Di tutto un po'
Compiti d'estate per gli adolescenti. Occorrerebbe cambiare sistema
Siamo onesti. Quante volte, l’ultima settimana di scuola, abbiamo incrociato le dita, sperando che non arrivasse dal maestro o dal professore di turno la classica vagonata di compiti per l’estate?[MORE]
Facendo un calcolo approssimativo, dalla prima elementare all’ultimo anno di liceo, almeno quattordici volte. Poi con l’università e gli appelli di settembre passare l’estate sui libri è quasi un must in vista dell’appello.
Facendo un salto indietro nel tempo e tornando al liceo, la vagonata più temuta era quella di latino. Un’estate passata, se tutto andava bene, con Ovidio o con Seneca, non era certamente allettante, soprattutto se all’ombrellone vicino c’era la signorina o il giovanotto piuttosto avve-nente che ogni tanto si spalmava la crema abbronzante.
Ma quante volte ci si è chiesti, da studenti prima e genitori poi: ma a che servono? E quante volte abbiamo imprecato contro gli insegnati che ci assegnavano versioni, temi, problemi, e-quazioni, traduzioni?
La spiegazione era la stessa: se state tre mesi fermi, tornate in classe come degli automi, non siete più in grado di tenere la penna tra le dita. E ancora: dovete tenere la mente allenata, così a settembre siete nuovamente pronti. Indipendentemente dalle motivazioni più o meno plausibili, l’estate è vista dagli studenti come un periodo di sbraco assoluto, con le giornate passate in spiaggia e le nottate in discoteca o a fare baldoria. Il libro, specie se scolastico, è l’ultimo dei pensieri.
Non bisogna dimenticare che i genitori stessi sono fermamente contrari ai compiti nelle vacanze. Se i ragazzi non li vogliono, i genitori neanche, poiché li considerano come una fonte di stress per i figli e per loro stessi.
Per anni i genitori hanno fatto fronte comune chiedendo di non assegnare compiti. Per anni gli insegnanti si sono divisi fra i favorevoli e i contrari alla vagonata di cose da fare all’ombra nei mesi estivi.
L’era ipertecnologica ha senza dubbio aiutato i ragazzi. Bastano pochi secondi, una ricerca veloce su Google o su Wikipedia e il gioco è fatto. Compito svolto e si può tornare a giocare. Forse servirebbe una nuova forma mentis. Non più imposizione da un lato della cattedra, ma piuttosto condivisione. Ciò che manca è probabilmente la conoscenza empirica, il tastare, sporcarsi le mani letteralmente.
Sotto l’ombrellone, in una baita in montagna, sono scritte molte più cose che in un intero libro di testo. La lettura. Croce e delizia di insegnanti e alunni. Come fare a invogliare uno studente a leggere? Per non sembrare qualcosa di obbligato, si potrebbe consigliare la lettura di un libro a piacere, a patto che al rientro in classe si faccia un’analisi del testo. O anche la stesura di un diario delle vacanze. Possono sembrare dei tentativi maldestri, ma qualcosa bisogna pur fare.
Anche la stessa “Settimana Enigmistica” è di grande aiuto. I primi cruciverba sono alla portata di tutti e pazienza se al primo tentativo le parole non s’incrociano. Anche per questo serve al-lenamento. E poi nella rivista che vanta il più alto numero d’imitazioni ci sono le pagine dedicate alle curiosità e quelle dedicate a rinfrancare lo spirito, tra un cruciverba e l’altro.
Una bella passeggiata in campagna per esempio, è forse meno educativa di un capitolo di bio-logia o latino? Certamente no: se ci si ferma sotto un rigoroso albero di gelsi, bianchi o rossi che siano, si può improvvisare una lezione di letteratura latina sulle “Metamorfosi” di Ovidio che nella sua opera narra la storia di Priamo e Tisbe. Era solo un esempio. Per i curiosi, il consiglio è andare a riscoprire l’opera del poeta di Sulmona.
Giovanni Dimita