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Corea del Nord, l'esule-attivista Shin Dong-hyuk: "L'unica via è la rivolta del popolo"
SEUL, 30 AGOSTO - Shin Dong-hyuk è l’esule-attivista più ascoltato della Corea del Nord, nemico pubblico numero uno di Kim Jong-un. La storia di Shin Dong-hyuk è quella di un uomo nato prigioniero, cresciuto in un campo di lavoro nordcoreano dal quale è fuggito all’età di 23 anni. La sua esperienza è raccontata in un libro che è ben presto diventato un bestseller mondiale: “Fuga dal Campo 14”, scritto con l’ausilio del giornalista americano Blaine Harden. Shin risiede attualmente in Corea del Sud ed è da lì che continua la sua lotta a distanza contro Kim, tanto da attirare perfino le attenzioni dell’Onu, che ha voluto sentire la sua testimonianza. [MORE]
L’attivista nordcoreano ha concesso a La Repubblica un’intervista in cui parla della sua Corea, partendo da una considerazione sui reali obiettivi del dittatore di Pyongyang: "Kim sa molto bene che se dovesse andare fino in fondo scoppierebbe una guerra che porterebbe alla sua fine e a quella del suo Paese. Vuole che la gente abbia paura di lui e fa del suo meglio per mostrare le grandi abilità di Pyongyang. Vuole l'attenzione della Comunità internazionale, vuole che il mondo intero si turbi e si alteri, e sta riuscendo nel suo intento. Però non credo che il suo missile colpirà Guam o le città americane. Kim fa minacce provocatorie per sembrare potente”.
La gente sembra sostenere Kim entusiasticamente, almeno da quello che la propaganda nordcoreana fa trasparire. Ma Shin risponde che “la propaganda è solo propaganda". E aggiunge: "La maggioranza della gente in Corea del Nord non ha altra scelta se non sostenere e onorare il leader. Sono sottoposti al lavaggio del cervello oppure agiscono sotto costrizione totale”.
Kim folle? Non per Shin Dong-hyuk: “Non è affatto inetto, né stupido. È un grandissimo calcolatore e sa bene cosa sta facendo. Penso che sia un personaggio insano sotto molti punti di vista, ma non dobbiamo sottovalutarlo”.
Non sottovalutarlo, dunque. Ma allora quale deve essere la strategia della Comunità internazionale, in primis di Washington e Seul? Diplomazia o minaccia? Shin risponde: “Per decenni hanno tentato con le vie della diplomazia e del dialogo, ma queste non hanno avuto alcun effetto su Pyongyang. Però anche la guerra o i bombardamenti non sono la risposta. È dura da dire, ma io credo che la gente oppressa della Corea del Nord - o la sua élite, che ne sa di più su quello che succede nel resto del mondo - dovrebbe insorgere. Io credo che sia necessaria una rivoluzione perché possa esserci un vero cambiamento”.
Quanto al ruolo della Cina nella vicenda, invece, l’attivista ritiene che “anche se Pechino disapprova le azioni di Pyongyang, non può e non vuole sganciarsi completamente”. E motiva il suo pensiero: "Non è bene per la Cina se la Corea del Nord collassa. Pechino ha bisogno di Pyongyang”.
Infine torna sull’idea della rivolta del popolo, ma con una punta di amarezza. “Fin dai tempi di Kim II Sung e di suo padre Kim Jong-il - dice - il sistema è assolutamente stabile: tutti sanno che l’unica persona davvero al potere è quella nella linea diretta di sangue. Chi ne ha dubitato o ha voluto sfidare la posizione di Kim è stato immediatamente giustiziato”.
Claudio Canzone
Fonte foto: ilpost.it