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Careless Crime, ritratto dell'Iran in fiamme. Intervista a Shahram Mokri da Venezia77
Per la rubrica UNCUT GEMS – diamanti grezzi, Careless Crime di Shahram Mokri: le interviste di Antonio Maiorino sui migliori film d’autore del cinema contemporaneo mondiale. Spesso, inediti (in Italia), non ancora “sgrezzati” dallo sguardo dello spettatore; spesso, autentici gioielli nascosti.
Mentre mezzo mondo cinematografico si arrovellava sugli intrichi temporali di Tenet di Christopher Nolan, alla 77esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica Internazionale di Venezia il quarantaduenne Sharam Mokri, talento del cinema iraniano, ha presentato nella sezione Orizzonti il coraggioso Careless Crime, in cui il tempo viene stravolto, riavvolto, sfilacciato, riannodato. Né è una novità per Mokri, di ritorno a Venezia sette anni dopo Fish & Cat, che già rivolgeva al tema del tempo l’interesse creativo. Per intenderci sull’orizzonte di complessità dell’opera del cineasta iraniano, basti pensare alla scatola cinese di film che dà il titolo all’opera: Careless Crime è, prima di tutto, il film stesso di Mokri, che racconta principalmente delle macchinazioni di quattro individui che cercano di dare fuoco a un cinema; ma The Crime of Carelessness è anche un cortometraggio muto del 1912, di Harold M. Shaw, in cui un fumatore incallito innesca involontariamente un incendio all’esterno di un magazzino; ancora, Careless Crime è il film nel film che si sta per proiettare nel cinema messo nel mirino da quattro incendiari, inventato anch’esso da Mokri, su un gruppo di militari che s’imbatte in uno strano ordigno; infine, all’interno di quest’ultimo film nel film, si fa riferimento a un’ulteriore pellicola, The Deer di Masoud Kimiai, ossia il film che si proiettava nel cinema Rex ad Abadan, Iran, nel 1978, quando quattro persone bruciarono in una sala cinematografica per un incendio appiccato dai dimostranti contro lo Scià. La temperatura sperimentale è elevata, ma tutto si tiene in questo cinema nel cinema nel cinema, sorta di macchina del tempo al cubo.
LA TRAMA DI CARELESS CRIME (QUI IL TRAILER)
Più di 40 anni fa, un gruppo di rivoltosi diede fuoco al Cinema Rex ad Abadan, Iran. Non era intenzione fare una carneficina, quanto di protestare contro il regime e in particolare opporsi alla crescente influenza della cultura occidentale. Sfortunatamente, per negligenti misure di sicurezza, qualcosa andò storto nella fuga delle persone e il rogo divenne una strage. Riferendo il proprio racconto a quell’episodio, autentica scintilla della lotta rivoluzionaria, Shahram Mokri s’inventa una situazione analoga in altri tempi – i nostri – e in altri luoghi – Teheran. Qui, Takbali (Abolfazl Kahani), in cerca delle pillole da cui è dipendente, conosce tre uomini con i quali architetta un incendio in un cinema. È in questo cinema che lavora Elham (Razieh Mansouri), una ragazza impegnata a consegnare poster cinematografici, che si appresta ad assistere alla proiezione, forse fatale. Il film in cartellone si chiama proprio Careless Crime e narra di un gruppo di militari alle prese con un missile inesploso, residuato di chissà quale conflitto. Uno di loro ha un trauma: dopo aver investito la figlia in retromarcia, ha fatto piazza pulita di specchi e specchietti e non vuole vedere alcun riflesso. I militari dovrebbero raggiungere il quartier generale, ma finiscono a loro volta ad una proiezione, organizzata da un gruppo di giovani per i viaggiatori: il film è The Deer, lo stesso in programma al Cinema Rex il giorno della tragedia del 1978.
