Cronaca
Corso dei Martiri, 50 anni dopo. Tutto in mano ai "Vicerè" di Catania
CATANIA, 29 MARZO 2012 – Lo scorso 18 novembre i catanesi avrebbero potuto festeggiare un avvenimento a suo modo storico. Con la firma dell'accordo tra il Comune ed alcune società private al Tribunale amministrativo regionale (Tar) etneo, infatti, veniva raggiunto «uno storico risultato, che consentirà la riqualificazione urbanistica di Catania e di creare delle occasioni positive per l'occupazione», come si affrettava a raccontare Giacomo Bellavia, vicepresidente della commissione Urbanistica. Dopo più di mezzo secolo, infatti, con un'operazione del valore di 250 milioni di euro, è stata posta fine alla “questione” Corso dei Martiri della Libertà nel quartiere San Berillo, centro storico del comune etneo.
“Avrebbero potuto festeggiare”, però, non è un refuso. Perché forse, da festeggiare, non c'è poi molto. Ma procediamo per gradi o, per meglio dire, per date.
Tutto parte addirittura nel 1950 quando si decide di attuare il “piano di risanamento” dell'Istituto immobiliare di Catania (Istica), istituito il 27 novembre con un capitale sociale di 55 milioni di euro, di cui le quote di maggioranza sono tenute dalla Società Generale Immobiliare di Roma di proprietà del Vaticano e dal Banco di Sicilia, ambedue con venti milioni di lire, ai quali si aggiungono i dieci della Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele ed i 2,5, a testa, di Provincia e Camera di Commercio. Il compito dell'istituto era non solo quello di creare infrastrutture in una zona della città che non ne aveva, ma anche – e soprattutto – dare una grossa mano all'economia ed all'occupazione locali.[MORE]
Il piano però nasce già storto, in quanto il progetto era stato letteralmente donato a titolo gratuito all'Istica dall'architetto Brusa della Società Generale Immobiliare, nonostante le istituzioni locali valutino il tutto in sessanta milioni di lire, prontamente versati.
Il 3 marzo dell'anno successivo il piano viene approvato dal Consiglio comunale, che provvede anche alla creazione dell'Ist-Berillo, la società a cui è affidato il compito di realizzare un nuovo quartiere per i trentamila abitanti – che da quel momento qualcuno inizierà a chiamare “i deportati” - che si erano opposti al progetto. È, questo, lo “sventramento” di San Berillo, anno domini 1954.
Con i 380 milioni provenienti dalla casse di Roma ed i 400 in arrivo dalla Regione, il 16 maggio 1952 il “piano Istica” entra nel Piano regolatore generale, secondo il quale sui 240 mila metri quadrati dell'area si sarebbe potuto costruire per un totale di 1.800.000 metri cubi, espropriando – laddove necessario – entro e non oltre il febbraio 1960, così da consegnare il lavoro finito entro il 3 luglio 1969, data di “chiusura ufficiale” dei lavori.
Dal lato economico, erano state previste spese per dieci miliardi 338 milioni e ricavi per 7 miliardi 338 milioni. I tre miliardi mancanti per pareggiare i conti il Comune li avrebbe recuperati dall'imposta di famiglia (detta anche “fuocatico”, abrogata dalla riforma tributaria del 1974).
Improvvisamente, però, a pochi giorni dalla chiusura dei lavori – 27 giugno 1969 – le regole cambiano. Secondo una legge regionale emanata in quei giorni infatti, i metri cubi edificabili per ogni metro quadrato vengono tagliati di quasi un quarto, passando da 18,65 a 5, cosa che si traduce in meno appartamenti, uffici o aree destinabili al commercio e dunque in molto meno denaro da poter guadagnare .
Per questo l'Istica chiede – ed ottiene – di essere risarcita per il danno subito. Quaranta miliardi consegnati dalla giunta Bianco nel 1991 ed altri settantotto (questa volta milioni, e in euro) richiesti e non ancora liquidati.
Arriviamo così ai giorni nostri. Nell'agosto del 2004, infatti, l'allora sindaco Umberto Scapagnini del Popolo della Libertà, insieme all'assessore all'urbanistica Domenico Sudano (dell'Unione di centro) creano la “commissione dei saggi” il cui compito avrebbe dovuto essere quello di districare la matassa.
Tra la richiesta di risarcimento danni e la “commissione” c'è stato, nel 2002, il pronunciamento del Tribunale amministrativo regionale (Tar) catanese che, ritenendo caduta l'efficacia del piano di ricostruzione del 1973 – equiparabile, secondo alcuni tecnici, ad un vero e proprio Piano regolatore - condannava il Comune ad emettere una “dichiarazione di inservibilità” delle aree non edificate di corso Martiri della Libertà,
Poi, nel 2008, arriva il commissario straordinario Vincenzo Emanuele – nominato dopo le dimissioni di Scapagnini - che, forte del suo doppio ruolo (la carica gli permette infatti di avere sia i poteri del sindaco che quelli della Giunta), firma un accordo con i soggetti privati titolari delle aree in questione, anche per evitare l'ingente somma di denaro che avrebbe dovuto pagare alla voce “penali”, ma che si traduce in cinquecento mila metri cubi edificabili consegnati ai proprietari delle aree, nei quali rientrano anche strade e piazze comunali (66.850 metri cubi, alle quali vanno aggiunti altri 6.475 metri quadrati di aree sdemanializzate per l'occasione), in cambio di 81,4 milioni di euro di “vantaggi economici per il Comune”, che poi spariranno nel nuovo accordi stipulato dal nuovo sindaco.
