Economia
Censis: «Italiani stanno riuscendo a non crollare e a sopravvivere a questa crisi»
MILANO, 06 DICEMBRE 2013 - Dopo i preoccupanti dati diffusi ieri dell’Eurostat, secondo cui l'Italia – dopo la Grecia – risulta essere il Paese dell’Eurozona maggiormente esposto al rischio di povertà ed esclusione sociale (nel 2012, il 29,9% della popolazione italiana rischia di diventare povero, rispetto al 34,6% della Grecia), a tinte fosche anche la situazione che emerge nel ''Rapporto sulla situazione sociale nel paese - 2013'', che il Censis ha presentato oggi a Roma.
«Una società sciapa quella italiana, privata della forza propulsiva della sua classe media sempre più deteriorata, e ostaggio del concetto della stabilità predicato, se non imposto, dalla classe dirigente come antidoto all'abisso», avverte il Censis che – allo stesso tempo – puntualizza: «Ma l'abisso non arriva e, grazie ad una solida base di valori, gli italiani stanno riuscendo a non crollare e sopravvivere a questa crisi e all'insieme degli interventi rigorosi e pedagogici che tanto hanno accentuato la fatica del vivere quotidiano e la mancanza di speranza per il futuro». [MORE]
In particolare, come sottolinea il sopraindicato rapporto: «Scelta implicita e ambigua di drammatizzare la crisi per gestire la crisi da parte della classe dirigente, che tende a ricercare la sua legittimazione nell'impegno a dare stabilità al sistema partendo da annunci drammatici, decreti salvifici e complicate manovre. Un mix, questo, che contribuisce a creare una condizione di incertezza senza prospettive di elite. Eppure il crollo atteso da molti non c’è stato».
Gli analisti - in sostanza – spiegano ciò, rifacendosi ad un retaggio socio-culturale insito negl’italiani, che ha consentito di mettere in atto la capacità di resistere del popolo italico: «Negli anni della crisi, gli italiani hanno avuto il dominio di un solo processo, che ha impegnato ogni soggetto economico e sociale: la sopravvivenza. Nel momento di maggiore difficoltà hanno fatto tesoro di ciò che restava nella cultura collettiva dei valori acquisiti nello sviluppo passato, ovverosia lo scheletro contadino, l'imprenditorialità artigiana, l'internazionalizzazione su base mercantile. Hanno fatto conto sulla capacità collettiva di riorientare i propri comportamenti, quali misura, sobrietà, autocontrollo e sviluppato la propensione a riposizionare gli interessi nelle strategie aziendali come in quelle familiari».
Tuttavia, per il Censis: «La contropartita di questa capacità a resistere è l'apparire sempre più sciapi, senza fermento, e malcontenti a fronte di un inatteso ampliamento delle diseguaglianze sociali. Si è rotto il 'grande lago della cetomedizzazione, storico perno della agiatezza e della coesione sociale. Troppa gente non cresce, ma declina nella scala sociale. Ed è in tale contesto che gli esperti individuano una crisi della società civile, la quale verosimilmente ha consumato il suo orgoglio in illusorie ambizioni di una superiorità morale e utilizzata come strumento politico».
A tal riguardo, il Censis ha focalizzato «due grandi ambiti che consentirebbero l'apertura di nuovi spazi imprenditoriali e di nuove occasioni occupazionali: un processo di radicale revisione del welfare e l'economia digitale. Il filo rosso che può fare da nuovo motore dello sviluppo è la connettività (non banalmente la connessione tecnica) fra i soggetti coinvolti in questi processi. Se, però, le istituzioni non possono fare connettività perché sono autoreferenziali, avvitate su se stesse, e può succedere che in una società 'scia', l'unico fervore sia quello dell'antipolitica»,
Così, il Censis conclude il suo rapporto precisando che: «La spinta alla connettività sarà in orizzontale, nei vari sottosistemi della vita collettiva. Questo perché l’Italia di oggi sarà bella o brutta, a seconda degli occhiali con cui la si guarda, ma resta una realtà solida perché non è figlia di idee e di progetti, ma della collettiva partecipazione ai processi storici che l'hanno attraversata».
(Fonte: Censis)
Rosy Merola