Padre Paolo Dall'Oglio: "Combattiamo il negazionismo"
Estero Emilia Romagna

Padre Paolo Dall'Oglio: "Combattiamo il negazionismo"

lunedì 8 ottobre, 2012

BOLOGNA, 08 OTTOBRE 2012- C’è una storia che drammaticamente si ripete, una storia che non insegna. Padre Paolo Dall’Oglio lo sa ma continua a lottare, continua a credere che prima o poi qualcosa cambierà, e proprio di questa storia ha parlato durante la conferenza al Centro Poggeschi sabato sera, davanti ad un pubblico variegato ma composto soprattutto da ragazzi, i giovani della Rete Loyola. E’la situazione della Siria, paese in cui ha trascorso metà della sua vita, paese a cui ha cercato di ridare vita e da cui è stato espulso a luglio del 2012, dopo ben trent’anni passati a promuovere il dialogo interreligioso.

“Oggi sono andato a Montesole per visitare la tomba di Dossetti; la sua è una testimonianza esemplare ma mi rendo conto che da Dossetti a oggi non è cambiato nulla. Il nostro dovere, oggi, è di essere i primi testimoni”. Dall’Oglio ha raccontato la situazione della Siria in parallelo alla sua storia, legata a quella del paese: il noviziato a Beirut, lo studio dell’arabo, gli esercizi spirituali sui ruderi di un monastero, la fondazione della comunità di Deir Mar Musa Al- Habashi; e poi la dittatura politica di Assad padre e Assad figlio: “Il governo faceva grandi promesse - ha detto Dall’Oglio -, c’erano progetti vari per la crescita del paese, ma quella struttura economica ha accresciuto la configurazione mafiosa del partito. Stessa cosa è avvenuta con Barshad: progressi ambientali, lotta alla desertificazione, dialogo religioso.

C’era fiducia in lui ma tutti sono statu delusi dopo”. Intanto la comunità fondata da Padre Paolo cresceva, diventava una tappa per tutti, mussulmani compresi. Così come cresceva la manipolazione dell’informazione, manipolazione ideologica, “per nascondere la sostanza di un paese mafioso, perché il regime di Assad crede fortemente nella conservazione del potere – ha continuato Dall’Oglio- e lo fa attraverso la mortificazione dell’altro, sia mussulmani, sia europei, con l’uso sistematico della tortura, della prigionia. Instaura una struttura pancomplottista per cui si combatte chiunque individuato come nemico. La propaganda siriana è sempre stata questa”. Tv satellitari, radio e internet hanno contribuito a creare più voci di confronto per uno spirito critico; soprattutto la comunità di Deir Mar Musa “ha dato una prospettiva di verità, quella di riconoscere il movimento siriano come evoluzione di un popolo ma non con la lotta armata”.

Se c’è una guerra cosa si può fare? Per Padre Paolo la risposta non è certamente nelle armi: “Mi hanno accusato di aver fomentato la lotta armata, ma se non si opera con il dialogo quella sì, diventa l’unica via. Servono dialogo e mediazione ma bisogna fare, altrimenti nulla cambierà. Quella del fare è la corresponsabilità politica globale, un lavoro culturale”. Un atto di lealtà sarebbe dunque “riconoscere il diritto di un popolo mediterraneo alla democrazia”.[MORE]

Ilaria De Lillo


(notizia segnalata da ilaria de lillo)


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