Politica

Ciambrone: 1° congresso regionale FLI "Grand hotel Paradiso" 20 novembre 2011 Catanzaro

CATANZARO 20 NOV. 2011 - Care delegate e cari delegati del Congresso Regionale di FLI, un saluto lo rivolgiamo al Presidente, che presiede i lavori, alla nostra Coordinatrice regionale l’On.Le Angela NAPOLI e a tutti coloro che da altre provincie sono venuti a partecipare ai lavori del Congresso e ai rappresentanti degli altri Partiti. Del nostro documento Politico-Programmatico, che depositerò agli atti del Congresso, leggerò soltanto la premessa stante il tempo concesso.[MORE]

PREMESSA.
Lo diciamo subito e senza infingimenti a nostro avviso c’è la necessità di approvare un documento politico-programmatico condiviso che s'incentri su una forte democrazia interna al partito, con la condivisione di ogni decisione, l'attenzione ai temi dell'economia, del lavoro, del sostegno alla famiglia, del sociale e della legalità e la collocazione strategica nell'ambito di un nuovo centro-destra, meno demagogico e populista e più operativo sul piano delle riforme di cui il Paese ha assoluta necessità. Io personalmente e l’anima di Catanzaro (Circoli Territoriali Catanzaro Nord; Catanzaro Sud; Circoli Tematici regionali Pari Opportunità e Giustizia, nella persona dei loro Coordinatori Responsabili IULIANO, TOMAINO, MUSCOLO, CUPOLILLO e gli altri che vedo in Sala e che saluto) ci aspettiamo che il Congresso Regionale riesca ad evitare i c.d. personalismi ed incentrare la propria attenzione su ciò che serve alla regione Calabria e al nostro Paese l’Italia. Noi chiediamo al Partito e al neo Coordinamento, che s’ insedierà di qui a breve, di volersi aprire ancora di più al mondo dell'Associazionismo e del Volontariato al fine di essere una forza catalizzatrice di consensi e di adesioni che, altrimenti, non arriverebbero . Le Associazioni Culturali che intendono operare e agire in FLI e per FLI possono essere un valore aggiunto (ad esempio chi vi parla è Presidente dell’Associazione Culturale, su base regionale, “AREA LIBERALE” e Vi posso comunicare ufficialmente, per come già comunicato ad Angela NAPOLI da diverso tempo, che appena il Coordinatore Regionale lo riterrà, faremo confluire in FLI oltre 300 iscritti. Abbiamo in questi mesi lavorato per questo e aspettiamo di essere accolti nella formazione del Circolo Tematico Regionale

“AREA LIBERALE PER LA CALABRIA”).
Abbiamo bisogno, a nostro avviso, di realizzare una metamorfosi contrastando la tendenza dell'antimutamento. Dobbiamo applicare il principio di meritocrazia avvicinando i dirigenti e i militanti più in gamba al fine di formare una nuova classe dirigente in grado di analizzare i problemi e proporre le relative soluzioni.
Il nostro obiettivo è quello di creare degli ambiti territoriali omogenei ed ottimali all'interno dei quali sia le persone fisiche che quelle giuridiche (pubbliche e private) possano esercitare al meglio le funzioni. Una politica che deve riappropriarsi di una dimensione, non voglio dire morale ma, quanto meno, etica al servizio del cittadino e del bene pubblico. Meno individualismo e più collettivismo ponendo al centro, della propria azione politica, il principio di solidarietà.

Per noi il Partito deve continuare a prendere le distanze dai c.d. “poteri forti” senza scendere ad accordi o compromessi.
Non solo mani pulite ma, soprattutto, mani libere !
Per Noi il neo Coordinamento Regionale deve proporsi lo scopo di formare una classe dirigente preparata e all'altezza del compito che scelga come proprio principio ispiratore la meritocrazia condividendo il modello ed il progetto politico di Futuro e Libertà per l'Italia in cui confluiscono i suoi iscritti. Chi come Noi ha aderito a FLI è profondamente convinto che il consenso si conquista non solo con la forza dei numeri, ma con il progetto attraverso un leader importante che deve muoversi come se rappresentasse tutti. La battaglia politica è necessaria perché domani la destra italiana sia finalmente moderna, come tutte le altre.

