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Bollicine alla Riscossa: l'ascesa dello Spumante del Sud [video]

 LUCERA (FOGGIA), 17 SETTEMBRE 2014 – Dici Spumante, e non riesci a sottrarti dal contornare spontaneamente un'area geografica di tutta una fascia subalpina, qualcosa che va, più o meno coscientemente, dal Piemonte all'alta Lombardia, o, per chi si spinge un po' oltre in quanto a conoscenza, dall'astigiano all'area a sud del lago d'Iseo. Bollicine di un Made in Italy che specie nell'ultimo secolo tanto hanno risalito la cresta dei mercati enogastronomici, esplodendo in dorate spume in ogni angolo di mondo. Spumante-Nord Italia s'è impresso come binomio imprescindibile da decenni, insomma, coronato da quella sapienza che trova radici nella leggendaria storia del monaco francese Dom Pierre Pérignon, e che quasi in maniera naturale è discesa dalle terre dei nostri acerrimi cugini a garantire un modello di vinificazione studiato e protocollato.

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Tutti gli studi analitico-scientifici sulle potenzialità degli acini nostrani alla loro attitudine alla spumantizzazione sono rimasti per anni intrappolati nei confini “spontanei” di cui sopra, sottovalutando una possibile ricerca vitivinicola dello smisurato patrimonio italiano di vitigni autoctoni, che nulla avrebbe da invidiare a chi s'è imposto smargiasso nel settore delle bollicine, specie con un nome, Champagne, che ha addirittura elevato la propria matrice semantica da Toponimo a Prodotto Finito, con quel suono nasale chic e all'insù tipico dei vicini d'oltralpe. La varietà “folle” dei vitigni italiani, e specie di quelli meridionali, vessa ancora in uno stallo enologico che ne impedisce lo stappo e il volo pindarico che ne deriverebbe.

Dici Spumante, e di certo non andresti mai a pensare alla Daunia, la subregione pugliese a nord di Bari, area geografico-culturale antichissima, il cui terreno argilloso e calcareo favorisce l'habitat di un vitigno autoctono, il bombino, dalla personalità fiera e impostata. Un nome la cui etimologia trova contrasti tra chi la vorrebbe derivante dallo spagnolo – bon vino – e chi invece la identificherebbe con la forma dello stesso grappolo, che a guardarlo bene dà l'impressione di essere il corpicino di un bambino.

Da almeno quarant'anni, l'area alle pendici dell'Appennino Dauno ha lanciato una sfida al nord Italia e al mondo intero, ossia quella di produrre uno spumante di tutto rispetto, seguendo pedissequamente il metodo Champenoise, nell'ambizione di rompere delle barriere di pregiudizio e i famosi confini mentali di cui sopra.

Ad aprirci le porte è stata l'azienda vitivinicola “Masseria nel Sole” nelle campagne di Lucera, in provincia di Foggia, una giovanissima realtà – in quanto a produzione di vino e spumante – nata poco più di 6 anni fa, e che ha cominciato a vinificare nel 2011. Il connubio tra alta qualità e la volontà di produrre un prodotto al 100% biologico rende l'azienda un fiore all'occhiello dell'area, oltre al non secondario aspetto artistico e moderno che ne contraddistingue sia l'immagine che l'impatto sul mercato. È la mentalità giovane e certosina dell'Amministratrice Unica Valeria Pitta, unita all'avanguardia artistica del fratello, Gianni Pitta, a fornire poi un risultato finale completo e decisamente unico, valorizzato anche dalla presenza di ben due enologi, Cristiano Chiloiro e Rosalia Ambrosino, oberati nel garantire la massima efficienza tecnica. Discorso che vale sia per lo spumante che per i rossi, i bianchi e il rosato, tutti dotati di una forte personalità e di una non trascurabile carica emotiva e sensoriale.

Una giornata in vigna ci ha dato la possibilità di toccare con mano una parte del processo di vinificazione, dal taglio del grappolo alle varie difficoltà a cui è stata sottoposta la vendemmia 2014. Il clima “impazzito” di quest'anno ha infatti ritardato tempi e falcidiato la produzione, dove solo una provvidenziale mano dell'uomo potrebbe garantire buoni risultati. “Una sfida”, ci spiegava Valeria riferendosi allo spumante in generale; doppia, considerate le condizioni estreme a cui s'è dovuto far fronte quest'anno.

Dino Buonaiuto

Supporto foto / video: Dino Buonaiuto