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Condominio e voto in conflitto di interessi

REGGIO CALABRIA, 18 FEBBRAIO - I condomini in potenziale conflitto di interessi con il Condominio possono, e non devono, astenersi dall’esercitare il diritto di voto. Pertanto, non esiste alcun divieto per i condomini in potenziale conflitto di interessi di partecipare alle assemblee condominiali e neppure di concorrere alla formazione della volontà assembleare esprimendo il loro voto. Le delibere espresse anche con il voto di potenziali portatori di conflitto di interessi, sono viziate e devono essere dichiarate illegittime solo e soltanto se da esse possa derivare un danno anche solo potenziale per il Condominio. Questo è quanto sancito dalla Corte di Cassazione, sez. VI – 2, ordinanza n. 1853/2018, depositata il 25 gennaio. [MORE]

Il caso. Alcuni condomini impugnavano, innanzi al Tribunale competente, una delibera assembleare in quanto, secondo loro, viziata dal conflitto di interessi in capo ad un condomino titolare dell’impresa appaltatrice dei lavori di manutenzione dell’edificio condominiale. Le spese del citato intervento manutentivo erano state approvate con il verbale di assemblea oggetto dell’impugnazione in questione. Il giudice di prime cure rigettava la domanda attorea.  

Avverso tale sentenza, i condomini proponevano appello. La Corte d’appello territoriale, escludeva che fosse ravvisabile, in relazione all’impugnata deliberazione assembleare, un conflitto di interessi (in analogia al disposto di cui all’art. 2373 c.c.) in capo al condomino, in quanto titolare dell’impresa appaltatrice dei lavori di manutenzione dell’edificio condominiale, le cui spese erano state approvate appunto con la delibera in questione. I giudici di seconde cure sostenevano che fosse rimasta indimostrata la circostanza che i lavori condominiali, se affidati in appalto ad altra impresa, avrebbero comportato un risparmio di spesa rispetto al corrispettivo da versare all’impresa del condomino, sicché mancava in concreto prova dello specifico conflitto di interessi denunciato. Pertanto, in parziale accoglimento dell’appello proposto dai condomini la Corte d’Appello respingeva l’impugnazione della deliberazione assembleare de qua.

Avverso tale sentenza i condomini proponevano ricorso per cassazione articolato in due motivi. Innanzi alla Suprema Corte, i condomini che avevano proposto due distinte azioni ex art. 1137 c.c., poi riunite, allegavano, col primo motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1394 c.c., giacché, a differenza di quanto affermato dalla Corte d’appello, per aversi annullamento del contratto concluso da rappresentante in conflitto di interessi, non occorrerebbe prova specifica di un concreto danno arrecato al rappresentato, avendo peraltro, nella specie, l’assemblea dovuto votare "in blocco" il bilancio consuntivo, con indicazione dei lavori eseguiti in un’unica voce, senza neppure poter verificare la convenienza di un’eventuale diversa offerta.
Col secondo motivo, i ricorrenti prospettavano la violazione e falsa applicazione dell’art. 2373 c.c., ribadendo, pure con riferimento a questa norma, come per la rilevanza del conflitto di interessi basti la potenzialità del danno, nonché un potenziale conflitto tra l’interesse del singolo condomino e quello del Condominio. I due motivi di ricorso si rivelavano il primo inammissibile ed il secondo infondato. Secondo il Supremo Collegio, in tema di Condominio, “le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono inderogabilmente quelle previste dalla legge in rapporto a tutti i partecipanti ed al valore dell’intero edificio, sia ai fini del "quorum" costitutivo sia di quello deliberativo, compresi i condomini in potenziale conflitto di interesse con il condominio, i quali possono (e non debbono) astenersi dall’esercitare il diritto di voto, ferma la possibilità per ciascun partecipante di ricorrere all’autorità giudiziaria in caso di mancato raggiungimento della maggioranza necessaria per impossibilità di funzionamento del collegio”. La Cassazione, ricordando alcune sue precedenti decisioni (Cass. Sez. 2, 28/09/2015, n. 19131 (ma si veda anche Cass. Sez. 2, 16/05/2011, n. 10754), sosteneva che dunque soltanto se risultasse dimostrata una sicura divergenza tra l’"interesse istituzionale del condominio" e specifiche ragioni personali di determinati singoli partecipanti, i quali non si fossero astenuti ed avessero, perciò, concorso con il loro voto a formare la maggioranza assembleare, la deliberazione approvata sarà invalida. “L’invalidità della delibera discende, quindi, non solo dalla verifica del voto determinante dei condomini aventi un interesse in conflitto con quello del condominio (e che, perciò, abbiano abusato del diritto di voto in assemblea), ma altresì dalla dannosità, sia pure soltanto potenziale, della stessa deliberazione. Il vizio della deliberazione approvata con il voto decisivo dei condomini in conflitto ricorre, in particolare, quando la stessa sia diretta al soddisfacimento di interessi extracondominiali, ovvero di esigenze lesive dell’interesse condominiale all’utilizzazione, al godimento ed alla gestione delle parti comuni dell’edificio. In ogni modo, il sindacato del giudice sulle delibere condominiali deve pur sempre limitarsi al riscontro della legittimità di esse, e non può estendersi alla valutazione del merito, ovvero dell’opportunità, ed al controllo del potere discrezionale che l’assemblea esercita quale organo sovrano della volontà dei partecipanti. L’impugnazione ex art. 1137 c.c., grazie anche al rinvio all’art. 1109 c.c. consentito dall’art. 1139 c.c., si amplia al più all’ipotesi in cui la delibera ecceda dai poteri dell’organo assembleare, non potendosi consentire alla maggioranza del collegio, distolta dal perseguimento di interessi particolari, di ledere l’interesse collettivo. Allorché la decisione dell’assemblea sia deviata dal suo modo di essere, perché viene formata con il voto determinante di partecipanti ispirati da finalità extracondominiali, al giudice non può quindi chiedersi comunque di controllare l’opportunità o la convenienza della soluzione adottata dal collegio, quanto, piuttosto, di stabilire che essa non costituisca il risultato del legittimo esercizio del potere discrezionale dell’organo deliberante”. Nel caso in esame, la Corte d’Appello aveva fatto corretto uso di questi principi, motivatamente escludendo che, nell’approvare con la delibera de qua le spese dell’appalto eseguito dall’impresa del condomino, l’assemblea dei condomini, supportata dal voto dello stesso imprenditore, avesse perseguito apprezzamenti obiettivamente rivolti alla realizzazione di interessi incompatibili con l’interesse collettivo alla buona gestione dell’amministrazione.

Per tali motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso e condannava i ricorrenti a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di legittimità.

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express