PERCHÉ INNAMORARSI DI CARELESS CRIME
Che il cinema sia una formidabile macchina del tempo e dello spazio, non è una scoperta di Shahram Mokri, ma il cineasta iraniano, insieme al co-sceneggiatore Nasim Ahamdpour, sfrutta questo assunto per fare tre cose.
La prima è seguire uno sviluppo temporale non lineare, in cui alcune scene sono riviste da angolazioni diverse, altre sono persino consecutivamente riviste come in un loop, così facendo, dipanando attraverso l’azione cinematografica una sperimentazione concreta sulla manipolazione del tempo.
La seconda è riflettere sulla forza quasi sciamanica dello specchio cinematografico, un guardare e ri-guardare che consente un approccio meditato e illuminante alla conoscenza della realtà.
La terza è rievocare i fatti del 19 agosto 1978, episodio fondamentale nella storia dell’Iran – l’incendio doloso e doloroso al Cinema Rex nell’ambito della lotta rivoluzionaria contro lo Scià. Mentre fa tutto questo, Mokri fa lo storyteller puro, cioè, racconta storie. Così, il filone narrativo dei quattro malintenzionati che vogliono appiccare l’incendio, diventa una sorta di thriller; il film nel film sui militari che scoprono il missile muta in un racconto di avventura e mistero. Cerebrale o di pelle, è sempre cinema.
L’INTERVISTA A SHAHRAM MOKRI
ANTONIO MAIORINO: Si tende a pensare alla Storia come qualcosa che accade in modo lineare, e si ricostruisce in maniera obiettiva, quasi scientifica; al Cinema, invece, pensiamo come al regno dell’immaginazione. Ti chiedo, allora: in che modo il tuo film mette in discussione l’identità profonda della Storia e del Cinema, mostrando la prima come un potenziale circolo vizioso, e la seconda come un racconto anche più penetrante delle ricostruzioni storiche?
S.M: la visione per cui la Storia sia sempre progressiva potrebbe sembrare piuttosto ottimistica. Almeno dove vivo, ci sono molti segni che la Storia si ripeta costantemente. Il Cinema, dal canto suo, è pieno di speranza. La speranza è quella di cambiare tutto quello che nel mondo reale risulta difficile da cambiare. Uno sguardo carico di speranza verso un fenomeno circa il quale non sono ottimista, ha creato una combinazione di Cinema e Storia. Spero infatti di essere riuscito, in Careless Crime, a mostrare la Storia come volevo che accadesse, non come è davvero accaduta.
A.M: i già citati fatti del 1978, allorché un gruppo di dimostranti contro lo Scià mise a fuoco il cinema Rex ad Abadan con centinaia di morti, mescolano un piano premeditato con un incidente, perché la fuga delle persone dal cinema fu complicata da alcuni errori dei dipendenti del cinema. Nel raccontare quei fatti, hai collocato personaggi storici nella Teheran di oggi, scegliendo una prospettiva in particolare: quella di Takbali, piromane, dipendente da pillole, che si aggrega agli altri tre uomini. Perché scegliere proprio lui come agente privilegiato della tua narrazione?
S.M: ci sono tre narrazioni dominanti circa i fatti tragici del Cinema Rex. La prima è quella dei rivoluzionari, per cui il capro espiatorio sarebbe lo Scià stesso insieme ai propri parenti. La seconda viene dagli oppositori della rivoluzione che videro nei rivoluzionari i responsabili dell’incendio. Ma alla terza narrazione, quella di Takbali, nessuno ha prestato attenzione, perché era meno connotata politicamente. La sua storia nel giorno dell’accaduto non esercitava alcuna attrazione sull’infiammata società iraniana. Io ho cercato invece di ritrarre quel giorno focalizzandomi su questo personaggio e sulla storia che ha raccontato in tribunale. La sua narrazione è una storia di negligenza, la storia di un fallimento; pertanto, l’ho riportato a Teheran oggi perché penso che teoricamente ci sia ancora spazio per incidenti del genere.
