Politica

Consultazioni: asse Lega-M5S per chiedere ritorno alle urne

ROMA, 7 MAGGIO – Dopo oltre 60 giorni di stallo governativo, è oggi la giornata dedicata al terzo giro di consultazioni presidenziali, nel tentativo di individuare un accordo tra le forze politiche, utile alla formazione di un nuovo esecutivo con l’attuale Parlamento, entrato in carica sulla base dei risultati elettorali del 4 marzo. [MORE]

In mattinata sono dunque salite nuovamente al Colle le delegazioni di Movimento 5 Stelle, destra e PD, ciascuna però ancora arroccata sulle proprie posizioni. I Pentastellati, tramite il loro capo politico Luigi Di Maio, hanno ribadito la loro disponibilità ad accogliere l’idea di un’alleanza che riguardi esclusivamente la Lega, con la quale scegliere un Premier terzo e super partes ed una squadra governativa che segua punti di programma predefiniti di comune accordo dai due partiti. Matteo Salvini, dal canto suo, invece, continua a sostenere la compattezza della coalizione con cui si era presentato alla tornata elettorale del mese di marzo ed avrebbe nuovamente provato a chiedere al Capo dello Stato disponibilità per vedersi affidato personalmente un incarico con cui cercare una eventuale maggioranza direttamente in Parlamento. Il Partito Democratico, infine, è tornato a nascondersi dietro il 19% ottenuto il 4 marzo richiamando gli avversari ad uno sforzo di responsabilità al fine di trovare una soluzione comune per il Paese.

Anche se l’ipotetica alleanza Lega – 5 Stelle sembra essere ormai naufragata, Di Maio e Salvini si sarebbero incontrati, dopo essere saliti al Colle, per trovare un accordo e fare fronte comune quantomeno sulle richieste elettorali, ovvero concentrandosi sull’opzione del ritorno alle urne entro l’8 luglio nel caso in cui non si trovassero altre soluzioni politiche con l’attuale formazione parlamentare. “Come promesso lavorerò per dare un governo al Paese e fino all’ultimo cercherò di far cadere i veti dall’una e dall’altra parte. Se questo non dovesse avvenire la data più vicina per votare è domenica 8 luglio. Sulla data è d’accordo anche Di Maio” – ha affermato Salvini, implicitamente riferendosi ai suoi ultimi tentativi di risolvere la querelle tra il partito fondato da Casaleggio e Grillo e quello guidato da Berlusconi. La tensione tra i due schieramenti appare tuttavia ancora elevata, tant’è che lo stesso capo politico del Movimento ha successivamente spiegato che “noi da oggi ci mettiamo in campagna elettorale ed andiamo a raccontare agli elettori questi due mesi di bugie propinate loro dalle altre forze politiche”, mostrando di non aver preso bene i dietrofront di cdx e csx sulla possibilità, da lui stesso lanciata alcune settimane fa ed apparentemente accolta in un primo momento dalle controparti, di stipulare un contratto governativo individuando alcuni punti programmatici in comune. “Ancora una volta Salvini e Berlusconi si sono presentati a chiedere un mandato per cercare i voti in Parlamento” – ha poi attaccato l’ex vicepresidente della Camera con un post pubblicato su Facebook – “Salvini ha scelto ancora una volta Berlusconi, ma soprattutto di formare un governo di voltagabbana, di traditori del mandato politico”.

Le date del possibile voto anticipato che Di Maio e Salvini avrebbero individuato sarebbero dunque l’8 ed il 15 luglio, ovvero la seconda e la terza domenica di un mese nel quale mai nella storia della nostra Repubblica i cittadini sono stati chiamati alle urne.

È evidente che, senza un accordo tra le forze politiche, la prima opzione che verrà vagliata dal Presidente Mattarella sarà a questo punto proprio quella del ritorno a nuove elezioni, ma la eventuale nuova tornata elettorale non potrebbe comunque produrre risultati immediati, dal punto di vista tempistico e logistico, non potendo da subito assicurare da subito e con certezza la formazione di una maggioranza stabile in Parlamento e che soprattutto si discosti nettamente dalla attuale situazione di stallo. Presumibilmente, anche se si decidesse di organizzare nuove elezioni a luglio, sarebbe comunque opportuno che i partiti si accordino per sostituire il dimissionario Governo Gentiloni, in carica ormai da più di due mesi per sbrigare esclusivamente affari di ordinaria amministrazione. Sarebbe in altre parole opportuno formare un Governo-ponte, di tregua od “elettorale”, che possa magari arrivare all’inizio del 2019 salvando il Paese dall’esercizio provvisorio, approvando la legge di bilancio, la legge di delegazione europea e gli altri provvedimenti normativi che dovessero rendersi necessari (tra i quali potrebbe appunto esservi una nuova riforma della legge elettorale), scongiurando così anche lo spettro del nuovo aumento dell’IVA, altrimenti decisamente probabile.

 

Francesco Gagliardi

 

Fonte immagine: repubblica.it