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Brief On - i consigli di Dicembre #5
SOVERATO (CZ), 16 DICEMBRE 2015 - Eccoci giunti al quinto appuntamento con Brief On ed i suoi consigli sulle uscite discografiche. Le mini recensioni di GrooveOn hanno il solo obiettivo di stuzzicare la vostra curiosità e di coinvolgervi nell'ascolto delle nuove uscite discografiche del panorama della musica emergente.
The Unsense – Betelgeuse (Indingo Records)
Il secondo disco de The Unsense affascina sin dalla prima traccia per il suo mood a metà tra l'inquietudine e l'ipnoticità, a livello musicale è un interessante mix tra dark wave e neo-psichedelia mentre i testi narrano di androidi programmati da un sistema che popolano un mondo in crisi. A causa – o per merito? – del suo particolare carattere i suoi brani sono lontani da un'immediata interiorizzazione, ma l'ascolto più approfondi garantisce un'analisi delle diverse sfumature di Betelgeuse che fanno apprezzare a pieno il lavoro del sestetto della provincia di Varese. La band ha un senso, eccome se ce l'ha.
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Rubacava Sessions – No middle ground (Lostunes Records)
Ci immergiamo nelle calde atmosfere texane per l'ascolto di questo disco d'esordio dei Rubacava Sessions. Una sapiente miscela di blues, folk e un immaginario desertico sono gli ingredienti principali che la band romana ci serve con No middle ground. I riferimenti sonori alla cinematografia non mancano e permettono comunque di apprezzare le citazioni senza cadere nella banalità. Questo disco è adatto per gli amanti del western ma anche per chi ama ricercare la particolarità in un panorama musicale troppo statico e monotono.
Slivovitz – All you can eat (MoonJune Records)
Tecnicismi, strumenti che danzano su diversi tempi, stacchi impetuosi e passaggi soft. Strumenti elettrici ed acustici, strumenti a fiato, a corda ed archi. Jazz, rock, progressive, etno, gypsy e qualche altro genere. Il quarto disco degli Slivovitz è tutto questo e molto altro, è un disco da ascoltare tutto d'un fiato soprattutto perché il fiato te lo toglie. Una miscela che mette in evidenza come in All you can eat la band napoletana usa tutta la sua creatività e la sua tecnica, mettendo da parte le singole doti dei suoi musicisti e lavorando come un unico organismo. Non dimentichiamoci che è il terzo disco della band ad essere stato prodotto da una prestigiosa etichetta newyorkese.
Loveless WhizzKid – Name improvements for everyday stuff (Hopeful Monsters Records)
Torniamo per un attimo – se volete anche di più – negli anni '90 perché questo EP ne è pregno. Dopo quasi due anni dal loro debutto con We were only trying to sleep, il power trio catanese ci propone le cinque tracce di Name improvements for everyday stuff caratterizzate, appunto, da una sonorità ed un'attitudine "novantiane". Il tipico indie-rock di stampo americano suonato ed urlato su nastro anche questa volta proviene da un profondo meridione italiano che già tanto ci ha dato in materia. Curiosità: acquistando il disco potrete essere tratti in inganno dalla grande cover 7 pollici, tranquilli è un CD e morde tantissimo.
The Clipper – Second hand market (La Rivolta Records)
Il disco d'esordio della band salentina si muove dentro il grande calderone dell'alternative rock, ma si caratterizza a sua volta per un approccio un po' più radiofonico. In Second hand market l'aspetto prettamente rock del trio viene saltuariamente scosso da passaggi discretamente elettronici, da momenti orientati verso un carattere più post-rock e da synth che distendono il sound aggressivo. Una nota di merito va per il cantato, sempre appropriato e coerente con il contesto musicale, a seconda della necessità melodico o graffiante. The Clipper confezionano un esordio che getta delle buone basi per il loro futuro!
Federico Laratta
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