Nel nostro Partito c’è chi sostiene che le correnti sono la “metastasi di tutti i partiti” ma noi riteniamo che anche le correnti possono essere un'utile strumento di democrazia e discussione interna al partito, ma solo laddove esso, ovviamente, ingeneri un sano e responsabile dibattito tra linee politiche. Io preferisco discorrere di un GRUPPO DI AMICI che rappresentano una diversa ANIMA del Partito , ma sempre all’interno e nel perimetro d’azione del Partito, che sono accumunati da rapporti personali di amicizia, di stima e di condivisione di tanto, ma tanto, lavoro a favore di FLI e per FLI.
Un gravissimo errore sarebbe quello di distinguere tra “buoni” e “cattivi” separandoli su una ipotetica lavagna!
Quindi nessun avvitamento e ricerche di traiettorie personali ma la costruzione positiva prima di tutto di gruppi dirigenti forti, autorevoli e credibili. Noi abbiamo scelto il rinnovamento non per giovanilismo di maniera né per rottamazioni in vitro, ma per UNIRE generazioni ed energie PULITE, QUALIFICATE in grado di parlare nuovamente al CUORE della gente.
Noi preferiamo veleggiare verso una Politica 3.0 senza dover, necessariamente, far parte di apparati burocratici e partitici.
Ovviamente se neo Coordinatore Regionale lo riterrà siamo pronti a dare il nostro contributo e lavorare per il bene del Partito e nel Partito.
Diversamente continueremo ad essere militanti-intellettuali in FLI e per FLI !

*** VIVA LA CALABRIA !
*** VIVA FUTURO E LIBERTA’ PER L’ITALIA !
*** VIVA IL NOSTRO LEADER IL PRESIDENTE ON.LE
*** GIANFRANCO FINI!

1. LA CRISI ECONOMICA.
Di fronte alla crisi internazionale, alle banche che dagli Stati Uniti all'Europa cadono come pezzi di un domino e alla mobilitazione dei governi per salvare il salvabile, in Italia e nel mondo si sono fatte strada analisi pericolose: un altro 1929; il capitalismo è finito; la finanza va imbrigliata; lo stato deve tornare a guidare l'economia. Alcuni importanti economisti hanno smontato, nelle loro recenti opere, una dopo l'altra queste tesi e hanno spiegato che cosa è successo e chi sono i veri responsabili della crisi. Non la globalizzazione, la Cina, l'euro, gli speculatori, come si sente ripetere, ma una cattiva politica, un cortocircuito dagli effetti devastanti tra mercato e stato, tra regolatori e regolati. Chi come noi, a destra o a sinistra, ha scelto di salire in politica sente il dovere di aiutare a capire come l'Italia può ricominciare a crescere. Rudiger Dornbusch, uno dei più grandi economisti del dopoguerra, prematuramente scomparso ripeteva che: "i problemi difficili hanno soluzioni facili. Peccato siano quasi sempre sbagliate!" Lo stiamo sperimentando oggi. Innanzitutto bisogna evitare che i politici rispondano a pressioni di specifiche lobby e a interessi economici particolari e, soprattutto, devono aver ben presente il c.d. "patto generazionale". Se si guarda solo all'oggi o al più al domani ovvero al breve periodo e non si guarda, invece, al dopodomani, la politica prenderà decisioni a scapito delle future generazioni. Poi bisogna lottare seriamente la corruzione nel settore pubblico senza aver istinti da giustizialismo ma nel rispetto della cultura della giurisdizione. Sul versante della stipulazione di un Nuovo Patto Sociale ci dobbiamo chiedere se davvero abbiamo bisogno degli OGM per vincere la fame nel mondo o non è vero che gli OGM, al pari di altre tecnologie, lasceranno per strada altri milioni di uomini senza lavoro? Non è il caso di cominciare a pensare a nuove forme di occupazione, prendendo atto che alcuni processi, come la sostituzione del lavoro umano con le macchine, sono irreversibili? Pensare ad un’agricoltura non petrolio- dipendente, per esempio.


