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Calcio. Addio O’Rey, Pianeta Pelé, ovvero, la perfezione. Goal numero 1000
Addio O’Rey, Pianeta Pelé, ovvero, la perfezione. Goal numero 1000. Così forte da aver segnato anche il gol più bello della storia del cinema, in Fuga per la vittoria: la rovesciata, il gesto magico che profuma di riscatto e libertà, una guida nel buio della storia, un manuale in movimento del piacere del gioco
Leggere alla voce futbol bailado, il calcio ballato del suo Brasile in una vita spesa ad inseguire sogni a forma di pallone. “Quando Pelé si fermava, i suoi avversari si perdevano nei labirinti disegnati dalle sue gambe” ha scritto Eduardo Galeano “quando tirava una punizione, agli avversari in barriera veniva voglia di piazzarsi alla rovescia, col viso rivolto alla porta, per non perdersi il golazo; quando saltava, saliva in aria come se l’aria fosse una scala”.
Ne sapeva qualcosa il nostro Tarcisio Burgnich, impossibile fermare Pelè già in volo, altissimo, imprendibile, nella finale di Messico ’70; il terzo mondiale vinto da O’Rey, con la cocente sconfitta (4-1) degli azzurri di Valcareggi: gli eroi del 4-3 alla Germania tornarono a casa senza Coppa Rimet, e con valige piene di un rimpianto mitigato solo dalla grandezza degli avversari.
Era già diventata una icona globale del calcio, Pelè, dopo il primo successo nel 1958 in Svezia, con i suoi 18 anni di dribbling e poesia a completare un attacco insuperato, una filastrocca verdeoro senza tempo: Didì, Vavà, Pelé - appunto - e Garrincha, l’ala destra più romantica di sempre. Vinse la Coppa del Mondo anche nel 1962 ma da spettatore, azzoppato nella prima partita. Poco male, tre titoli mondiali in una carriera restano comunque un record insuperato, probabilmente insuperabile.
L’Inter arrivò ad un passo dall'acquistare Pelé nel ’58, poi ci provarono Real Madrid e Manchester United, ma quel trasferimento era impossibile: per il governo carioca, O’Rey era un tesoro di stato non esportabile all’estero; per questo lo ricordiamo seminare successi con la maglia della Selecao, e solo con altre due casacche: quella bianca del Santos, per amore. Quella verde dei New York Cosmos, al capolinea della carriera, un po’ per denaro e un po’ per un ultimo sogno: far innamorare gli Stati Uniti del calcio. Una missione impossibile, così lontana dal calore della torcida. A proposito. Il suo millesimo gol è ammantato di leggenda, un rigorino liberatorio e tutto il Maracanà ad invadere il campo e portarlo in trionfo: un Carnevale di allegria popolare.
Se continuiamo ad amare il calcio, considerandolo il gioco più bello del mondo, è anche per le domande che genera e che restano senza risposta: meglio Maradona o Pelé? Così lontani, così diversi, talenti che non si sono mai amati e che forse, lassù, se la giocheranno fino all’ultima magia, una sfida eterna che colora la passione popolare.
Pelé si è arreso solo oggi all’ultima partita, quella che nessun colpo di incommensurabile classe poteva vincere. E allora arrivederci O’Rey, Edson Arantes Do Nascimento. Per brevità chiamato, Il Calcio. (Rainews)