S.M: dentro la storia di Takbali e degli incendiari, ci sono altre storie: il corto muto del 1912, The Crime of Carelessness; qualche estratto da The Deer di Masoud Kimiai; soprattutto, la storia dei militari che trovano il missile inesploso. Possiamo dire che ognuna di esse interagisce col filone principale – quello di Takbali – a modo suo? In che modo, in particolare?
S.M: per me, il film è soprattutto sul cinema. Sugli avvertimenti che la storia del cinema ci ha dato. Sugli amanti del cinema che vogliono mandare un messaggio al passato e vogliono farlo riunendosi attorno a una proiezione. Il film nel film è una di quelle idee affascinanti che consente di lavorare sul linguaggio del cinema e sulla storia del cinema. Careless Crime ha quattro diverse idee cinematografiche: un vecchio film muto sul fuoco; un film – The Deer – che appartiene alla storia del cinema iraniano; Careless Crime, che è mostrato sullo schermo cinematografico (la storia del missile, appunto); infine, il prodotto finale, cioè il film di cui stiamo parlando. Ci muoviamo dall’uno all’altro, andando e tornando. È come un viaggio nel cuore dei film piuttosto che nella storia. Ognuna di queste diverse posizioni può trasformarsi, o meno, in quella successiva.
A.M: nella tua manipolazione del tempo, sulla scia del tuo precedente Fish & Cat sia pure con alcune varianti, ci sono alcune sequenze ripetute tre o quattro volte. C’è poi una sequenza clamorosa, contenuta nella storia dei soldati, in cui si gira e si rigira un certo scambio di battute come in un loop. La battuta che chiude questo incredibile loop è: “Look over there again, you’ll get it”. Può questa battuta della sceneggiatura essere considerata come il manifesto della tua strategia della ridondanza, ossia, guardare più a fondo, di nuovo, per poter capire?
S.M: hai menzionato un dettaglio importante. So che è comune una fruizione rapida, usa e getta, dell’arte, ma in questo caso il suggerimento al pubblico è quello di vedere e rivedere un film. So che non è facile. L’informazione passa rapidamente, più veloce del potere che le nostre menti hanno di analizzarla, e le opere d’arte stanno cercando sempre più di diventare fenomeni facili da capire: sarebbe difficile, altrimenti, riuscire a cercarsi il proprio pubblico. Ai miei spettatori spero piuttosto che accada questo: che possano tornare su un mio film e rivederlo.
A.M: Quando un film raggiunge elevati livelli di complessità, gli spettatori e la critica cercano in ogni modo di fargli le pulci, correlando i minimi dettagli per ricostruire il senso generale. È quello che sta accadendo in queste settimane con Tenet di Christopher Nolan, per esempio. Careless Crime, tuttavia, sembra nutrirsi di suggestioni quasi magiche, se non mistiche: il misterioso totem di legno, che compare anche nel poster; la scatola misteriosa consegnata a uno dei militari; l’inspiegabile ordigno trovato dai militari stessi; persino una sorta di strega che appare fugacemente. Si può dire che il tuo film, sia pure con un’architettura rigorosa, abbia elementi favoleschi?
S.M: penso che questo approccio derivi da una diversa prospettiva tra Occidente e Oriente. Nella visione orientale, non c’è bisogno di riconciliare tutto con ragioni scientifiche. Io so, per esempio, che gli avanzamenti della conoscenza nella quantistica non costituiscono una visione surreale, bensì sono collegati ad un punto di vista puramente scientifico. Ma alla fine, il risultato è analogo a quello che nella cultura orientale si ottiene con una visione surrealistica. Uno spazio nella scienza in cui non ci siano ancora sufficienti risposte a delle domande è un buon varco per entrare nel regno della magia, del mito e della fantasia. Contribuiamo tutti a costruire un “fenomeno”, un modo di vedere le cose: alcuni con un punto di vista scientifico, altri con una visione trascendente. Riavvolgere la linea del tempo è possibile percorrendo entrambe i sentieri, quello del metodo scientifico così come quello dell’immaginazione. Sono entrambe interessanti per me perché tutte e due guardano al proprio obiettivo con maggiore efficacia rispetto alla forza e ai limiti del nostro pensiero.