Pensare di utilizzare la competenza dei geologi per limitare frane, erosioni e perdita di suolo per desertificazione, senza accontentarsi di intervistarne qualcuno dopo un evento, salvo, poi, a continuare sulla strada percorsa perché quell’evento si verificasse. La domanda è: esiste una vita “oltre il mercato”? Negli ultimi anni, all’esterno della dicotomia governo- mercato, si è aperta una terza possibilità, definita la “terza forza basata sulle comunità locali” (Rifkin). In questo settore, “altrimenti noto come indipendente o volontario, l’accordo fiduciario cede il passo ai legami comunitari, e la cessione volontaria del proprio tempo prende il posto delle relazioni di mercato imposte artificialmente e fondate sulla vendita di se stessi e dei propri servizi”, e proprio perché escluso dalla logica del profitto, attraverso la riduzione dei salari, il terzo settore “è scivolato ai margini della vita pubblica, costretto all’angolo dal dominio sempre più forte delle sfere del mercato e dello Stato” (Rifkin). Questo settore occupa già una buona parte della vita sociale e il volontariato spazia dall’istruzione alla ricerca, dall’assistenza sanitaria ai servizi sociali, dalle arti alle religioni, dall’assistenza ai diversamente abili al disagio giovanile, dai malati di AIDS ai malati terminali. In futuro, disoccupazione e minore impiego di lavoro, forniranno sempre maggiori quote di tempo libero improduttivo, per sé stessi e per i processi di accumulazione. A noi spetta valutare come farlo rientrare nel processo e invertire la logica dell’espulsione.


Dal punto di vista della produzione di ricchezza “uno studio condotto dall’economista Gabriel Rudney di Yale, nei primi anni ottanta, è giunto a stimare che la spesa delle organizzazioni di volontariato americane fosse più elevata del prodotto interno lordo di tutti i Paesi del mondo, con la sola eccezione di quelli appartenenti al Gruppo dei Sette” (Rifkin). Si tratta di prendere atto che, da una parte, la logica del profitto tenderà ad utilizzare sempre meno lavoro e, dall’altra, il volontariato può fare cose che il settore pubblico e quello privato non faranno mai. I sociologi francesi lo hanno definito “economia sociale” e Thierry Jeanter ha scritto che questa “non è misurata allo stesso modo in cui si misura il capitalismo […] ma il suo prodotto integra i risultati sociali con i guadagni economici indiretti” (Thierry Jeanter, 1986). Si tratta, in altri termini, di stipulare un nuovo contratto sociale fornendo la giusta risposta a quanto osservava nel 1819 Simonde de Sismondi, in risposta alle allucinazioni di Ricardo: “La ricchezza è davvero tutto e gli esseri umani assolutamente niente?” .


I mali dell'economia italiana non sono da ritrovarsi nella globalizzazione, nell'introduzione dell'euro, nella Cina (come è nel comune sentire) bensì in radici più profonde. La nostra economia registra una crescita inferiore alla media europea che dura ormai da più di vent'anni, quindi le sue cause vanno ricercate esclusivamente all'interno del nostro Paese. Le economie "industrializzate" saranno sempre più paesi come Messico, Cina, India, Cile; è un dato di fatto che non si può ignorare, piaccia o meno.

La superiorità della politica sull'economia è un refrain molto in voga oggi in Italia. L'economia deve sottostare alla politica e le scelte economiche si devono conformare alle esigenze politiche. Cosa significhi questo non è ben chiaro. E' ovvio che spetta ai rappresentanti politici democraticamente eletti prendere le decisioni per il Paese. La politica ha il diritto e il dovere di fissare le regole, ma come ogni croupier imparziale, non deve mai sedersi al tavolo da gioco. La nostra idea di Stato (come scrive Italo BOCCHINO nel suo ultimo libro) è quella liberale e socialdemocratica che rimane il più possibile fuori, ma protegge i deboli e regola con mano leggera i mercati per garantire la concorrenza, la trasparenza e le concentrazioni monopolistiche che danneggiano il consumatore. Fra i vari fattori che hanno frenato il boom economico e hanno fatto stagnare l'economia il principale è la scarsa partecipazione alla forza lavoro di tre importanti gruppi: i giovani, i c.d. "anziani" - le persone cioè dai cinquant'anni in su - e le donne.

