Economia

Censis: I 10 più ricchi d'Italia possiedono quanto 500mila famiglie operaie

ROMA, 3 MAGGIO 2014 - L'allarme arriva dal Censis: "i dieci uomini più ricchi del Paese dispongono di un patrimonio di circa 75 miliardi di euro, pari a quello di quasi 500mila famiglie operaie messe insieme". Un'analisi che rivela che le diseguaglianze economiche e sociali sono sempre più profonde nel nostro paese.

Sempre in base all'ultimo rapporto del Censis poco meno di 12mila italiani, che fanno parte de club mondiale degli ultraricchi, dispongono un patrimonio complessivo superiore a 169 miliardi (escluso il valore degli immobili), cioè lo 0,003% della popolazione possiede una ricchezza pari a quella del 4,5% della popolazione totale.

Delle cifre che distano tra loro sempre di più e che inquietano perché, come lo stesso Censis dichiara: "sono le diseguaglianze sociali sempre più marcate il vero male che corrode l'Italia".

Tale situazione sociale, e quindi anche economica, non fa che peggiorare nel tempo, accrescendo sempre di più le distanze tra gli stipendi dei dirigenti e quello degli operai: "Oggi, in piena crisi, il patrimonio di un dirigente è pari a 5,6 volte quello di un operaio, mentre era pari a circa 3 volte vent'anni fa. Il patrimonio di un libero professionista è pari a 4,5 volte quello di un operaio (4 volte vent'anni fa). Quello di un imprenditore è invece pari a oltre 3 volte quello di un operaio (2,9 volte vent'anni fa)".

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Inoltre anche le modalità con cui gli italiani "sentono" la crisi economica dipende dal ruolo sociale. I consumi familiari annui degli operai si sono ridotti del 10,5%, mentre quelli degli imprenditori del 5,9%, quelli degli impiegati del 4,5%, mentre i consumi dei dirigenti hanno registrato solo un -2,4%. "Distanze già ampie che si allargano, dunque, compattezza sociale che si sfarina, e alla corsa verso il ceto medio tipica degli anni ’80 e ’90 si è sostituita oggi una fuga in direzioni opposte, con tanti che vanno giù e solo pochi che riescono a salire. In questa situazione è alto il rischio di un ritorno al conflitto sociale".

Anche la posizione geografica ha il suo peso ne determinare la povertà degli italiani. Coloro che risedono al sud (33,3%) hanno un rischio più alto, triplo rispetto a chi risiede al nord (10,7%) e doppio rispetto a quelli del centro (15,5%). Al sud (18%) i residenti hanno anche un rischio quasi doppio di finire indebitati rispetto al nord (10,4%) e di 5 punti percentuali più alto rispetto a quelli del centro (13%).

Tali diffcoltà possono influenzare anche scelte di vita, come quelle di avere o non avere un figlio, specialmente nelle famiglie a rischio povertà, dove talvolta la presenza di un primo o secondo figlio può addirittra causare disagi economici. La nascita del primo figlio fa aumentare di poco, rispetto alle coppie senza figli, il rischio di finire in povertà (nel primo caso il rischio riguarda l’11,6%, nel secondo caso il 13,1%). Ma la nascita del secondo figlio fa quasi raddoppiare il rischio di finire in povertà (20,6%) e la nascita del terzo figlio lo triplica (32,3%). Inoltre, avere figli raddoppia il rischio di finire indebitati per mutuo, affitti, bollette o altro rispetto alle coppie senza figli: il rischio riguarda il 15,7% nel primo caso, il 6,2% nel secondo caso.

Insomma, a lungo andare, la classe dirigenziale ed imprenditoriale sarà sempre più ricca, mentre operai ed impiegati saranno sempre più sull'orlo della povertà, con notevoli differenze dal Nord al Sud Italia.

Fonte: La Stampa

Valentina D'Andrea