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Copa America, fuori Argentina e Brasile
ARGENTINA, 18 LUGLIO 2011 - Weekend nero per i bookmaker sudamericani: quarti di finali stregati per le favorite della vigilia, che cadono una alla volta come ubbidienti pezzi di un domino spudoratamente pro-cenerentole.
Non si può parlare certo di partite altamente spettacolari, eppure i quattro incontri rimarranno ugualmente memorabili: infatti, sul campo di gioco abbiamo assistito a tutto e il contrario di tutto, fra traverse, pali, espulsioni, rigori sbagliati e tanto altro ancora.[MORE]
Cominciamo col dire che c’è stato grande equilibrio: 3 match su 4 sono andati ai supplementari (tra l’altro, i primi della storia di questa competizione, che fino ad ora aveva sempre offerto una formula che prevedeva direttamente i rigori in caso di pareggio al termine dei tempi regolamentari), e 2 di questi addirittura ai penalty.
La prima a salutare tristemente la Copa è stata la Colombia, che uscita con 0 goal subiti dalla prima fase, si è vista frenare da un Perù ben messo in campo, pronto a ripartire in contropiede con gli scatenati Vargas e Guerrero. Bisogna ammettere però che anche la sorte si è accanita contro i colombiani, che hanno cozzato più volte contro i legni della porta avversaria, finendo per avvilirsi e crollare mentalmente proprio durante i supplementari. Risultato finale: 2-0 per i peruviani.
La partita che prometteva più spettacolo si è invece rivelata la più deludente: il riferimento ovvio è a Uruguay-Argentina, terminata 1-1 al 90°, con l’albiceleste incapace di sfruttare anche una prolungata superiorità numerica.
Nettamente superiore il bagaglio tecnico dei padroni di casa, ciononostante messi in scacco da una più ordinata organizzazione di gioco: Messi è troppo isolato nella sua genialità, nessuno dei compagni riesce né a seguirlo né tantomeno a liberargli spazio per le sue sortite offensive. Gli eroi della partita precedente contro il Costa Rica, Gago, Di Maria e Aguero si eclissano in fretta, lasciando la pulce completamente solo a svenarsi in mezzo al campo.
Dall’altra parte sono sufficienti pochi calci piazzati a far tremare una difesa a tratti imbarazzante per l’insipienza tattica mostrata: superlativa la prova di Forlan, goleador con i piedi raffinati di un trequartista.
Tardivo l’inserimento di Pastore, l’unico in grado di duettare con Messi, che nel frattempo però ha già speso gran parte delle sue energie.
Stavolta non ci sono scuse: l’allenatore Bielsa è il principale responsabile di questa ennesima delusione per la nazionale argentina, e qualsiasi ulteriore critica nei confronti dell’impegno di Messi sarebbe un insulto al calcio e all’intelligenza in generale.
Ai rigori non c’è storia: manco a dirlo, fra gli argentini l’unico a tirare con raziocinio è la pulce ed è un miracolo se, nonostante tiri a dir poco scriteriati, alla fine la differenza con gli uruguayani sia di una sola rete.
Capitolo Brasile: presto detto, squadra fumosa e con poca personalità. Sicuramente anch’essa molto sfortunata, avendo dominato l’intero incontro con il Paraguay eppure senza riuscire a mettere la palla dentro.
Anche questa partita finita ai rigori, anche se ogni tifoso brasiliano se avesse saputo l’esito della lotteria dagli undici metri avrebbe certamente preferito dichiarare forfait in anticipo: un ridicolo 0 su 4 per i brasiliani, e agli avversari basta segnare due volte per aggiudicarsi la qualificazione.
Infine il Cile, la formazione che aveva impressionato positivamente fino ad ora, ma anch’essa costretta ad arrendersi alla irremovibile regola di Davide che sconfigge Golia: 2-1 per il Venezuela, a dispetto dei 9-2 tiri in porta per i cileni.
In attesa di imprevedibili semifinali, la rivincita di Cenerentola si è già completata degnamente.
Maurizio Grimaldi