A.M: d'altro canto, in Careless Crime possiamo apprezzare un approccio genuinamente realistico nei dialoghi: penso alle conversazioni tra gli studenti o ai piccoli battibecchi di Elham con la madre in auto. Pensi che questo realismo sia il carattere distintivo del cinema iraniano contemporaneo?
S.M: esattamente. In altre circostanze ne ho parlato come di “trappola del realismo”. Il cinema iraniano si sta diffondendo ovunque per questo realismo, che potrebbe in qualche modo derivare da un’influenza del cinema italiano e del suo famoso Neorealismo. Si tratta di un fenomeno assurto a grande interesse in Iran, una forma di iper-realismo che, penso, sta frenando il progresso del nostro cinema in altre aree. Spostarmi da questo tipo di linguaggio cinematografico al mondo surreale di cui parlavamo poc’anzi è una delle cose che m’interessa nella realizzazione di un film.
A.M: in una conversazione con gli amici, una ragazza dice nel tuo film: “Sono andato a vedere un film sperimentale ed ero da sola in sala”. Careless Crime, naturalmente, è un film sperimentale, sicché non mi sono sorpreso di trovare recensioni internazionali, anche titolate, in cui il film è definito “un enigma”. Qual è il maggior rischio di un regista di film sperimentali: relazioni difficili coi produttori o con gli spettatori?
S.M: se facessimo questa domanda ai cineasti degli ultimi due decenni, probabilmente la risposta sarebbe i produttori. Negli anni precedenti in Europa il cinema era molto più sperimentale e innovativo rispetto al linguaggio del cinema, e gli spettatori erano entusiasti di scoprire registi come Godard e Fellini. Trovare un produttore per Careless Crime è stato molto difficile, ma oggi la risposta a questa domanda non è la stessa di prima, perché penso che la sfida più complicata sia diventata avere a che fare con il pubblico. Netflix e le piattaforme streaming che si rivolgono ai più giovani, per fortuna, hanno più probabilità di mostrare lavori sperimentali, come l’ultimo di Charlie Kaufman o Roma di Alfonso Cuarón. Non è facile trovare opere del genere nelle sale cinematografiche. Le sale, oggi, difficilmente riescono ad avere pubblico per film anticonvenzionali e sperimentali.
A.M: quali sono le più grandi sfide che il Cinema deve affrontare oggi per non diventare, come a volte accade alla Storia, la sterile ripetizione di sé stesso?
S.M: la tecnologia nel cinema sta diventando velocemente accessibile a tutti. Negli anni a venire, non sarà difficile per nessuno lavorare con macchine da presa, laboratori, montaggio e persino nella sceneggiatura. Il cinema, in altri termini, sta diventando sempre più un’arte pubblica, qualcosa come la pittura e la fotografia. Ci sono comunque idee che rendono i film diversi e non bisogna preoccuparsi di questo, fintantoché queste idee siano nuove. L’era dei grandi registi potrebbe volgere al termine, ma l’industria cinematografica sarà dominata da una sorta di democrazia nella produzione e nella proiezione dei film. Non so se questa democrazia sia effettivamente una buona cosa. Non ci resta che aspettare e vedere.
(immagini, fonti: fotogrammi dal film Careless Crime. Immagine principale: Takbali nel cinema; all'interno, prima immagine: Takbali in basso a sinistra con i tre incendiari; seconda immagine: Takbali incontra lo spacciatore di pillole, nascosto in una sorta di manichino di legno. Si ringrazia Nasrine Médard de Chardon).
Antonio Maiorino