Salute
Covid-19, Virologo Tarro: ‘50anni fa sconfisse il colera a Napoli’
NAPOLI, 22 MAR - Giulio Tarro, il virologo che quasi 50 anni fa sconfisse il colera a Napoli, spiega come il coronavirus ha preso piede in Italia, in che modo possiamo contrastarlo e perchè a essere più colpito è stato soprattutto il Nord Italia.
Sul coronavirus avrai letto sicuramente tante notizie in questi giorni. Sai che è arrivato dalla Cina e che la causa potrebbe essere un pipistrello. Ma ti sei mai chiesto perché ha trovato terreno fertile proprio in Italia? E poi, bisogna dare ascolto a chi dice che la mortalità è in aumento o a chi sostiene che è come quella di una semplice influenza?
Per chiarire le cause del virus, capire le precauzioni per evitarlo, sapere quando sparirà e se potrà ricomparire, abbiamo intervistato il virologo Giulio Tarro, candidato di recente al premio Nobel per la Medicina. Oggi ha 81 anni e una lunga carriera alle spalle negli Stati Uniti, da dove rientrò di corsa per gestire la lotta all’epidemia di colera a Napoli.
"Era l’estate del 1973. Mi feci vaccinare appena sbarcato a Fiumicino. All’ospedale Cotugno di Napoli contribuii all’isolamento del vibrione, il batterio responsabile dell’epidemia. Le persone seppero affrontare con coscienza quel periodo: non ricordo assalti ai supermercati o episodi di panico come quelli attuali, bensì le file ordinate per la vaccinazione."
Che pericolosità può avere la pandemia provocata dal coronavirus?
Chiamarla pandemia è ormai una questione semantica: poteva essere già definita tale, avendo coinvolto da tempo tutti i continenti, se si esclude l’Antartide. Il tasso reale di letalità è decisamente più basso di quanto può sembrare. Questo perché non vengono conteggiati moltissimi casi lievi o asintomatici, considerando i quali la percentuale si attesta al di sotto dell’1%, simile a quella di altre influenze stagionali. Il dato è relativo a uno studio fatto su un migliaio di pazienti ricoverati in 552 diversi ospedali cinesi, pubblicato da Anthony Fauci, direttore dell’Istituto statunitense per le malattie infettive, in un editoriale del New England Journal of Medicine.
Per quando prevede il picco dei casi in Italia?
Osserviamo quanto successo a Wuhan: la prima segnalazione ufficiale all’Oms è del 31 dicembre 2019, ma il virus circolava da ottobre. Se consideriamo che l’ultimo paziente è stato dimesso dall’ospedale cittadino solo pochi giorni fa, sono passati 5 mesi. Un decorso simile alla Sars, sviluppatasi tra novembre 2002 e aprile 2003. In Italia la situazione potrebbe risolversi entro il mese di maggio, con un picco alla fine di marzo.
Su cibi e vestiario quali sono le precauzioni da prendere?
Bisogna tenere in considerazione che si tratta di un virus respiratorio che si diffonde in maniera diretta. Per oggetti e superfici dunque basta seguire le norme igieniche di base: escludo che il coronavirus si possa prendere con il cibo.
Nella Pianura Padana il Covid-19 ha trovato terreno fertile a causa dell’elevato tasso di polveri sottili Giulio Tarro, virologo (Ohga.it)
Quali potrebbero essere secondo lei le cause della diffusione del virus?
I primi casi dello Spallanzani hanno dimostrato la provenienza del virus dalla Cina e in particolare dai pipistrelli che hanno nell’intestino circa 50 coronavirus diversi. Nella Pianura Padana il Covid-19 ha trovato terreno fertile a causa dell’elevato tasso di polveri sottili (PM10), particelle inquinanti la cui presenza accomuna tale zona a Wuhan. Saranno gli esperimenti in laboratorio a stabilire se c’è stata una variante italiana del virus, ma intanto escluderei un’origine artificiale dello stesso.
Potrebbe ricomparire in futuro?
Potrebbe ripresentarsi il prossimo anno con la stessa probabilità con cui potrebbe tornare la Sars o esserci una nuova influenza stagionale, ma per allora spero sia pronto anche il vaccino. Certo, chi guarisce dal Covid-19 e ha un buono stato immunitario non potrà prenderlo di nuovo.