Estero

Caso Regeni, il richiamo dell'ambasciatore ed i rapporti con il Cairo

IL CAIRO, 17 AGOSTO - L’articolo del New York Times a firma di Declan Walsh ha riaperto il caso Regeni, che è tornato alla ribalta dell’opinione pubblica dopo qualche silenzio di troppo. L’ampio approfondimento di Walsh ha inoltre accompagnato la mossa italiana di rientro dell’ambasciatore italiano al Cairo, Giampaolo Cantini. Una mossa che non è affatto piaciuta alla famiglia Regeni, pronta a tornare nella capitale egiziana al fine di scoprire definitivamente la verità sulla morte del ricercatore.[MORE]

Oggi, il prezioso intervento su ‘La Repubblica’ di Giuliano Foschini e Carlo Bonini, da sempre in prima linea sul caso Regeni, ci riconduce alla scelta italiana di riportare l’ambasciatore al Cairo. Una scelta che fonti del ministero degli Esteri qualificano come necessaria ed imprescindibile: «Comprendiamo lo stato d’animo della famiglia ma a distanza di più di un anno l’assenza del nostro ambasciatore non era più strumento di pressione ma era diventato il suo opposto».

Alla base della decisione italiana vi è dunque una perdita di rilevanza, anche a seguito dei mutati rapporti in Medioriente: «Il quadro dei rapporti è cambiato. L’Egitto, oggi, conta su una forte sponda dell’amministrazione americana, un rinnovato rapporto con Francia e Inghilterra e una forte alleanza con i sauditi, per non parlare della nuova attenzione mostrata dalla Russia. Il nostro isolamento rischiava, se prolungato, di provocare danni. Non solo per quanto sta accadendo in Libia ma soprattutto nei confronti della nostra comunità al Cairo e nella ricerca della verità su Regeni». Insomma, secondo la fonte richiamata da Bonini e Foschini, ciò che all’inizio sarebbe apparso come valida arma di pressione è divenuta al contrario «una pistola scarica», tesa ad un pericoloso isolamento in termini economici e di ricerca della verità su Regeni.

La decisione ha tuttavia delle condizioni prestabilite, così come emerge dalla lettera di incarico che il ministro ha consegnato al diplomatico. L’ambasciatore Cantini sarà infatti accompagnato da una figura specifica che si occuperà di gestire la cooperazione giudiziaria ed investigativa con la procura generale del Cairo. Non è ancora deciso se si tratterà di un magistrato o di un ufficiale di polizia giudiziaria, ma tale figura sarà presente. Nella lettera si aggiungono poi altre questioni, come il blocco di fornitura gratuita di materiale bellico al regime di Al Sisi e l’aumento di progetti di cooperazione e di sviluppo con l’Egitto su diritti umani e parità di genere.

Difficile capire nell’immediato se le scelte italiane produrranno benefici al caso Regeni e al ritrovamento di una verità ancora lontana. Ma si continuerà ad andare avanti. Ancora, in attesa di fare luce su un accaduto brutale e profondamente controverso.

foto da: ilpost.it

Cosimo Cataleta