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Cessa la locazione con il pignoramento?
CATANZARO, 12 AGOSTO - Il pignoramento di alcune quote di proprietà dell’immobile determina l’automatica cessazione di efficacia del contratto di locazione, in situazione di libera disponibilità del termine di scadenza contrattuale, laddove manchi l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione prevista dall’art. 560, comma 2, c.p.c.. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza n. 19522/2019, depositata il 19 luglio.
Il caso. Il fatto de quo risale al 31.5.2015, data di scadenza naturale di un contratto di locazione di un immobile appartenente a tre comproprietari ed il 50% delle quote, prima della citata data, era stato sottoposto a pignoramento. Conseguentemente, nei termini di legge, il titolare del residuo 50% delle quote aveva manifestato al conduttore la propria volontà di non rinnovare il rapporto alla seconda scadenza. Successivamente, lo stesso aveva agito in giudizio per far rilevare l’intervenuta, automatica, cessazione del contratto, non essendo intervenuta l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione per la rinnovazione della locazione, ex art. 560 c.p.c.. Il Giudice di prime cure accoglieva la domanda.
Avverso tale sentenza, il conduttore interponeva appello. La Corte d’Appello territoriale riformava l’appellata sentenza e in merito al rilievo del documentato dissenso dei comunisti titolari delle quote pignorate aveva ritenuto carente di legittimazione attiva il terzo locatore, in assenza dell’autorizzazione del giudice, prevista dall’art. 1105 c.c., per il caso di dissenso tra i comunisti, in ordine alla gestione della cosa comune.
Avverso tale sentenza, il locatore proponeva ricorso per cassazione con tre motivi di doglianza: 1. omesso esame e vizio di motivazione in ordine all’inammissibilità dell’appello, per difetto dei requisiti di forma e contenuto; 2. omesso esame di un fatto decisivo controverso, costituito dall’applicazione ed interpretazione degli artt. 560 e 632 c.p.c., nonché per omesso esame del tema della mancata autorizzazione del giudice dell’esecuzione alla rinnovazione della locazione; 3. violazione dell’art. 1105 c.c., per mancata correlazione con l’art. 560 c.p.c. ed omessa applicazione dell’art. 1105 c.c. Il Supremo Collegio, riteneva inammissibile il primo motivo poiché l’omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello integrava una violazione dell’art 112 c.p.c. da far valere esclusivamente ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., mentre, esaminati congiuntamente gli altri due motivi di doglianza, li accoglieva. I Giudici di legittimità, preliminarmente consideravano come, secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, in tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo, “la rinnovazione tacita del contratto alla prima scadenza, per il mancato esercizio, da parte del locatore, della facoltà di diniego di rinnovazione, ai sensi della L. 27 luglio 1978, n. 392, artt. 28 e 29, costituisce un effetto automatico derivante direttamente dalla legge e non da una manifestazione di volontà negoziale, con la conseguenza che, in caso di pignoramento dell’immobile, tale rinnovazione non necessita dell’autorizzazione del giudice dell’esecuzione, prevista dell’art. 560 c.p.c., comma 2 (Sez. U, Sentenza n. 11830 del 16/05/2013)”. In coerenza a tale premessa, avevano quindi ritenuto (sempre in tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo) che la rinnovazione tacita del contratto alla seconda scadenza contrattuale, a seguito del mancato esercizio, da parte del locatore, della facoltà di disdetta (non motivata) del rapporto ai sensi della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 28, comma 1, costituiva una libera manifestazione di volontà negoziale, con la conseguenza che, in caso di pignoramento dell’immobile locato eseguito in data antecedente la scadenza del termine per l’esercizio della menzionata facoltà da parte del locatore, la rinnovazione della locazione necessita dell’autorizzazione del giudice dell’esecuzione prevista dall’art. 560 c.p.c., comma 2 (Sez. 3, Sentenza n. 11168 del 29/05/2015)”. In forza di tali premesse, era agevole concludere che, nel caso di specie, in corrispondenza del terzo rinnovo della locazione, ovvero, in situazione di libera disponibilità del termine di scadenza contrattuale, sopravvenuto il pignoramento di alcune quote di comproprietà, il mancato intervento di alcuna autorizzazione del giudice dell’esecuzione, doveva ritenersi tale da aver determinato l’automatica cessazione di efficacia del contratto, poiché la comune volontà dei comproprietari locatori si sarebbe dovuta necessariamente formare previa autorizzazione del giudice dell’esecuzione. La Suprema Corte, infine, affermava che “allo stesso modo, nessun rilievo può essere attribuito (al prospettato fine di far rivivere, a seguito dell’intercorsa estinzione della procedura esecutiva, il contratto di locazione nelle more definitivamente cessato) alla previsione dell’art. 632 c.p.c. (che sancisce l’inefficacia degli atti compiuti, là dove l’estinzione del processo esecutivo si verifichi prima dell’aggiudicazione o dell’assegnazione dei beni staggiti), non essendo stato nella specie propriamente compiuto alcun atto della procedura in ipotesi destinato a determinare la cessazione dell’efficacia del contratto di locazione (e di cui predicare l’eventuale inefficacia ai sensi dell’art. 632 c.p.c.) e dovendo in ogni caso ritenersi (in forza di un elementare principio di certezza delle situazioni giuridiche sostanziali) che l’estinzione del procedimento esecutivo non valga a comportare l’inefficacia degli atti ritualmente posti in essere nel corso del processo esecutivo, là dove dal relativo compimento sia eventualmente derivata la legittima attribuzione di diritti in favore di terzi”.
Per tali motivi la Corte di Cassazione accoglieva il secondo e il terzo motivo; dichiarava inammissibile il primo; cassava la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinviava alla Corte d’appello territoriale, in diversa composizione, cui era altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Avv. Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express