Chiesa e Società
Coronavirus. Cei: non verranno celebrate Messe fino al prossimo tre aprile
In Italia non verranno celebrate Messe almeno sino al prossimo tre aprile: la mossa della Cei, che si uniforma così al decreto del governo
ROMA, 8 MAR - La decisione è davvero drastica, ma le misure delle autorità civili sono chiare. E i vescovi italiani si sono allineati in poco tempo.
La sospensione delle celebrazioni, da oggi in poi, non riguarderà più soltanto le "zone rosse" ed i limitrofi. La Lombardia era stata la prima regione interessata da questo genere di provvedimenti. Adesso tutti i fedeli cristiano-cattolici d'Italia dovranno, per evitare che il coronavirus si diffonda mediante i contagi, rinunciare alla Messa per un periodo. Probabile, poi, che un medesimo ragionamento sia già stato fatto o si debba fare per i funerali e per le Messe esequiali. In Lombardia, per esempio, la diocesi di Milano ha confermato lo stop anche per quel tipo di celebrazione. E l'intero Belpaese potrebbe seguire a breve. A riportare la notizia, tra gli altri, è stata l'Adnkronos.
Il tema è semplice: gli enti preposti stanno lavorando affinché gli assembramenti di persone divengano sempre meno. Nelle chiese, durante le celebrazioni, si creano proprio degli assembramenti di persone. Per quanto sino ad ora l'impegno sia stato quello di rispettare le distanze stabilite. E allora i presuli hanno optato per evitare qualunque rischio correlato. Dopo una settimana, peraltro, in cui il dibattito è stato molto animato all'interno degli emisferi cattolici. Dalle modalità di distribuzione dell'eucaristia sino all'opportunità di scambiarsi un segno di pace: pure i socia network, oltre che gli ambienti ecclesiastici, sono stati coinvolti in una dialettica che ha riguardato tanto i comportamenti dei singoli quanto la dottrina in generale.
Qualcuno - com'è noto - ha provato ad organizzarsi mediante le "messe clandestine", ma il quadro suggerisce come questo genere di iniziative stiano per diventare, oltre che contrarie alle disposizioni, molto difficili da mettere in pratica. Vale la pena sottolineare come qualche parroco celebrante, in alcune circostanze, sia stato segnalato o denunciato. C'è pure chi sostiene che, proprio per via di quello che stiamo vivendo, i luoghi di culto dovrebbero non essere sottoposti a sigilli di sorta, ma ora la decisione ufficiale è stata presa. E riguarda quantomeno le Messe.
Il decreto del governo di ieri sera, inoltre, aveva già sospeso le "cerimonie". E questo passaggio fatto poco fa dalla Cei era divenuto pronosticabile. Il momento è difficile. Questa mattina Papa Francesco ha usato il termine "prova", qualcosa che può provocare "dolore". La Chiesa è sempre stata un punto di riferimento in situazioni di questa tipologia, ma il contesto epidemico costringe a delle rinunce persino gli uomini di fede. Per dirne una: non era mai accaduto prima che un Angelus venisse recitato in streaming. E Francesco, che si è detto "ingabbiato", ha ricordato il perché di questa limitazione: stroncare la diffusione del virus.
L'Ecclesia c'è, insomma, ma per il momento deve parzialmente chiudere i suoi portoni. La data di riferimento, poi, può essere temporanea. La ratio può valere per le scuole e per le Università, ma anche per le parrocchie: la riapertura dovrebbe dipendere dall'interruzione della curva esponenziale dei contagi. Le serrate servono proprio a questo scopo.