L'unica categoria di italiani che lavora quanto altri europei e americani sono gli uomini tra i trenta e i cinquant'anni. Varie riforme recenti, in parte incomplete, hanno poi generato un esercito di precari. L'Italia ha una bassa partecipazione femminile alla forza lavoro, soprattutto al Sud; anche il Nord però è al disotto della media europea.

Un altro fattore che ha rallentato la crescita italiana è il crollo della produttività oraria. Da metà degli anni novanta in poi la produttività del lavoro in Italia è cresciuta pochissimo, molto meno della media europea. Un fattore determinante, per l' andamento della produttività, è la qualità della mano d'opera e del capitale umano ed è per questo che scuola e università sono tanto importanti, e tanto più in un periodo, come l'ultimo decennio, ricco di innovazioni tecnologiche. E' necessario reintrodurre subito il criterio meritocratico, inoltre, ricerca ed innovazione aprono a nuove fonti di efficienza ; ecco perché gli imprenditori devono intraprendere questa strada e non sfruttare rendite di posizione offerte da l settore pubblico o semi-pubblico. La proposta di ridurre le imposte sul reddito delle donne può essere condivisa per dare più reddito disponibile alle famiglie In relazione al problema degli over cinquanta fuori dalla forza lavoro è indispensabile un aumento dell'età pensionabile che riduca il peso fiscale delle pensioni.

E i giovani? Innanzitutto nelle nostre università ci sono troppi studenti fuori corso. Anche per questo il costo delle rette andrebbe caricato più sugli utenti che sui contribuenti. Per combattere il fenomeno dei precari bisogna creare un mercato del lavoro unico con adeguate garanzie per tutti , ma senza la rigidità di quello attuale. Dare un posto fisso a tutti i precari è un altro falso miracolo. Per le imprese le perdite dovute a un sistema giudiziario che non funziona si traducono nell'impossibilità di pagare stipendi più alti, distribuire dividendi o investire di più. Il mal funzionamento della giustizia civile costituisce non solo un costo enorme in termini di perdita di produttività , ma anche, una vera e propria barriera all'ingresso nel mercato di aziende giovani, dinamiche, che però non si sono ancora costruite una reputazione . Anche il sistema redistributivo è molto inefficiente, il welfare italiano muove relativamente poche risorse dai ricchi ai poveri.

Se si aggiunge il fenomeno dell'evasione fiscale, il quadro che ne esce è davvero deprimente . Chi invece le imposte le paga ha aliquote relativamente alte che però non aiutano a sufficienza i meno abbienti. Anche il sistema di assicurazione sociale è insufficiente. In Italia non c'è un sistema ben congegnato di sussidi alla disoccupazione.
Sappiamo tutti come le imposte riducano (per chi le paga) il proprio reddito disponibile. Ma ciò sarebbe un costo sopportabile, anzi produttivo, se il settore pubblico assolvesse con efficienza a queste tre funzioni:
1) la produzione di beni e servizi pubblici non producibili dai privati;
2) la redistribuzione dai più ricchi ai meno ricchi;
3) l'assicurazione contro eventi negativi, tipo malattia o disoccupazione.


