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Copa America, tanta noia e pochi gol

 ARGENTINA, 6 LUGLIO 2011 - Si erano messi d’impegno proprio tutti gli addetti ai lavori per convincerci che quest’anno il calcio non ci avrebbe abbandonato nemmeno durante la consueta pausa estiva, grazie ad un’emozionante, avvincente (e chi più aggettivi ha più ne metta) Copa America.

Obiettivamente motivi d’interesse ce ne sarebbero a valanga: partiamo dalla location, quell’Argentina sempre famelica di calcio, un po’ come l’Italia, ma con un tifo molto più passionale e talvolta drammatico (basti pensare a quanto avvenuto pochi giorni fa dopo la discesa in B della storica formazione del River Plate, quando un evento sportivo rischiava seriamente di trasformarsi in una tragedia nazionale). [MORE]

Logico pensare dunque che l’Albiceleste non voglia steccare l’edizione giocata in casa, anche perché, a dispetto di generazioni di campioni sfornati quasi quotidianamente, questa gloriosa nazionale non vince la competizione sudamericana dal lontano 1993, ossia ben 18 anni di digiuno, effettivamente troppi per una squadra che annovera fra le sue file il più forte giocatore del mondo e in lista d’attesa per scoprire se o quando diventerà il più forte di tutti i tempi.

Ovviamente si parla di Messi, il fuoriclasse del Barcellona, che in Nazionale sembra sempre smarrirsi un po’, forse schiacciato dal fardello di dover costantemente fronteggiare il paragone con un Dio.

E quindi sorge spontanea la curiosità di scoprire se questa volta la Pulce riuscirà a sconfiggere i suoi demoni e a scrollarsi di dosso l’ombra ingombrante del suo mito Maradona.

Infine, accanto al folletto del Barcellona, ci sarebbe tutta una schiera di fuoriclasse o aspiranti tali (vedi Cavani, Sanchez, Aguero e tanti altri), i cui nomi appaiono ancora più accattivanti adesso che siamo in pieno calciomercato.

Dunque spettacolo assicurato? Assolutamente no, perché queste erano solo le premesse fin troppo idilliache.

La realtà invece parla di un’organizzazione dilettantesca della manifestazione, fra inni dimenticati e partite consecutive giocate nello stesso stadio, campi di gioco allestiti probabilmente alla coltivazione di ottimi ortaggi, arbitraggi da far impallidire quelli nostrani (il che è tutto dire), una tempistica rispettata come il Fisco in Italia (le pause fra i due tempi hanno improvvisamente resuscitato nella memoria dei nostalgici le meravigliose sfide infinite di Holly e Benji), per non parlare dei tanti, troppi 0-0 nei tabellini finali dei match finora disputati.

A deludere, in questa prima tornata di incontri, sono state soprattutto le grandi, le più quotate pretendenti al titolo: la prima a steccare è stata proprio l’Argentina, fermata sull’1-1 (in rimonta) dalla modestissima Bolivia; poi è toccato a Brasile e Uruguay (anche per loro un pareggio incolore); l’unica a vincere, ma non senza fatiche, il Cile di Alexis Sanchez.

Volendo analizzare la competizione da un punto di vista tecnico, il problema dell’Argentina è a centrocampo, dove è impossibile sacrificare la qualità per ammortizzare il peso offensivo del tridente basso: l’assenza di un regista (i tifosi rimpiangono ancora le geometrie lente ma comunque geniali di Riquelme, sempre troppo sottovalutato dalla critica) costringe Messi a indietreggiare troppo per cercarsi la palla e impostare. Sebbene Lionel goda ancora di una condizione fisica invidiabile, nonostante una stagione massacrante, indurlo ad essere ispiratore di se stesso è un suicidio tattico imperdonabile (a maggior ragione se in panchina siede un certo Pastore).

Per il Brasile il discorso è diverso: troppo fumoso, con giocatori indubbiamente talentuosi ma spesso attenti più a specchiarsi nei loro ghirigori che a concretizzare.

L’Uruguay, che schiera un attacco prolificamente ineguagliabile (Cavani, Suarez, Forlan), deve purtroppo fare i conti con una formazione non all’altezza delle sue punte.

Infine il Cile, come detto l’unica vincente, ma era lecito attendersi qualcosa di più contro un Messico sventrato dagli scandali sessuali e di doping.

Dunque tutte rimandate al secondo appello, con la consapevolezza che il rischio di eliminazioni a sorpresa già al primo turno è praticamente nullo, visto il paracadute di una formula del torneo che premia non solo le prime due di ogni girone, ma anche le due migliori terze: che si traduce nella sostanziale farsa di un primo turno inutile, che scarterà dal mazzo solo quattro derelitti.

Tuttavia, se qualcuno non darà la sveglia, visto l’orario italiano (notturno) in cui vengono trasmesse le partite, sarà difficile che gli appassionati d’oltreoceano (in questo caso, la parte europea dell’oceano) si lasceranno di nuovo raggirare dalla promessa di spettacolo e emozioni, tanto qui c’è sempre il calciomercato a tenerci compagnia durante tutta l’estate.

 

Maurizio Grimaldi