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Clima: varato il “Rulebook”, che rende operativo l’Accordo di Parigi

KATOWICE, 16 DICEMBRE – Al termine di due intense settimane di negoziati, i quasi 200 Paesi mondiali partecipanti alla 24esima United Nations Framework Convention (COP24 UNFCC) – promossa ed organizzata dall’ONU a Katowice – hanno raggiunto un accordo sull’individuazione di regole comuni riguardanti l’esecuzione dei principi contenuti nell’Accordo di Parigi, risalente al 2015. Si trattava del primo accordo universale giuridicamente rilevante sul tema dei cambiamenti climatici, che definiva un piano d’azione inteso a limitare il riscaldamento globale al di sotto della soglia dei 2°C.

I vari Governi hanno poi presentato piani d’azione nazionali finalizzati a ridurre le emissioni partendo da ciascun Paese, decidendo inoltre di aggiornare ogni cinque anni i propri contributi per fissare obiettivi sempre più ambiziosi; infine, si è deciso che l’Unione Europea e gli altri Stati con maggiori disponibilità economiche debbano continuare a fornire finanziamenti per riforme in ambito climatico ai Paesi ed alle regioni considerati ancora in via di sviluppo, aiutandoli sia a ridurre le emissioni sia a diventare più resilienti agli effetti dei cambiamenti climatici.

Frutto dei lavori della Conferenza di Katowice è un “Rulebook”, ovvero un regolamento – sottoscritto da tutti gli Stati partecipanti – che rende appunto operativo l’Accordo di Parigi e mette tutti i Governi in condizioni di parità nel rendere conto sulle azioni concrete impiegate per contenere il global warming. Si tratta di un vademecum di 100 pagine, mediante il quale si definiscono soprattutto i dettagli delle modalità con cui avverrà il monitoraggio delle azioni di tutti i Paesi da parte dell’ONU, fermo restando che maggiore flessibilità è stata in ogni caso garantita agli Stati in via di sviluppo.

Tra i nodi maggiormente intricati emersi durante i negoziati, vi è certamente il problema dello stanziamento dei fondi a favore dei Paesi più deboli, dal momento che, senza la piena esecutività, a fronte dei 100 miliardi di $ all’anno che l’Accordo di Parigi stabiliva di destinare alla questione, gli Stati più sviluppati ne hanno stanziati appena 48 in tre anni. Non è in ogni caso in discussione il fatto che saranno le economie più avanzate a dover sopportare maggiormente i costi delle riforme e delle evoluzioni tecnologiche, avendo emesso la maggior parte dei gas ad effetto serra prodotti nel corso del 20° secolo in tutto il mondo, evitando così che a pagare le peggiori conseguenze dello sviluppo industriale siano le Nazioni più povere, soprattutto quelle insulari. La COP24 ha ribadito la necessarietà di quei trasferimenti economici ed ha promesso ulteriori 200 miliardi di $ in arrivo dalla Banca Mondiale, anche se soltanto a partire dal 2021 e comunque, almeno nella maggior parte dei casi, tramite prestiti.

Molte organizzazioni non governative che si occupano dei danni alla natura, come Greenpeace, WWF e Legambiente, hanno però denunciato la decisione dei Governi di stralciare dal testo del regolamento le norme sulla riduzione di emissioni di CO2. Il mercato del carbone è del resto ancora in fermento e gli studi più accreditati a livello internazionale stimano che i consumi di combustibili fossili possano addirittura crescere nel corso del prossimo anno solare. Il sistema ETS, che prevedeva a livello di Unione Europea uno scambio di quote di emissione di gas serra, ha inoltre dimostrato di non poter avere un efficiente funzionamento (chiaramente, ciò non può che dipendere anche da coloro che sono chiamati ad applicare le regole), non essendo in grado di costringere le grandi imprese industriali a fissare un tetto massimo alle emissioni di agenti inquinanti come biossido di carbonio, ossido di azoto e perfluorocarburi.

Altro problema, poi, ha riguardato la definizione delle tecniche di contabilizzazione delle emissioni, soprattutto a causa dell’atteggiamento riluttante e poco collaborativo dei rappresentanti brasiliani, non disponibili a cedere su questioni legate alla trasparenza. Anche su quest’ultimo tema, dunque, dovranno maggiormente concentrarsi i lavori delle prossime conventions e l’auspicio globale è che già dalla Conferenza COP25 di Santiago del Cile la Presidenza dell’ONU ed i Paesi che maggiormente hanno a cuore i problemi legati ai cambiamenti climatici possano fare da traino per definire un nuovo compromesso al rialzo.


Francesco Gagliardi


Fonte immagine: euronews.com