Bitonci, la politica delle ordinanze contro il degrado non convince. Padova si riprende la piazza
Interviste Veneto

Bitonci, la politica delle ordinanze contro il degrado non convince. Padova si riprende la piazza

venerdì 12 settembre, 2014

PADOVA, 12 SETTEMBRE 2014 – Il sindaco di Padova Massimo Bitonci è sotto i riflettori ormai da settimane, anzi da mesi. Dal giorno stesso in cui è entrato a Palazzo Moroni a giugno, il primo cittadino leghista non ha smesso di far parlare di sé. La linea dura intrapresa con la “lotta al degrado a Padova” ha sollevato svariate polemiche, ma ora sono i padovani stessi a chiedere al sindaco una diversa sensibilità nei confronti dei problemi della città. Sensibilità che non si manifesti a suon di ordinanze, ma che “punti al coinvolgimento del cittadino”, non alla sua ghettizzazione. Questa è secondo Giovanni Zamponi, studente, la soluzione alla “questione Padova”. Giovanni è uno dei promotori della pagina Facebook “No al degrado”, una specie di piazza virtuale (visto che nelle piazze non ci si può più sedere a terra a parlare) nella quale scambiarsi ironicamente commenti sulla politica dell’amministrazione Bitonci. E che alcuni giorni fa ha dato vita ad una manifestazione in Piazza delle Erbe dove il “degrado” di Padova si è riversato. [MORE]

Giovanni, cosa sta succedendo a Padova?

"Bitonci, appena salito in carica, ha deciso di cercare di risolvere i problemi di questa città con la politica delle ordinanze. Ha così iniziato, in puro stile leghista, ad emanare una serie di ordinanze che andavano a colpire alcuni gruppi sociali ben precisi. Prima c’è stata l’ordinanza contro chi mendica, poi quella contro gli artisti di strada. Ora sono arrivati il divieto di poter bere alcolici la di fuori dei tavolini dei bar, quello di sedersi per terra consumando ad esempio un panino, quello di stendere i panni all’interno del centro e quello di legare le bici al di fuori delle rastrelliere. E’ andato a colpire cose che i padovani fanno di consuetudine e che ora diventano proibite. Questa è la linea del sindaco e noi abbiamo pensato di creare questa pagina Facebbok ironica, chiedendo da un lato a Bitonci se avesse intenzione di proibire tutto e dall’altro ai padovani di dare il loro contributo con video o idee su cosa potrebbe essere bandito”

E qual è l’aria che tira? La pagina ha già raccolto molti consensi...

"Sì, la pagina l’abbiamo creata circa dieci giorni fa e ha già 7.000 “mi piace”. Attraverso i social network quotidianamente raggiunto circa 20.000 persone. Con l’iniziativa dell’altro giorno in Piazza delle Erbe poi stiamo mobilitando tante persone. L’evento è stato importante perché ha portato in piazza, in uno dei luoghi d’aggregazione simbolo di Padova, circa un migliaio di persone. Gente che ha portato con sé tutto ciò che Bitonci bolla come “degrado” e che aveva l’intenzione di far capire che una città ha problemi che vanno affrontati non con le ordinanze, con gli slogan o con gli annunci sui giornali, ma seriamente, parlandone con le associazioni, con i commercianti, con chi rappresenta i principali gruppi sociali della città e cercare di risolvere veramente i problemi. A mio avviso sembra che il sindaco voglia continuare a far finta di essere in campagna elettorale e annunciare iniziative che non possono avere un effetto concreto. Bitonci vuole far diventare Padova una grande vetrina, un grande salotto pulito e ordinato – a momenti obbligherà a mettere anche le pattine per entrare in centro. Non importa se non ci va più nessuno, dopo le 11 di sera Padova si svuota ed è morta, anche i turisti si stupivano di questo".

Tra l’altro è una città universitaria, i giovani sono una delle sue risorse principali…

"Su questo punto anche le amministrazioni precedenti hanno dato parecchio filo da torcere, sia centrodestra che centrosinistra sulla questione la pensano allo stesso modo. Vogliono far finta che Padova non sia una città universitaria e pretendere che i 60mila studenti iscritti all’università, che danno ogni giorno un contributo economico alla città, consumino nei bar, nelle caffetterie, che paghino gli affitti ai proprietari, ma che dopo le 8 di sera spariscano. Non possono divertirsi, non possono avere voglia di cultura, non possono nemmeno trovarsi in piazza e sedersi per terra a chiacchierare. Così non si risolvono le questioni vere. Ci sono stati a Padova problemi legati alla sicurezza o all'ordine pubblico, ma questa non è la via per superarli. Il caso emblematico è quello dei mendicanti: persone che si trovano a dover chiedere l’elemosina rappresentano un problema sociale enorme, che va risolto dando una mano a queste persone, a livello di servizi sociali".

Cosa sarebbe necessario fare?

"Serve una politica che coinvolga il cittadino. Noi, con una pagina Facebook, siamo riusciti a far intervenire e far parlare la gente della propria città. È chiaro che dovrebbe essere in primis l’amministrazione comunale a cercare di coinvolgere i cittadini nelle decisioni. Quello che sta facendo Bitonci invece è ascoltare alcuni gruppi di potere ben precisi. L’ordinanza contro chi consuma alcolici al di fuori dei bar e non sui tavolini evidentemente è un piacere ai proprietari dei bar del centro".

Ma al di là di tutte le dietrologie, Padova è davvero il “degrado” di cui parla Bitonci?

"No, molto è costruito. Una responsabilità molto grossa della costruzione di quest’immagine è dei principali quotidiani locali, che ogni giorno titolano a prima pagina “degrado” o “emergenza criminalità”, quando nella maggior parte si tratta di casi di microcriminalità che sono normali in una città in cui vivono 200mila persone. Il punto è che non si supera la cosa spaventando la gente, invitandola a chiudersi in casa. D’altra parte una città vuota è sicuramente meno sicura di una città piena. Se per esempio devo attraversare un quartiere alle 11 di sera che è pieno di gente, è difficile che mi accada qualcosa. Se lo stesso è vuoto, è probabile che qualche delinquente possa aggredirmi. A Padova è avvenuto proprio questo. Alcuni quartieri che una volta erano molto frequentati, si sono svuotati e sono diventati meno sicuri: un esempio è il quartiere Portello, emblema di quella politica che diceva di voler risolvere il problema sicurezza. È di certo un gioco delle parti, si cerca di non risolvere il problema per poter avere sempre nuovi annunci da fare e mantenere in piedi questo ruolo di “sceriffo”, che gli dà solo una grandissima visibilità ma non ha alcun effetto pratico".

Federica Sterza


Autore
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