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Cile: Patagonia senza dighe

SANTIAGO, 31 MAGGIO- Sabato 28 maggio la popolazione cilena è tornata a manifestare contro la costruzione di cinque dighe Enel da costruire in Patagonia. [MORE]


Il progetto HidroAysén è stato approvato dalla Commissione ambientale della regione meridionale dell’Aysén la quale ha così dato il via libera per la costruzione di cinque enormi dighe sui fiumi Pascua e Baker. Tali sbarramenti sommergeranno 5.600 ettari di un raro ecosistema forestale e ciò provocherà non lievi impatti socio-ambientali. Il progetto è in discussione da diversi anni e ha suscitato innumerevoli opposizioni: accanto alla società civile locale è scesa in campo una rete internazionale di sostegno, si è mobilitata International Rivers, la storica organizzazione non governativa statunitense che da oltre due decenni si batte per la tutela dei fiumi e contro la costruzione delle grandi dighe e in Italia si è formata una “Campagna italiana Patagonia senza dighe”.


Uno studio sull’impatto ambientale è stato approvato in Cile già all’inizio di maggio ma ciò non sembra toccare minimamente il governo. Nel frattempo l’indignazione contro il progetto e la mobilitazione cittadina crescono. Ventimila partecipanti. Questo è ciò che si legge nella stampa italiana e nei comunicati del governo cileno. Ma i dirigenti di Acción Ecológica, una delle organizzazioni che ha organizzato le manifestazioni, ha stimato che circa 100mila persone hanno partecipato alla protesta. Numero impressionante se si considera la quasi totale assenza di manifestazioni di massa in questo Paese.


Il governo si è accorto che il progetto HidroAysén è diventato un vero e proprio boomerang, che ha costretto molti ministri ad abbassare il capo per evitare di essere colpiti direttamente. Mentre inizialmente, poche ore prima del voto, il ministro dell’interno Rodrigo Hinzpeter ha sostenuto che questo era un buon progetto per il paese, successivamente il segretario di Stato ha fatto un passo indietro giustificando che lo Stato non può garantire per le iniziative private. Rimane comunque chiaro che il governo non ha misurato bene i danni collaterali provenienti dal progetto.
 

Non è stata data importanza ai movimenti sociali che crescono di giorno in giorno. Probabilmente si è pensato provenissero da piccoli gruppi di hippies e ambientalisti. Ma è sufficiente guardare le immagini per rendersi conto che la questione è ben diversa. Intere famiglie e persino gli elettori della maggioranza chiedono un intervento per salvare l’ecosistema della Patagonia. Il movimento “Patagonia Sin Represas” riceve appoggi anche dagli studenti già in fermento per il diritto allo studio e dalla minoranza indigena mapuche, i cui attivisti stanno sostenendo lo sciopero della fame di alcuni detenuti politici. Ma soprattutto l’opposizione al progetto Enel-Colbùn si è rafforzata nel mondo politico e ha di fatto conquistato gran parte dello schieramento di centro sinistra.
 

La questione delle dighe nell’Aysen è stata sollevata più volte anche durante le assemblee degli azionisti Enel. Un anno fa era venuto a Roma anche lo stesso vescovo dell’Aysen, Luigino Infanti, per “dar voce alla preoccupazione di migliaia di persone” che subiranno le conseguenze di quelle dighe. Il progetto delle dighe è reso possibile da normative sull’uso delle risorse naturali inscritte nella costituzione voluta dal generale Augusto Pinochet e datata 1980, che “permette a chi ha il potere economico di comprarsi il Cile, e così il settore idrico ha finito per essere il più privatizzato dell’intero pianeta. L’82% è in mano a Endesa, che arriva ad avere il 96% in Aysen, il resto a imprese minori. Tuttavia al momento in Cile ci sono ben 25 conflitti in atto per l’acqua, le miniere e le foreste”, aveva detto il vescovo. Si sta quindi approfittando di un paese come il Cile, che sta ancora facendo i conti con la democratizzazione delle istituzioni e una Costituzione di stampo neoliberale
 

Il presidente Piñera, ora in vacanza in Italia con la sua famiglia, ha deciso di approfondire il caso di HidroAysén e parlarne in un’intervista a El Mercurio: “Merita più protezione la gente ce gli alberi. Siamo molto preoccupati per la protezione dell’ambiente ma ci preoccupa molto di più la salute e la qualità della vita dei cileni” ha sostenuto il presidente.
 

Il governo cileno e la società HidroAysén portano avanti una grande campagna mediatica: “Il CO2 è il principale responsabile dei cambiamenti climatici, il 56% dell’energia in Cile si produce emettendo questo gas. L’acqua è energia pulita. A favore dell’acqua. Hidroaysén: Cile con energia”. Nel frattempo il New York Times scrive: “Il Cile ha straordinarie fonti rinnovabili di energia, includendo quelle solari, geotermiche ed eoliche, che potrebbero essere sviluppate con molto meno impatto sull’ambiente. Guardando le cose da un punto di vista strategico, il governo cileno, che appoggia le grandi dighe, potrebbe arrivare a capire quello che molti cileni già sanno. E cioè che sacrificare la Patagonia per ottenere energia potrebbe essere un errore irreparabile”.
 

Filomena Maria Fittipaldi