Cronaca
«Colui che salva una vita salva il mondo intero». La storia di Oskar Schindler
27 GENNAIO 2014-Gli eroi che non ti aspetti, in un’epoca in cui la pietà e l’altruismo erano merci rare. Quando si pensa alla Shoah non possono non venire in mente gli orrori che hanno caratterizzato questa terribile pagina di storia e gli esseri umani che hanno subito un simile scempio nonché quelli che lo hanno inflitto. Fortunatamente questa “divisione” non è stata sempre rispettata poiché sono esistiti uomini e donne che, nelle più svariate circostanze, hanno dato voce alla loro coscienza mentre assistevano alle atrocità commesse dai nazisti contro gli ebrei nel corso della seconda guerra mondiale. L’imprenditore Oskar Schindler fu tra le persone che riconobbe la mostruosità dell’Olocausto e dedicò una parte della sua esistenza ad impedire, per quanto gli fu possibile, che quell’incubo si materializzasse davanti ai suoi occhi. Nacque nel 1908 a Zwittau (oggi Svitavy) nei Sudeti, una regione all'epoca in Austria-Ungheria e successivamente in Cecoslovacchia, dove viveva per la maggior parte popolazione di lingua tedesca. In seguito all’annessione alla Germania nazista Schindler giunse a Cracovia, in Polonia, dove vi rimase per lungo tempo.
Nella città polacca acquistò a basso prezzo una fabbrica in via Lipowa n. 4, nel quartiere industriale di Zablocie, che chiamò Deutsche Emaillewaren-Fabrik, adibita alla produzione di pentolame e successivamente di munizioni. I libri, le testimonianze di chi lo ha conosciuto e la fortunata pellicola cinematografica di Steven Spielberg ce lo descrivono come un figlio del capitalismo, un uomo dotato di un carisma eccezionale che salutava con il braccio teso e mostrava il distintivo nazionalsocialista più per opportunismo che per convinzione. Una presenza imponente (era alto 1, 93 m) sembra che fosse piuttosto incline alla vita mondana con tutte le conseguenze del caso. Non disdegnava la compagnia di ufficiali nazisti e altri personaggi influenti del Terzo Reich, probabilmente per trarne dei benefici. Alcuni sostengono che in un primo momento, così come fecero molti altri imprenditori tedeschi, occupò i lavoratori ebrei nella sua fabbrica sfruttando il lavoro sottopagato. Nel suo stabilimento lavoravano circa 1100 ebrei che ben presto iniziò a difendere attivamente dalle angherie naziste. A coloro che lamentavano la presenza di lavoratori totalmente incompetenti egli ribatteva che erano in realtà essenziali per il buon andamento della fabbrica, e qualsiasi danno che veniva loro arrecato, avrebbe causato le sue personali proteste e richieste di risarcimento al governo. Anche la moglie Emilie contribuì a difendere gli ebrei tanto è vero che nella fabbrica di via Lipowa venne allestito anche un sanatorio segreto, nel quale la signora Schindler si occupava dei malati.[MORE]
Il rastrellamento del ghetto di Cracovia rappresentò per Schindler il punto di non ritorno. Mentre assisteva a quel massacro capì che la protezione dei “suoi” 1100 ebrei era divenuta una missione. I rastrellati furono trasferiti nel lager di Plaszow sotto il comando del perfido capitano delle SS Amon Goth. L’ufficiale, di origini austriache, viene descritto come un essere diabolico che godeva ad indossare i panni del carnefice. Poldek Pfefferberg, uno degli ebrei salvati da Schindler, testimoniò: «Vedere Göth, era come vedere la morte». Durante il processo di Göth nel 1946, Henryk Bloch, un sopravvissuto al lager, dichiarò: « Göth ordinava che ciascuno ricevesse 100 colpi di frusta, ma tutti ricevevano più di 200/300 colpi. Ciascun prigioniero doveva contare i colpi a voce alta, se faceva un errore allora i colpi ricominciavano da zero. Dopo essere stato tolto dal tavolo, chiunque era ridotto letteralmente ad una massa sanguinante di carne da taglio. Per tutto questo tempo, un uomo gridava terribilmente, Göth gli urlò di calmarsi e di contare, ma l'uomo non si calmò. Göth si avvicinò, prese un mezzo mattone, andò al tavolo dove l'uomo era stato picchiato e gli assestò un colpo tale da aprirgli la testa in due. Coperto di sangue, il cranio spaccato, l'uomo si alzò e si avvicinò a Göth e gli disse di avere ricevuto la sua punizione. Göth gli ordinò di andare ma appena l'uomo si girò, tirò fuori il suo revolver e gli sparò dritto in testa».
Schindler riuscì ad ingraziarsi il perverso comandante del campo di concentramento (che sarà condannato a morte mediante impiccagione dal tribunale nazionale supremo polacco nel 1946) e a far sì che si procedesse al trasferimento degli Schindlerjuden (Ebrei di Schindler in tedesco) nell'adiacente complesso industriale, dove sarebbero stati relativamente al sicuro dalle “attenzioni” delle guardie tedesche. Con l’avanzata dell'Armata Rossa verso Cracovia, i nazisti distrussero i campi e trucidarono gran parte degli internati. Schindler, tuttavia, riuscì a spostare 1.100 "lavoratori" in una fabbrica a Brunnlitz in Cecoslovacchia nell'ottobre 1944. Nel trasferimento, il treno che trasportava le donne, venne deviato per un errore burocratico al campo di concentramento di Auschwitz. Schindler evitò il peggio e tutte le donne raggiunsero definitivamente Brunnlitz, che venne poi liberata nel maggio del 1945.
Alla fine del conflitto Schindler emigrò in Argentina. Qui gli affari non gli sorrisero e fece bancarotta , quindi ritornò in Germania nel 1958, per intraprendere una serie di avventure imprenditoriali di scarso successo. Nel 1961, si recò per la prima volta in Israele, dove ricevette l'entusiastica accoglienza di 220 sopravvissuti degli Schindlerjuden. Morì a Hildesheim, in Germania il 9 ottobre 1974 all’età di 66 anni. Per suo stesso volere, la salma riposa nel cimitero francescano cattolico, che si trova nella parte vecchia di Gerusalemme. L'epitaffio sulla lapide recita la scritta Giusto tra i giusti e l'indimenticabile salvatore di 1200 ebrei perseguitati.
(Immagine tratta dal web)
Davide Scaglione