Parola e Fede
Come rimediare allo scandalo
Due domande tra loro interconnesse: come rimediare allo scandalo e come riscattare la pena dei propri peccati. Risponde don Francesco Brancaccio.
D. Come si può riscattare il peccato di scandalo? Massimo
R. Massimo, poni una questione molto delicata, ma importante. Per capirci, riparto dal concetto di scandalo, di cui ci siamo occupati in una precedente risposta: è un male grave, commesso in modo pubblico, che come tale contrasta la fede dei più indifesi e li espone a loro volta alla tentazione. [MORE]
Che significa dunque riscattare lo scandalo? Che chi l’ha commesso possa pentirsi, essere perdonato ed espiare la colpa? O forse che le conseguenze dello scandalo possano essere cancellate in chi l’ha subìto, come se non fosse mai avvenuto? Esaminiamo i due significati.
Essere perdonati
È vero che Dio offre sempre al peccatore la possibilità di tornare pentito alla sua misericordia. Più volte il Signore Gesù ha testimoniato l’amore del Padre che va alla ricerca del peccatore. Ogni peccato, anche il più efferato, può essere perdonato se, con la grazia di Dio, ci si converte e ci si dispone a non peccare più.
Però non possiamo fermarci a questa verità. Innanzitutto, per quanto è possibile, il peccato di cui ci si pente deve essere riparato. Chi ha rubato deve restituire. Chi ha rubato la dignità di una persona con la maldicenza, deve ritirare le falsità dette (ma si potrà mai riuscire a recuperare una falsità ormai pronunciata e trasportata dal vento?).
E poi, nella sua misericordia, Dio non solo offre il perdono al peccatore, ma gli dona la possibilità di crescere nella carità e nel dono di sé. Il Signore non ci chiama solo a pentirci e ricevere la sua misericordia. Ci chiama anche ad essere portatori della sua misericordia, con la nostra carità, il nostro sacrificio, la nostra perseveranza.
È facile invocare la misericordia di Dio come perdono per noi e per tutti. Ma spesso dimentichiamo che anche la nostra carità è richiesta da di Dio per essere suoi strumenti di misericordia.
Rimediare al danno provocato
Proprio perché Dio è misericordioso, si prende cura del peccatore perché si converta, ma anche delle vittime del suo peccato, perché siano risollevate. Chi ha l’obbligo di curare le vittime dello scandalo? Chi si è pentito dello scandalo commesso, non ha forse l’obbligo di prendersi cura di coloro che soffrono per causa sua?
Ecco, a questo punto ci rendiamo conto ancora meglio di quanto sia grave lo scandalo. Come si fa di fatto a porre rimedio a un male commesso da chi avrebbe invece responsabilità di testimoniare la fede e la carità? Come si fa a sanare i danni dello scandalo, quando colpiscono nel corpo e nell’anima vittime innocenti, e per di più all’improvviso sono conosciuti da tutta la comunità o dal mondo intero? Chi ha commesso grave scandalo, potrà mai tornare ad essere credibile o anche solo presentabile, per rimediare al danno commesso? La storia ci insegna che questo spesso è impossibile.
Allora non consoliamoci dicendo che comunque Dio può perdonare ogni peccato, se ci si pente. Dio può perdonare, ma le conseguenze storiche del peccato restano. La storia non si cancella e non torna indietro.
Non per nulla Gesù ha detto: «È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi!» (Lc 17,1-3).
D. Ho sentito dire che il sacerdote in confessione perdona il peccato ma non la pena. Come si riscatta a questo punto la pena? Grazie, Diego da Varese
R. Diego, rispondo con il Catechismo della Chiesa Cattolica (numeri 1472-1473). Non per disimpegnarmi, ma perché questo testo è molto chiaro in riferimento alla tua domanda:
«Il peccato ha una duplice conseguenza. Il peccato grave ci priva della comunione con Dio e perciò ci rende incapaci di conseguire la vita eterna, la cui privazione è chiamata la «pena eterna» del peccato. D'altra parte, ogni peccato, anche veniale, provoca un attaccamento malsano alle creature, che ha bisogno di purificazione, sia quaggiù, sia dopo la morte, nello stato chiamato purgatorio. Tale purificazione libera dalla cosiddetta «pena temporale del peccato. Queste due pene non devono essere concepite come una specie di vendetta, che Dio infligge dall'esterno, bensì come derivanti dalla natura stessa del peccato. Una conversione, che procede da una fervente carità, può arrivare alla totale purificazione del peccatore, così che non sussista più alcuna pena».
«Il perdono del peccato e la restaurazione della comunione con Dio comportano la remissione delle pene eterne del peccato. Rimangono, tuttavia, le pene temporali del peccato. Il cristiano deve sforzarsi, sopportando pazientemente le sofferenze e le prove di ogni genere e, venuto il giorno, affrontando serenamente la morte, di accettare come una grazia queste pene temporali del peccato; deve impegnarsi, attraverso le opere di misericordia e di carità, come pure mediante la preghiera e le varie pratiche di penitenza, a spogliarsi completamente dell'“uomo vecchio” e a rivestire “l'uomo nuovo”».
Per una lettura più completa, si può vedere tutto l’articolo del Catechismo dedicato al Sacramento della Penitenza.
Dunque, per la grazia di Dio, la remissione della pena temporale dei peccati può essere ottenuta attraverso le opere di misericordia e carità, la preghiera e la penitenza. La Scrittura insegna che “l’elemosina salva dalla morte e purifica da ogni peccato” (Tb 12,9; cfr. 4,10; Sir 3,30). “Soprattutto – esorta l’apostolo Pietro – conservate tra voi una carità fervente, perché la carità copre una moltitudine di peccati» (1Pt 4,8). Anche il dono dell’indulgenza è una possibilità a cui il penitente può accedere (cfr. Catechismo, 1471-1479).
Dopo questa vita terrena, «coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo»: è l’insegnamento della Chiesa sul Purgatorio (Catechismo, 1030-1032).
La pena dei peccati è in fondo la diretta conseguenza, terrena ed eterna, personale e sociale, del male commesso. La possibilità di riscattare la pena dei peccati è un dono dell’amore di Dio e, al tempo stesso, l’opportunità concessa al peccatore di collaborare attivamente, con amore, alla propria rinascita e al bene del prossimo.
Don Francesco Brancaccio
Docente di Teologia fondamentale presso l'Istituto Teologico di Cosenza
Si ricorda che ognuno può porre i propri dubbi, i propri interrogativi scrivendo al seguente indirizzo di posta elettronica parolaefede@infooggi.it . Si cercherà di fornire a tutti una risposta.