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Nella maggioranza è "tutti contro tutti". Da un lato i forzisti gridano “Se ne deve andare dal partito” rivolto al finiano Granata, per aver attaccato in maniera violenta il Pdl stesso.
Granata ha infatti espresso parere negativo sulla mancata concessione a Spatuzza del programma di protezione destinato ai pentiti di mafia, affermando pure che c’è una parte di Stato e di governo che si oppone alla scopertà della verità sulle stragi mafiose nelle quali persero la vita i magistrati Falcone e Borsellino.[MORE]
Dall’altro lato dello schieramento Umberto Bossi risponde al sindaco di Roma Alemanno, che chiedeva alla Lega di togliere dallo statuto la parola “secessione”: “Lascia dire. Noi facciamo quello che vogliamo e lui dice quello che vuole” ha detto Bossi a margine dell’inaugurazione di una nuova sede della Lega. “Alemanno - ha aggiunto - è uno che dice così perché a Roma non ha combinato molto finora e quindi non avendo fatto cose pratiche se la prende con le ideologie”.
“Uno si butta sulle ideologie politiche. Noi nel nostro statuto - ha ribadito - ci mettiamo quello che vogliamo”.
Ribatte a sua volta il deputato e coordinatore regionale del Pdl Lazio, Vincenzo Piso: "Bossi non conosce ne’ sa nulla di Roma", "Il sindaco Alemanno - scrive Piso in una nota - in questi due anni ha fatto molte cose anche rispetto all’eredita’ lasciatagli dal centrosinistra. Ne avrebbe fatte molte di piu’ se non ci fossero state le molte e ripetute resistenze leghiste in Parlamento".
E via quindi un’altra “zeppata” al Carroccio.
Ovvio il palleggio del PD romano, che coglie l’assist della Lega e con una nota del coordinatore del Partito democratico di Roma, Marco Miccoli afferma: “Dopo che Berlusconi aveva accusato la Roma di Alemanno di essere sporca come una città africana, ora è il turno di Bossi che accusa il sindaco della capitale affermando che non ha fatto nulla. Questo fallimento è oramai evidente a tutti i romani ogni giorno, ed è chiaro anche agli stessi alleati di Alemanno. Per questo al sindaco non resta che buttarsi a fare politica nazionale e abbandonare così l’Amministrazione capitolina”.