spiegato Longhini - abbiamo questa rianimazione approntata nel giro di due settimane dove il personale Covid entra da un lato in ambiente pulito per la vestizione, accede nella parte cosiddetta sporca dove potenzialmente entra in contatto con il Covid, si prende cura del malato, poi esce, si sveste ed entra in una zona dove può anche fare una doccia per uscire completamente pulito". Al momento in reparto ci sono cinque ricoverati.
"Sono tutti intubati - ha sottolineato il direttore del reparto - e fino a ieri c'era una donna in Ecmo che proviene dalla Puglia che ad oggi non ha più bisogno dell'extracorporea perché il polmone ha iniziato rifunzionare in parte e la paziente è collegata al ventilatore meccanico invasivo". Sulla sufficienza dei posti letto in terapia intensiva il professore è chiaro: "In prima ondata sono stati sufficienti, ma la problematica, percezione che manca nella coscienza della popolazione italiana, qual è?
Non è che io metto un posto letto e un ventilatore in terapia intensiva ed è finito lì. Un posto letto in intensiva prevede oltre a questo, un monitor adeguato, pompe e siringhe volumetriche ad altissima precisione per l'infusione dei farmaci, dei sistemi per l'umidificazione delle vie aeree, i semplici carrelli monopaziente e tante altre strumentazione e tecnologie che vanno al di là del ventilatore, altrimenti non posso curare il paziente. Poi serve il personale perché per ogni due letti serve un infermiere in turno. La situazione è articolata".
Per quanto riguarda l'utilizzo dei caschi in terapia intensiva, Longhini ha chiarito come "i pazienti in insufficienza respiratoria acuta ipossica, cioè quelli che hanno problemi di ossigenazione nel sangue, possono aver bisogno di due tipi di ventilazione: la prima è quella invasiva che si fa attraverso un metodo invasivo come l'intubazione o la tracheotomia; la seconda sono l'assistenza ventilatoria non invasiva che ci permettono di erogare delle pressioni positive del ventilatore senza intubare il paziente e queste sono maschere e caschi", tutto questo può essere fatto sia in terapia intensiva, che in sub intensiva o nei reparti "ma da cosa dipende?