La grave crisi finanziaria in corso potrebbe essere un ' ottima occasione per riflettere e cercare di capire come evitare che eventi simili si ripetano. Non è il momento di slogan . Ogni crisi, nella speranza che non si trasformi in depressione, può essere occasione per creare nuove risorse e per sprigionare le migliori energie (come fu per l’America con la grande depressione del 1929) si pensi, ad esempio, all’Associazionismo inter comunale e ai Consorzi fra Comuni. Il cortocircuito tra politici ed economisti è a doppio binario: gli economisti rimproverano ai politici di perdere di vista i vincoli di bilancio e di altro genere che devono limitare l'azione di governo. O di non perseguire obiettivi a lungo termine, intenti a favorire questa o quella /lobby utile a spostare voti; o di non sapersi opporre ai burocrati di carriera che hanno accumulato un enorme potere nei corridoi ministeriali e si oppongono a ogni cambiamento.


l politici rimproverano agli economisti di non tenere conto delle difficoltà che si incontrano quando si tenta di realizzare le riforme che gli economisti propongono. Secondo i politici, gli economisti predicano teorie irrealizzabili, o per lo meno, non spiegano come attivarle nella pratica . In parte questo è vero . Ovviamente il consenso politico è fondamentale per cementare alcune riforme e se viene meno, è a rischio il loro futuro. Quando Governo, Sindacati e Confindustria si siedono a un tavolo, quasi sempre i contribuenti sono chiamati a saldare il conto. Questo è il momento di capire che cosa non ha funzionato e cosa si può fare innanzitutto per evitare errori che potrebbero rendere questa crisi ancor più grave.

2. L’AZIONE ED I RISULTATI DEL PARTITO NELLA RECENTE CAMPAGNA ELETTORALE.
Avendo rivestito un ruolo primario nella recente campagna elettorale, come sapete in qualità di Candidato Sindaco per la città capoluogo, non mi voglio sottrarre ad una analisi sui risultati che ci può servire per il prossimo futuro (soprattutto dopo la nota Sentenza n. 277 del 21.10.2011 della Consulta che ha stabilito, com’è noto, la incompatibilità tra la carica di Parlamentare e quella di Sindaco). Per Catanzaro ci potrebbe essere una nuova tornata elettorale così come quella per la Provincia fra circa due anni. Appuntamenti elettorali in cui FLI dovrà misurarsi e che dovranno consentire di registrare la sua crescita.

Questa volta, dopo il primo turno della tornata amministrativa del 2011, c’è qualcosa di nuovo. L’impressione è piuttosto che tutti abbiano perso. E – al di là delle analisi a caldo di politologi e giornalisti – l’idea della sconfitta generale sembra confermata dai primi dati di flusso, il principale strumento sociologico con cui va analizzata un’elezione. Questi dati sono stati prontamente messi a disposizione dall’Istituto Cattaneo con riferimento alle tredici maggiori città dove si è votato, mentre nei centri minori, la presenza rilevante di liste civiche rende quasi impossibili i raffronti. Questo istituto avverte che «il confronto con le elezioni comunali è, per molti versi, quello più corretto, in quanto le elezioni messe in relazione sono dello stesso tipo». Tuttavia, le ultime elezioni comunali si sono tenute nel lontano 2006, per cui interessa anche il confronto con le elezioni regionali del 2010.


Cominciamo dal primo contendente che ha perso: il centro-destra nel suo complesso, cui mancano all’appello 56.000 voti rispetto alle comunali del 2006 (-6% del suo elettorato) e 57.000 rispetto alle regionali del 2010 (-6,1%). Attenzione, però: questo dato deriva da uno smottamento al Nord (-16,6% sul 2006 e -10,2% sul 2010), e da un’avanzata nel Centro-Sud (+12,2% rispetto al 2006, 40.000 voi in più, e +4,2% rispetto al 2010). Il PDL perde 164.000 voti rispetto alle comunali del 2006 (-24,6%) e arretra del 22,3% anche rispetto alle regionali del 2010. Al Centro-Sud, naturalmente, non c’è la Lega, che ha molto migliorato rispetto alle comunali del 2006, che furono disastrose per il partito di Umberto Bossi (+78.000 voti, cioè +149%), ma ha peggiorato in modo significativo rispetto alle regionali del 2010, che furono invece un successo (-25.000 voti, cioè -16%). Considerando che la Lega avanza a Bologna, la perdita di voti sul 2010 è notevolmente influenzata dal dato di Milano, dove la Lega dal 2010 al 2011 ha perso 17.000 elettori.


