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Buon esordio con Flash Jokes: intervista ai Twisted Head Chaps
VITERBO, 31 MARZO 2015 - I Twisted Head Chaps, dopo pochi mesi dalla loro formazione, ci propongono un EP autoprodotto con un sound che rimanda al passato, ma è fermamente ancorato al presente grazie alla schiettezza dei brani: Flash Jokes, con il merito delle sue molteplici contaminazioni, getta delle buone basi per il futuro della band. La band catanese ha risposto a qualche nostra curiosità sul loro esordio e riguardo il loro EP, che vi consigliamo di ascoltare.
Buona lettura!
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Twisted Head Chap come si formano e con che background musicale?
La formazione triangolare è nata da sè. Ci conosciamo musicalmente da diverso tempo e, quando ci siamo ritrovati a suonare per la prima volta insieme, ci siamo resi conto che dovevamo proseguire su questa strada. Rispetto al passato, quando bisognava fare affidamento quasi esclusivamente ai sintetizzatori, ci sono molti pedali che permettono di raggiungere picchi eccelsi di psichedelia. Naturalmente, tutto dipende dagli obiettivi prefissati e dal sound che si vuol raggiungere. Noi ci troviamo benissimo a suonare insieme, c'è molta sinergia ed entusiasmo. E perché no, una formazione "formato crisi" può essere più conveniente al giorno d'oggi. Ma soprattutto si dice anche che il tre sia il numero perfetto, ahah! Abbiamo realizzato in studio il nostro sound, e lo riproponiamo dal vivo con sfumature ancor più rock e vintage, quindi possiamo ben dire che abbiamo trovato il nostro equilibrio con questa formazione. Ognuno di noi ha le proprie influenze, a volte anche distanti, e questo non costituisce un limite ma, piuttosto, un input alla creatività. Da un lato vi è il blues che, ancorato al delta del Missisipi, fa da matrice, dall'altro le sonorità british e i ritmi indie fanno da minimo comune denominatore. Inoltre, per noi la psichedelia è una vera e propria filosofia e, soprattutto dal vivo, spaziamo da quella squisitamente vintage degli ann'70 ( Led Zeppelin, Hendrix ecc..) a quella moderna (Radiohead, Tame Impala, ecc..).
Il vostro EP esce dopo pochissimi mesi dalla formazione del gruppo, perché questa decisione? Parlateci di come è nato Flash Jokes.
L'EP è uscito solo dopo qualche mese ma in realtà era pronto già dopo qualche settimana dalla nostra formazione. C'era tanto materiale già pronto da anni che aspettava soltanto di venire alla luce. Da quando abbiamo iniziato a suonare non abbiamo fatto altro che lavorare per dare un sound ed uno stile, dare una struttura ben precisa ai pezzi e dare una forma concreta alle bozze. Non partivamo da zero, c'era tanto materiale inedito, più o meno grezzo. Senz'altro, il trovarsi perfettamente in sintonia dalla prima nota ci ha guidato verso un lavoro celere senza intoppi nella ricerca di una sorta di marchio di fabbrica che ci potesse caratterizzare.
Flash Jokes è stato registrato allo Studio Dupin di Fabio Trombetta a Catania dove abbiamo potuto realizzare la nostra idea di sound senza incontrare alcun problema. L'ingegnere del suono si è totalmente immerso nel mood del progetto e questo senza dubbio ha inciso molto nella forma finale del prodotto. Alcune idee sono sopraggiunte durante i lavori in corso in studio, com'è giusto che sia, ma la maggior parte del lavoro era già stato preparato e pensato nella nostra sala.
Che intenzioni avete dopo questo primo piccolo passo?
C'è qualcosa che bolle in pentola e speriamo di rendere ufficiale tutto al più presto. Sicuramente un tour e la promozione della nostra musica nel modo migliore possibile.
Qual è l'ambiente musicale con cui vi siete confrontati?
Negli anni '90 Catania era conosciuta come la Seattle d'Italia. Erano i bei tempi quando sorsero band del calibro degli "Uzeda". Ma quei tempi sono andati ormai e la crisi ha travolto anche la musica. Tralasciando discorsi più profondi ed interessanti sul fatto che la crisi, oltre ad essere finanziaria ed economica, sia culturale e sociale, oggi Catania ha ben poco da offrire. Il problema non è soltanto logistico: è indubbiamente vero che i club pagano poco; l'interesse non è promozionale ma puramente economico e ciò che conta sono gli "ingressi". Ma il problema più importante, secondo il nostro parere è che alla gente non importa molto della musica indipendente e quasi nulla delle nuove proposte. La gente segue le correnti mainstream e, tristemente, molte volte chi cerca di emergere deve adeguarsi, andando a limitare la propria creatività e gusto artistico. Ma questo può essere anche essere giustificato, il mercato della musica è un mercato strano. Un'altra nota dolente della scena è il disinteresse dei musicisti: sono i primi a lamentarsi e, quasi nella totalità, i primi ad esser disinteressati agli altri. Questo non toglie il fatto che ci sono delle belle realtà di musica inedita che, anche se con le difficoltà del caso, propongono con onestà artistica la propria musica.
Cosa pensate, invece, della situazione musicale a livello nazionale?
Parlando di musica indipendente, crediamo che la situazione sia pressoché simile. Sicuramente da Roma in su ci sono molti club importanti dove approdano tante band di spicco della musica indipendente italiana e non. Ma per adesso non abbiamo una conoscenza diretta, speriamo di rifarci al più presto!
Che riscontro avete avuto dal pubblico?
Il riscontro del pubblico è stato positivo e questo ci onora e ci rende molto felici. L'apprezzamento da parte della gente è sempre un giudizio valido per capire se si sta percorrendo la strada giusta ed una spinta a proseguire su di essa. Siamo solo agli inizi, speriamo di vedere cosa ci riserva il futuro.
Salutate i nostri lettori consigliandogli tre dischie che per voi è importante conoscere?
Salutiamo la redazione ed i lettori di GrooveOn. Non scegliamo le classiche reliquie per non essere scontati. Anche se ci sono fin troppi dischi che ci rappresentano, ecco qui i nostri tre:
Ok Computer - RadioHead
Is this it - the Strokes
Thickfreakness - the Black Keys
(Foto di Emanuele Musumeci)
Federico Laratta
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