Cronaca

Bimbo autistico cacciato dal doposcuola dell’Enaip

Riceviamo e pubblichiamo lo scritto di Stefania* che ci racconta la sua rabbia nei confronti dell’Ente italiano che ha cacciato suo figlio. Per tutelare il bambino e la sua famiglia, Stefania ha deciso di rimanere anonima
Mio figlio Luca* da settembre di quest’anno ha iniziato a frequentare l’asilo della Scuola Italiana Statale “Casa d’Italia” e il doposcuola nel pomeriggio dell’Enaip. Tra poco Luca compirà 5 anni, ma purtroppo ancora non parla, per questo motivo, già dal mese di luglio, io e mio marito ci siamo impegnati a portarlo diverse volte al doposcuola dell’Enaip per farlo abituare, per fargli conoscere l’ambiente e per parlare con chi poi avrebbe dovuto prendersi cura di lui.

Durante questi incontri ho conosciuto la direttrice del doposcuola dell’Enaip, che mi ha rassicurato molto. Vorrei sottolineare che sin dal primo momento siamo stati molto chiari sul problema di nostro figlio, parlandone e spiegando la situazione nel dettaglio, specificando tra le altre cose il fatto che fosse già seguito da una logopedista e da una pedagogista.

A fine settembre ci è giunta la diagnosi del disturbo dello spettro autistico, credo che ogni genitore o chiunque possa immaginare come ci siamo sentiti, insieme alla diagnosi ci siamo ritrovati immersi da tante domande, questioni burocratiche e tanto altro in un Paese a noi ancora non del tutto conosciuto, visto che sono pochi anni che siamo in Svizzera.

Certamente ne ho parlato con le maestre e con la direttrice del doposcuola dell’Enaip e poiché era tardi per chiedere il sostegno, mi sono impegnata, pagandola di tasca nostra, a cercare una terapista che seguisse mio figlio la mattina. Però pagando già la quota per il mattino, non potevo pagare la terapista anche per il pomeriggio, come la direttrice del doposcuola dell’Enaip aveva richiesto. Le ho invece inviato la diagnosi scritta per chiedere ed informarmi della possibilità di avere un aiuto, magari dei sostegni dalla sua associazione.

Ho proposto alla direttrice del doposcuola dell’Enaip di incontrare le professioniste che seguono Luca per ricevere delle indicazioni utili su come comportarsi in determinate situazioni con lui, ma lei si è rifiutata dicendo che era inutile. Un’apertura diversa, invece, c’è stata da parte della direttrice della Scuola italiana “Casa d’Italia”, che ha incontrato sia la pedagogista che la terapista. Considerata la situazione già per noi molto difficile, non riesco a spiegare come mi sono sentita quando, il 22 ottobre, abbiamo ricevuto una lettera (in possesso della redazione) in cui c’è scritto che mio figlio dal 1° novembre non avrebbe più potuto frequentare il doposcuola dell’Enaip. Ma come? Sottolineo ancora che noi siamo stati sin dal primo momento onesti su tutto quel che riguardava il suo problema, senza nascondere mai niente, anzi dando la massima disponibilità e dall’oggi al domani lo cacciano?

Come se avesse una malattia contagiosa! Inoltre con un preavviso di soli dieci giorni! Nel contratto c’è scritto che in presenza di problemi o dell’impossibilità per il bambino frequentare il doposcuola dell’Enaip, ci saranno richiami scritti e verbali, ma noi non abbiamo ricevuto nessun richiamo, anzi, io ho cercato il dialogo perché volevo massima chiarezza su tutto e la risposta è stata questa lettera. Oltre a creare dei disagi a noi genitori, che ci troviamo nella grave situazione di dover trovare un’altra soluzione nel giro di pochi giorni, poiché sia io che mio marito lavoriamo, questo crea anche problemi al nostro bambino che improvvisamente si deve confrontare con una situazione nuova senza aver la giusta possibilità di ambientarsi.

Ho chiamato subito l’Enaip per parlare con chi ha firmato la lettera per dire ovviamente che non potevano fare una cosa del genere, soprattutto con così poco preavviso. Mi sono dovuta davvero impegnare tanto per poter parlare con qualcuno, nessuno voleva prendersi la responsabilità, anzi cercavano a mio parere di scaricare continuamente la responsabilità ad un altro. Quello che mi ha fatto male è stato anche non poter inizialmente parlare con chi ha firmato la lettera, la Vicedirettrice, nel momento in cui sono riuscita finalmente a parlarle e ho chiesto di avere almeno due o tre mesi, il tempo di trovare un’alternativa valida, mi ha detto che mi avrebbe richiamata, ma non ho sentito più niente. Allora ho cercato di contattare il presidente delle ACLI Svizzera e membro del Consiglio dell’associazione Enaip Svizzera per telefono, messaggio ed e-mail, ma senza esito.

Ritengo assurdo e immorale che un ente cattolico italiano possa cacciare in questo modo un bambino con problemi: la discriminazione nei confronti di un bambino, e soprattutto di un bambino autistico, per me è gravissimo.

Non è tanto quello che hanno fatto che mi ha dato fastidio, ma è come lo hanno fatto. Capisco che possano essere in difficoltà con un bambino con tali problematiche, ma che lo caccino con così poco preavviso non è concepibile, perché nessuno ha cercato il dialogo con noi? Perché non hanno avvisato o non ci hanno esposto i loro dubbi?

Di certo io non mando mio figlio dove non è desiderato, ma, anche se adesso abbiamo trovato una soluzione, siamo arrabbiati per il trattamento ricevuto, senz’altro discriminatorio nei confronti di nostro figlio e sicuramente un comportamento che non ci aspettavamo assolutamente da un ente serio da cui invece mi sarei aspettata, se non l’umana comprensione, almeno un minimo di professionalità.

Notizia segnalata da (La pagina)

Stefania