In verità – nonostante le dichiarazioni dei suoi principali esponenti – sul piano numerico, che è diverso da quello delle possibili conseguenze politiche del voto, ha perso anche il centro-sinistra. Rispetto alle comunali del 2006, le perdite del centro-sinistra sono più del triplo di quelle del centro-destra. Ha perso, infatti, 175.000 voti (-14,4%), con un drammatico -30,9% al Centro-Sud dove è stato abbandonato da un terzo del suo elettorato. C’è invece un’avanzata complessiva rispetto alle regionali del 2010: 66.000 voti in più (+6,8%), concentrati però in gran parte al Nord e in particolare a Milano visto che al Centro-Sud il centro-sinistra (-6,7%) perde anche rispetto al 2010. La sconfitta riguarda anche i singoli partiti: il PD perde 111.000 voti rispetto alle comunali del 2006 (-16,2%), di cui 97.000 al Centro-Sud (-46,8%) e il recupero rispetto alle regionali del 2010 (+7,3%) è dovuto anche qui in gran parte a Milano, visto che al Sud anche rispetto al 2010 il PD ha perso più di un quarto dei suoi elettori (-26%). Peggio ancora è andata l’IDV di Antonio Di Pietro, nonostante l’approdo al ballottaggio del suo candidato a Napoli. Qui il raffronto con le comunali del 2006, quando il partito non aveva ancora conseguito la sua affermazione elettorale che è iniziata nel 2008 e in molte città neppure si presentava, darebbe un +67,3% ma non è significativo. Rispetto al 2010 l’IDV perde 62.000 voti, cioè un’impressionante 40,7% del suo elettorato. Ha perso – anche – il Terzo Polo part time (che è strutturalmente diverse di quello attuale con l’eccezione della Calabria), che è al di sotto dei voti che nelle comunali del 2006 aveva preso l’UDC da solo.


Le liste UDC hanno perso un quarto degli elettori (28.500, cioè il 25,4%) rispetto alle comunali del 2006 e sono andate indietro anche rispetto alle regionali del 2010 (-1,4%). Il confronto con le regionali è impietoso al Nord, dove l’UDC era già andato male nel 2010, in particolare in Piemonte a causa dell’alleanza con la candidata di centro-sinistra sgradita ai cattolici Mercedes Bresso. Rispetto a questo già negativo risultato, l’UDC ha perso un quinto di quei già pochi elettori: -20,6%. A Latina, dove con il patrocinio dello scrittore Antonio Pennacchi era partito un ambizioso progetto politico e culturale, il FLI si è fermato allo 0,7%. A Torino, dove partiva da un gruppo con tre consiglieri comunali, FLI non ha avuto alcun seggio ed è rimasto all’1,41%, Se dunque perdono tutti, chi vince? La prima risposta che viene in mente è che abbia vinto la sinistra radicale di Nichi Vendola (Sinistra, Ecologia e Libertà più Federazione della Sinistra). Ma l’Istituto Cattaneo ci dice che il dato è corretto solo in parte: scrive che «in pratica non c’è stata alcuna variazione» per la sinistra radicale rispetto alle precedenti elezioni comunali, se non un lieve calo (-0,8%). È vero, però, che rispetto alle per lei disastrose regionali del 2010 la sinistra radicale ha recuperato 48.300 voti (+48,4%), ancora una volta con il dato migliore in assoluto a Milano, dove esprimeva il candidato sindaco. Tra l’indifferenza generale dei grandi giornali, tra chi ha vinto vanno annoverate le nuove liste di centro-destra, fra cui Forza del Sud che – presentandosi per la prima volta alle elezioni – ha per esempio ottenuto il 5,23% a Napoli e il 4,72% a Reggio Calabria.


