Cronaca
Cassazione, Dell'Utri mediatore tra Cosa nostra e Berlusconi
ROMA, 24 APRILE 2012- Come si evince dalle 146 pagine di motivazioni della sentenza 15727 ad opera della quinta sezione penale, il senatore del Pdl Marcello Dell'Utri fece da tramite fra il Cavaliere e le cosche, pagando "cospicue somme" in cambio della protezione per l'ex premier e i suoi familiari. Sulla base di queste motivazioni, la Cassazione ha ritenuto necessario disporre un nuovo esame nei confronti di Dell'Utri, annullando la condanna a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa inflitta in appello.
In particolare, nella sentenza dello scorso 9 marzo, si legge che "la motivazione della sentenza impugnata si e' giovata correttamente delle convergenti dichiarazioni di piu' collaboratori a vario titolo gravitanti sul o nel sodalizio mafioso Cosa nostra -tra i quali Di Carlo, Galliano e Cocuzza- approfonditamente e congruamente analizzate dal punto di vista dell'attendebilita' soggettiva nonche' sul piano della idoneita' a riscontrarsi reciprocamente circa il tema dell'assunzione -per il tramite di Dell'Utri- di Mangano ad Arcore come la risultante di convergenti interessi di Berlusconi e di Cosa nostra e circa il tema della non gratuita' dell'accordo protettivo, in cambio del quale sono state versate cospicue somme da parte di Berlusconi in favore del sodalizio mafioso che aveva curato l'esecuzione di quell'accordo, essendosi posto anche come garante del risultato".
[MORE]
La Cassazione prosegue sostenendo che "senza possibilità di valide alternative di un accordo di natura protettiva e collaborativa raggiunto da Berlusconi con la mafia per il tramite di Dell'Utri che, di quella assunzione, è stato l'artefice grazie anche all'impegno specifico profuso da Cina'".
La suprema Corte, più volte ribadisce il ruolo di mediatore svolto da Dell'Utri tra Cosa nostra e Berlusconi. "E' indubbio e costituisce espressione del concorso esterno da parte dell'imputato nell'associazione criminale Cosa nostra il comportamento consistito nell'aver favorito e determinato avvalendosi dei rapporti personali di cui gia' a Palermo godeva con i boss e di una amicizia in particolare che gli aveva consentito di caldeggiare la propria iniziativa con speciale efficacia presso quelli -la realizzazione di un incontro materiale e del correlato accordo di reciproco interesse tra i boss mafiosi- nella loro posizione rappresentativa- e l'imprenditore amico Berlusconi".
Secondo la Cassazione, a tal riguardo, il giudice di merito "valorizza e basa la propria decisione sul rilievo dell'attivita' di mediazione che Dell'Utri risulta avere svolto nel creare un canale di collegamento o se si vuole, di comunicazione e di transazione che doveva essere parso, a tutti gli interessati e ai protagonisti della vicenda, fonte di reciproci vantaggi per i due poli: il vantaggio, per l'imprenditore Berlusconi, della ricezione di una scermatura rispetto ad iniziative criminali (essenzialmente sequestri di persona) che si paventavano ad opera di entita' delinquenziali non necessariamente e immediatamente rapportabili a Cosa nostra o quanto meno alla articolazione palermitana di Cosa nostra di cui veniva, in quel frangente, sollecitato l'intervento, e quello di antura patrimoniale per la stessa consorteria mafiosa".
La sentenza cerca di approfondire le dinamiche della suddetta mediazione affermando che, "la consorteria mafiosa aveva, grazie all'iniziativa di Dell'Utri che si era posto come trait d'union, siglato con l'imprenditore un patto, all'inizio non connotato e tanto meno sollecitato da proprie azioni intimidatorie (la suprema Corte cita al proposito le emergenze probatorie a sostegno della tesi che le minacce ricevute da Berlusconi fossero di matrice catanese ma soprattutto calabrese) oltre che finalizzato alla realizzazione di evidenti risultati di arricchimento".
Per la Suprema Corte si trattava di un "patto che, per altro, risentiva di una certa, espressa propensione dell'imprenditore Berlusconi a 'monetizzare', per quanto possibile, il rischio cui era esposto e a spostare sul piano della trattativa economica preventiva l'azione delle fameliche consorterie criminali che invece si proponevano con annunci intimidatori".
Scrive la Cassazione che è "probatoriamente dimostrato che Marcello Dell'Utri ha tenuto un comportamento di rafforzamento dell'associazione mafiosa fino ad una certa data". Tuttavia, va dimostrata l'accusa di concorso esterno per il periodo in cui il senatore di Forza Italia lascio' Fininvest per andare a lavorare per Filippo Rapisarda".
Il giudice del rinvio, afferma la Suprema Corte, dovrà "nuovamente esaminare e motivare se il concorso esterno contestato sia oggettivamente e soggettivamente configurabile a carico di Dell'Utri, anche nel periodo di assenza dell'imputato dall'area imprenditoriale Fininvest e societa' collegate (periodo intercorso tra il 1978 e il 1982)". Nelle suddette motivazioni si legge, inoltre che il giudice del rinvio dovrà verificare se il concorso esterno "sia configurabile, sotto il profilo soggettivo, anche nel periodo successivo a quello appena indicato. In base alla soluzione che sara' adottata, il giudice del rinvio -dice ancora la Cassazione- dovra', eventualmente, assumere le conseguenti determinazioni sulla causa estintiva operante in riferimento al reato che non e' oggetto di rinvio".
E' invece "dimostrato probatoriamente che Dell'Utri ha tenuto un comportamento di rafforzamento dell'associazione mafiosa fino ad una certa data, favorendo i pagamenti a Cosa nostra di somme non dovute da parte di Fininvest". Un discorso che, precisa ancora piazza Cavour, "non implica necessariamente o in base ad una regola logica e codificata che egli abbia mantenuto inalterato nel tempo e nella sostenza un rapporto di 'gestione' dei possibili favori che la mafia avrebbe potuto restituire nel periodo di formazione del nuovo partito".
La Cassazione fa anche le ipotesi per le quali dovrebbe maturare la prescrizione del reato contestato a dell'Utri. Nello specifico, l'appello bis del processo per concorso esterno che la Corte d'Appello di Palermo dovrà rifare nei confronti del senatore Marcello Dell'Utri, potrebbe non cadere in prescrizione. Infatti, si potrebbe applicare "il regime della prescrizione antecedente alla riforma del 2005 che valorizza il reato continuato". Così i termini della prescrizione cambierebbero "in pejus" per Dell'Utri e la prescrizione non cadrebbe nel 2014.
(Fonti: Ansa, Adnkronos)
Rosy Merola