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Cosa ci rende umani? Scienza e fede sulla scena del Progetto UniVersus
CATANZARO, 9 FEB. 2011 - Quinto appuntamento con il Progetto di alta formazione promosso dal Movimento Apostolico e dal Centro Studi Verbum, con il patrocinio della Provincia di Catanzaro e dell’Università Magna Graecia. Una scienza libera da miti e ideologie, capace [MORE]di dialogare con la fede nel terreno comune della sapienza per contribuire a una conoscenza armonica dell’uomo: è questo il senso pregnante della quinta conferenza del Progetto UniVersus su La Persona crocevia dei saperi, offerto dal Movimento Apostolico e dal Centro Studi Verbum, con il patrocinio della Provincia di Catanzaro e dell’Università Magna Graecia.
Il tema specifico, Che cosa ci rende umani? Scienza e teologia in dialogo, è stato introdotto dalla moderatrice, la dott.ssa Maria Primo, che ha presentato i relatori: Mons. Fiorenzo Facchini, famoso antropologo e paleontologo dell’università di Bologna, tra i più noti esperti del dialogo tra fede e scienza nel panorama internazionale, e don Francesco Brancaccio, professore di Teologia fondamentale presso l’Istituto Teologico di Cosenza. A curare la postazione web era presente Valentina Merante. Hanno allietato la serata le dolci note musicali del maestro Angelo Guzzo.
Prima delle relazioni, don Domenico Concolino, curatore di UniVersus, ha rilanciato il fiducioso appello, formulato il giorno prima da Benedetto XVI, sul ruolo delle istituzioni culturali cattoliche a favore dell’unità dei saperi: è proprio in questa prospettiva che UniVersus è stato pensato.
Questa fiducia è emersa anche nell’intervento di Mons. Facchini, che ha catalogato tre forme storiche del rapporto tra scienza e fede: concordismo, conflittualità esasperata e dialogo che rispetta le reciproche competenze. Il reale può essere indagato secondo molteplici piani: quello empirico rivela come vi sia una intellegibilità e razionalità di fondo; c’è poi il piano filosofico, legato al piano dei significati; e, infine, il piano teologico, che ha la competenza rispondere alle domande ultime alla luce della Rivelazione. Facchini, infine, ha rilevato la triplice discontinuità che distingue la persona umana dalle altre forme viventi, distaccandola da una mera ‘linea’ biologica: la discontinuità simbolica (capacità di astrarre e progettare); la discontinuità ecologica (l’adattamento all’ambiente); la discontinuità ontologica (propria della creatura fatta a immagine di Dio).
Riferendosi al rapporto tra evoluzione e creazione, Don Brancaccio ha mostrato, con argomentazioni rigorose, che l’antropologia teologica, rispettando la continuità biologica ed evoluzionistica dell’uomo, riesce a leggere anche il “salto ontologico”, posto in essere da un’altra essenziale discontinuità: la chiamata dell’uomo alla relazione con Dio. In maniera analoga, l’anima non può essere intesa come spiegazione tradizionale e superata delle facoltà mentali: essa, al contrario, è l’interiorità in cui avviene l’incontro tra Dio e l’uomo. Brancaccio ha confutato efficacemente la tesi di Stephen Hawking che, in The Grand Design, con un falso sillogismo fondato su un concetto obsoleto e non cristiano di Dio Creatore, pretende di annullare la genesi divina dell’universo. “L’osservazione dell’universo - ha proseguito Don Francesco Brancaccio- può essere un segno che apre alla fede o la sostiene, senza per questo “dimostrarla” o esaurirne la ricchezza. Anche nell’eventualità in cui l’uomo divenisse marginale sul piano della cosmologia o della biologia- ha concluso il teologo- egli resterebbe il fine unico dell’amore di Dio. Questa è la nostra originale e sublime identità, da accogliere e da realizzare nella fede al Vangelo: questo ci rende veramente umani”.
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