Nel Sud, queste liste autonome di centro-destra hanno guadagnato 109.000 voti rispetto alle precedenti comunali (+110%). Se si guardano i numeri dell’Istituto Cattaneo, che definisce «molto consistente» il successo di questi nuovi movimenti, ci si accorge che esse rappresentano una parte importante della risposta sul dove sono finiti i voti che sul piano nazionale mancano all’appello del PDL: il che significa che si tratta di voti rimasti nell’ambito del centro-destra e su questo dato dobbiamo lavorare per intercettare questo elettorato a favore di Futuro e Libertà per l’Italia. Si può credere, invece, che in gran parte i voti sfuggiti alla Lega rispetto al 2010 siano di persone che non si sono appassionate alle elezioni comunali o hanno voluto esprimere una protesta, contribuendo all’aumento dell’astensionismo (+1,8% rispetto alle precedenti comunali). Quanto ai voti persi dal centro-sinistra, sono andati in parte alla sinistra radicale (che avanza sul 2010 anche se perde sul 2006) e in proporzione significativa all’unico che può davvero dire di avere vinto le elezioni, cioè il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, che ha ottenuto il consenso di ben 93.000 elettori, 26.000 in più (+39%) rispetto alle già lusinghiere regionali del 2010. I numeri, naturalmente, dicono molto ma non dicono tutto.


I numeri, però, non sono mai irrilevanti. Noi chiamati ad analizzare i risultati facciamo bene a tenerne conto, senza lasciarci fuorviare da effetti speciali che spesso nascondono i problemi veri.
Come ha detto l’On.Le Italo BOCCHINO, durante la presentazione della mia candidatura a Catanzaro, noi candidati eravamo degli apri pista per coloro che dopo verranno!
Noi la pista, come Partito, l’ abbiamo aperta ed abbiamo guadagnato per il Partito una visibilità mediatica che prima non aveva sia in città che in provincia.


3. CONFLITTI INTERNI AL PARTITO E COME AFFRONTARLI.
COMBATTERE L’ANTIMUTAMENTO E APRIRSI AD UNA METAMORFOSI.
Questa estate, durante le mie letture estive, ho letto un libro interessante dal titolo "l'idiota in politica" di Lynda

DEMATTEO.
L'autrice illustra alcune dinamiche interne ai partiti e cosi' scrive: "" Chi non si allinea viene messo in discussione dalla direzione perché ha raggiunto una visibilita' mediatica. Il leader del partito e' infatti particolarmente geloso delle sue prerogative e non riconosce mai i meriti dei collaboratori. Il movimento politico si fa facendo molto movimento. La figura totalitaria mette tutto il movimento attorno a se' senza che l' autorita' venga mai alterata. Il capo vuole limitare la metamorfosi dei suoi uomini, poichè quando prendono troppa iniziativa nell'universo amministrativo e politico, diventano inquietanti: questo processo che si oppone alla metamorfosi si chiama "antimutamento". Per questo le metamorfosi che non impone egli stesso agli altri gli danno ombra; cerca dunque di "stabilizzare" i suoi uomini attraverso promozioni, retrocessioni e l'espulsione di quelli che avranno l'audacia di operare una metamorfosi spontanea e incontrollata. Il comportamento paradossale del leader ostacola la formazione di una nuova classe dirigente competente. La sua azione risulta controproduttiva: allontanando i luogotenenti piu' in gamba, ha nociuto alla sua stessa formazione politica. In realta' quel leader non ha mai avuto l'intenzione di formare una nuova classe dirigente.""

NOI abbiamo aderito a FLI per fare una politica con la “P” maiuscola che guardasse non solo all'oggi e al domani, ma soprattutto, al dopodomani al fine di non tradire il c.d. Patto Generazionale con le nuove generazioni. Salire in politica, e non scendere come comunemente ma impropriamente si dice, senza perseguire traiettorie personalistiche. Questi i motivi che ci hanno convinto a scendere dall' "Aventino" a fianco di Gianfranco FINI schierandoci a sostegno, con un GRUPPO di amici, del suo progetto politico. Bisogna attuare una “Nuova Primavera” della politica calabrese attraverso il rinnovamento e l’applicazione, sempre, del principio della meritocrazia! Dobbiamo aprirci di più all’esterno (anche e soprattutto, come abbiamo già detto, al mondo dell’Associazionismo) per fare entrare aria fresca e nuova diversamente l’area diventa stantia ed irrespirabile!
Una frase, registrata positivamente nel periodo estivo, che mi è piaciuta è questa: "Le verita' vanno dette perche' sono indice di responsabilita'. " ( cfr. dall’On.Le Angela NAPOLI nell’incontro di Soverato il 24 agosto 2011).