C'è da spostare una scuola. Non contenti di aver ceduto ai privati strade e piazze, a Catania hanno pensato bene – all'interno dello stesso Piano di risanamento – di vendersi anche una scuola. Costo: dieci milioni 400 mila euro. D'altronde è logico, per una città all'ottantasettesimo posto nella classifica sulla sicurezza degli istituti scolastici ed agli ultimi posti per qualità della vita, vendersi una delle poche scuole a norma e che non grava sulle casse del Comune, cioè l'edificio di via De Nicola. La motivazione di tale scelta meriterebbe probabilmente trattazione a sé, dato che la scuola fu definita inutile dal commissario, anche alla luce del fatto che a Catania ci sarebbero state (all'epoca) ben trecento aule in più rispetto al necessario.
Scelta confermata anche dall'attuale sindaco, Raffaele Stancanelli del Popolo della Libertà, che ha deciso di “spostare” la scuola in un'altra area di proprietà delle stesse persone, ma pochi metri più in là, così da non disturbare la cementificazione di quello che era stato pensato come il più importante “polmone verde” della città.
Il testimonial e la porta girevole. «Era il 6 agosto 2009» - scrivono in una nota i consiglieri comunali del Partito Democratico Saro D'Agata, Francesca Raciti, Carmelo Sofia, Lanfranco Zappalà, Pippo Castorina e Giovanni D'Avola - «quando l'architetto Massimiliano Fuksas venne in Consiglio comunale a illustrare, insieme a Stancanelli, le linee guida del suo master plan che avrebbe ridisegnato le aree di Corso dei Martiri. E un sindaco entusiasta annunciava a destra e a manca la risoluzione di un contenzioso decennale con la garanzia di una grande firma dell'architettura italiana e internazionale». Lo scorso 21 marzo però, come riportato nell'edizione catanese di BlogSicilia.it, dell'architetto si perdono le tracce. O meglio, si scopre che il progetto di risanamento è stato redatto dallo studio bolognese “Mario Cucinella Architects”. Eppure, in quella riunione al Comune, insieme al sindaco c'era proprio Fuksas. Il motivo di questo abbandono rimarrà probabilmente sconosciuto, come sconosciute rimangono le decisioni di Stancanelli, «riunito in segrete stanze, lontano dalla città, ma anche dello stesso consiglio comunale, per decidere con pochi potenti privati, il destino di una parte significativa del nostro territorio», come denunciava Sinistra Ecologia e Libertà in una conferenza stampa tenutasi davanti al Tribunale di Catania a gennaio, nella quale il partito ha voluto denunciare «le gravi speculazioni in corso nelle aree di Corso Martiri della Libertà». «Tali spazi», hanno detto Marcello Failla e Giolì Vindigni, di Sel, «dovrebbero invece servire ad elevare gli standards urbanistici, prevedendo strutture sportive, ricreative, culturali, verde attrezzato e non ulteriori abitazioni ed uffici, che renderebbero ancora più congestionato il centro storico, desertificandolo negli orari serali ed ampliando la invivibilità dell'attiguo corso Sicilia».
«Il centro di Catania si caratterizza per la scarsissima presenza di aree verdi e di aree liberamente fruibili», evidenziano dal Wwf catanese, che lancia l'allarme sul rischio sismico, ancor più grave alla luce della «mancata previsione di aree di raccolta degli abitanti in caso di sisma, che non sembrano nemmeno contemplate nell'accordo».
Naturalmente, gli accordi si fanno sempre in (almeno) due. E dall'altro lato c'è, ad esempio, chi cambia parere perché “cambia bandiera”, come Andrea Scuderi, che quando faceva l'assessore all'Urbanistica affermava come nell'area non si potesse edificare oltre gli 84 metri cubi e che oggi, nelle vesti di avvocato dei proprietari privati delle aree edificabili, sostiene che di metri cubi se ne possano realizzare fino a 267. Un cambio di opinione abbastanza drastico, evidentemente.
I soliti noti. E poi ci sono loro, i privati. L'Istituto immobiliare di Catania si è adeguato ai tempi, diventando una società per azioni, nella quale ritroviamo la “Parsitalia spa”, colosso dell'edilizia dell'imprenditore romano Luca Parnasi che – attraverso le società “Istica” e “Cecos” controlla circa il settantatré per cento dell'area di Corso dei Martiri - e la “Risanamento San Berillo s.r.l.”, società del consorzio Uniter di proprietà di Domenico Costanzo, Concetto Bosco Lo Giudice (che insieme lavorano anche al progetto del porto di Ragusa attraverso la “Tecnis spa” che, come denunciavano gli inquirenti ad ottobre, per i lavori utilizzerebbe materiale scadente e sarebbe in odor di Cosa Nostra) e, attraverso la “Sigenco spa”, Santo Campione, ex braccio destro di Mario Rendo, considerato il più ricco dei “quattro cavalieri dell'apocalisse mafiosa” di cui scriveva Pippo Fava nel 1983 e che avrebbero passato il testimone ai “Vicerè”, come li definisce Antonio Condorelli sul numero 45 di “S-Catania”.
Dai 396 posti auto realizzati su 1.400 metri quadrati di un'area con finalità antisismica di protezione civile (il parcheggio Europa, che sorgerà sull'omonima piazza) al centro commerciale – sempre in piazza Europa - per il quale sono previsti pilastri di cemento e vetrate direttamente sul golfo di San Giovanni Li Cuti, vicino ad una via di fuga “anti-tsunami”, che verrà realizzato dalla cordata Alcalà srl-Gate Società Consortile arl-Keynesia srl (dopo una aggiudicazione – senza commissione – che aveva visto primeggiare nuovamente la Uniter) tra i cui proprietari spicca Luigi Rendo, figlio del già citato Cavalier Mario, saranno loro – come succede ormai da tempo – i veri assessori all'Urbanistica a Catania.
(foto: cataniatoday.it)
Andrea Intonti