Economia

Catanzaro. “Casa, dolce casa… Ti amo, ma quanto mi costi!”

Le problematiche del settore immobiliare in Calabria. Nell’ incontro organizzato da Confedilizia Catanzaro
CATANZARO 21 DIC - La sala “Friedrich A. von Hayek” dello storico complesso della Fondazione Stella di Catanzaro, ha ospitato il seminario “Casa, dolce casa… Ti amo, ma quanto mi costi! – Presentazione del Rapporto Immobiliare Calabria 2019 dell’OMI”, organizzato da Confedilizia Catanzaro, l’articolazione territoriale dell’organizzazione rappresentativa della proprietà immobiliare, in partenariato con l’ABI Calabria, il Comune di Catanzaro, l’Ordine degli Ingegneri, il Collegio dei Geometri e l’Unione dei Giovani Commercialisti di Catanzaro.

All’incontro, aperto dai saluti Antonio Abate, vice presidente di Confedilizia Catanzaro, e Ferdinando Chillà, presidente del Collegio Geometri di Catanzaro, sono intervenuti Sandro Scoppa, presidente Confedilizia Calabria, Eugenio Caniglia, membro della Commissione Regionale ABI Calabria, Orlando Farenza del Collegio dei Geometri di Catanzaro, Danilo Lentini, notaio, Salvatore Passafaro, presidente dei Giovani dottori Commercialisti di Catanzaro, e Antonio Pizzuti, responsabile Calabria della Toscano. Daniela Rabia, giornalista e presidente del Coram Calabria, ha moderato il seminario.

           
Al centro dei lavori, le problematiche del settore immobiliare che, per quanto riguarda il mercato immobiliare residenziale in Calabria, ha mostrato nell’anno 2018 segni di continua crescita (+2,5%), sia pure con un tasso meno sostenuto rispetto all’anno precedente. La situazione fra le cinque province si è mostrata tuttavia differenziata, e spicca il risultato di Catanzaro, che con un boom nel Capoluogo (+20,1%) spinge la crescita dell’intero mercato provinciale fino al +11,4%. In virtù della sua estensione Cosenza resta invece il primo mercato provinciale della regione, registrando tuttavia una certa stazionarietà (+0,1%), sostanzialmente statico anche il mercato provinciale di Reggio Calabria (+0,4%); in crescita la provincia di Crotone (+4,2%), mentre Vibo Valentia è l’unico mercato provinciale con segno negativo.
Oltre che sui comuni Capoluogo, il mercato residenziale calabrese si è mosso intorno ad altre realtà territoriali: di carattere urbano (quali la conurbazione prossima al capoluogo cosentino e la conurbazione jonica Cassano-Corigliano-Rossano), ma anche realtà a connotazione turistica (come nell’Alto Tirreno Cosentino, la Costa degli Dei lungo il tirreno vibonese, la Costa di Soverato lungo lo jonio catanzarese), nonché realtà territoriali strategiche per il commercio e la logistica in virtù delle dotazioni infrastrutturali, come Lamezia Terme.
Relativamente alle dimensioni compravendute, vi è stata una predilezione del mercato per le abitazioni di taglio medio, mentre nei capoluoghi la superficie compravenduta appare mediamente maggiore che nel resto della provincia. L’incremento di mercato rispetto all’anno precedente è comunque distribuito su tutte le classi dimensionali.
Quanto poi alle quotazioni medie, le stesse sono risultate in leggero calo, confermando una lenta ma costante tendenza al ribasso nel medio periodo e, di conseguenza, la crisi del settore che, a partire dalla manovra Monti, non è stata ancora superata.
I relatori si sono soffermati anche sulle locazioni abitative, per le quali sono ormai in vigore in tutte le provincie calabresi gli accordi territoriali per i contratti a canone concordato per esigenze abitative ordinarie, per esigenze transitorie e per quelle degli studenti universitari. Per esse è possibile fare ricorso al c.d. regime fiscale della cedolare secca del 10%, la quale, grazie all’impegno profuso senza sosta dalla Confedilizia, è stata stabilizzata e resa definitiva.
I medesimi relatori si sono soffermati altresì sulle locazioni non abitative, che continuano a vivere una situazione di profonda crisi, la quale è sfociata nella desertificazione dei centri urbani. E ciò sia per le illiberali e dannose previsioni della l.n. 392/78 (c.d. legge sull’equo canone) sia, soprattutto dopo la decisione del Governo di non prorogare la cedolare secca al 21%, che era stata introdotta un anno fa con l’intento di limitare la gravissima crisi dei locali commerciali. In assenza della cedolare, che era stata prevista per i contratti stipulati nel 2019, il proprietario sarà infatti soggetto all’Irpef, all’addizionale regionale Irpef, all’addizionale comunale Irpef e all’imposta di registro, per un carico totale che può superare il 48 per cento del canone e al quale deve aggiungersi la patrimoniale Imu-Tasi, oltre alle spese di manutenzione dell’immobile e al rischio morosità.