4. COSE BISOGNA PROPORSI.
Il partito deve proporsi di formare cittadini consapevoli e all'altezza delle problematiche del mondo moderno. Per il perseguimento di tale scopo dovrà svolgere, a Nostro avviso, attività informative, formative, di consulenza e di altro tipo, con particolare attenzione a:
• sollecitare e favorire l'istituzione di seminari, convegni e corsi di formazione atti allo scopo;
• sviluppare l'utilizzo degli strumenti di comunicazione di massa (all'uopo pubblicando un sito on line);
• preparare e diffondere materiale informativo atto a stimolare l'avanzamento culturale sulle questioni concernenti gli interventi da realizzare in Calabria e in Italia per lo sviluppo economico, sociale e culturale della Regione e del Paese;
• formare e preparare gruppi di esperti in grado di operare in questi settori;
• pubblicare giornali periodici o libri a stampa o telematici;
• collaborare con i mezzi d' informazione con particolare attenzione ad Internet;
• realizzare Centri di Formazione , reti telematiche e strumenti di comunicazione quali, a mero titolo esemplificativo, Forum, Blog e pubblicazioni (ed in generale qualsiasi strumento si ritenga o divenga necessario);
• organizzare Convegni, Seminari, Corsi e manifestazioni, anche internazionali, intesi come strumenti di formazione e valorizzazione dell'energia e potenzialità culturali in questo campo , così come momenti di elaborazione originale di idee, concetti ed istanze di arricchimento della sfera culturale ;
• quant'altro conducente al raggiungimento del fine associativo, come ad esempio: partecipare come Partito a Convegni , Seminari , Corsi e manifestazioni anche internazionali, intesi come strumento di formazione e valorizzazione dell'energia e potenzialità culturali in questo campo e di elaborazione originale di idee, concetti ed istanze di arricchimento della sfera culturale ;
• accedere, ove lo ritenga o sia necessario a finanziamenti pubblici o privati fornendo tutte le garanzie che saranno richieste, al fine di raggiungere gli scopi.
Dobbiamo strutturarci da Partito come un Movimento e collaborare attivamente con il mondo dell’Associazionismo partecipando alle loro manifestazioni ed eventi.

CONCLUSIONI
Per Noi non devono essere consentiti ritorni al passato; nessuna restaurazione: NON PUO' PRESENTARE IL CONTO CHI NON HA PARTECIPATO ALLA BATTAGLIA PER VOTARE E FAR VOTARE FLI IN CALABRIA !
Futuro e Liberta' deve appartenere a coloro i quali hanno offerto CUORE e SUDORE, quindi nessun avvitamento e ricerche di traiettorie personali ma la costruzione positiva prima di tutto di gruppi dirigenti forti, autorevoli e credibili. Noi abbiamo scelto il rinnovamento non per giovanilismo di maniera né per rottamazioni in vitro, ma per UNIRE generazioni ed energie PULITE, QUALIFICATE in grado di parlare nuovamente al CUORE della gente. Anche noi abbiamo, ovviamente, sbagliato ma io parto sempre dalla considerazione che soltanto colui che non fa nulla è sicuro di non sbagliare, colui che fa corre certamente il rischio di sbagliare. E' meglio sbagliare però fare!
Infine auspichiamo la massima collaborazione di TUTTI, nell’instaurando Coordinamento Regionale, in quanto dobbiamo gettare le basi per una Politica 3.0 per il bene della Nostra Regione e per il Nostro Paese .

LUIGI CIAMBRONE