Salute

Biblioterapia, scopi e utilità. Intervista allo Psicologo Angelo Urbano

ROMA, 10 SETTEMBRE 2018 - “La Biblioterapia è uno strumento psicologico che, attraverso la lettura e la scrittura, favorisce la cura di sé e la conoscenza di altri modi di pensare, di vivere e di essere”. È questa la definizione dello psicologo Angelo Urbano riguardo la tecnica che può portare un individuo ad acquisire consapevolezza di se stesso e capire, attraverso la lettura di testi appropriati, quali difficoltà psicologiche non gli permettono di vivere serenamente la propria vita.

Una volta individuati sintomi e cause, lo step successivo sarà quello di affrontare in modo concreto il disagio psicologico o sociale, attraverso un percorso psicoterapeutico volto a superare le difficoltà, che permetta al soggetto di fare propri e quindi trarre utilità dai differenti modi di pensare e vivere appresi dalla lettura.

 

Dottor Urbano, lei è autore del testo di divulgazione scientifica ‘Prescrivimi un Libro’. Brevemente, potrebbe spiegare quali sono i benefici psicologici della Biblioterapia?

“La biblioterapia è una tecnica terapeutica che, con l’ausilio della lettura o scrittura di un testo, aiuta il soggetto a superare particolari eventi traumatici della vita, a comprendere parti di sé ancora sconosciute o a gestire situazioni di stress psicofisico. Con un effetto a cascata il piacere di leggere attiva tutta una serie di benefici fondamentali per lo sviluppo emotivo e mentale. La lettura aiuta ad allargare gli orizzonti e mette direttamente in contatto con idee, persone, situazioni e luoghi che altrimenti non sarebbero conoscibili in prima persona. La lettura, inoltre, sviluppa il pensiero inducendolo al ragionamento e accresce contemporaneamente l’immaginazione, trampolino di lancio per un’azione creativa nella vita. La traduzione delle proprie esperienze in forma narrativa può avere notevoli benefici terapeutici in quanto fornisce al paziente l’opportunità di costruire e di attribuire un senso più strutturato alla propria vita”.

 

In che modo avviene l’introspezione? È necessaria soltanto la lettura di alcuni testi consigliati dal terapeuta?

“Il terapeuta, in base alla propria esperienza di lettore può proporre dei testi di riferimento in cui sono affrontate le tematiche sulle quali il paziente è più sensibile o che percepisce come fonte di disagio. Nulla vieta, però, che specularmente anche il paziente possa offrire un contributo letterario che lo ha particolarmente colpito e sul quale desidererebbe elaborare in maniera più approfondita le emozioni provate. La lettura, con i suoi tempi, consente una sosta e un periodo di riflessione, indispensabili per entrare in contatto con la propria interiorità, per scoprire e prendersi cura del proprio Sé e per aprirsi alla relazione con gli altri, suggerendoci una molteplicità di incontri, di storie, di mondi possibili. Questa importante attività mentale favorisce la conoscenza di altri modi di pensare, di vivere e di essere e allena a cogliere sfumature di sentimenti in grado di far risuonare la varietà delle emozioni del mondo interiore”.

 

 


Quali sono i disagi per i quali si ricorre alla Biblioterapia?

“La lettura e la scrittura possono aiutare ad elaborare e gestire diverse problematiche: dalle pene d’amore alle sofferenze per una malattia, dai percorsi alla ricerca di se stessi alla condivisione delle emozioni, dal confronto sociale fino alle separazioni o lutti. La biblioterapia, però, non è necessariamente applicata solo al settore psicoterapeutico, ma può essere utilizzata anche in altri ambiti, come è testimoniato dalle esperienze progettuali in contesti di restrizione carceraria, scolastici o prettamente clinici”.


In base a quali caratteristiche, o difficoltà del soggetto, si preferisce la scelta di una tecnica basata sulla lettura o una sulla scrittura?

“La preferenza per l’utilizzo di una pratica piuttosto che dell’altra dipende in massima parte dalle abitudini del paziente. Rispetto alla scrittura sicuramente la lettura rappresenta uno strumento di fruizione più immediato. Chiedere ad un individuo che non si è mai cimentato con la penna potrebbe, a primo impatto, risultare quasi un’azione forzata. In realtà posso assicurare che, oltre alla parola letta, cimentarsi in quella scritta può riservare piacevoli sorprese anche per chi non è avvezzo a questa pratica. Dopotutto l’intento non è scrivere un grande romanzo ma, più semplicemente, trasferire su carta i propri pensieri ed emozioni poiché l’atto del raccontare fornisce l’opportunità di creare, anche inconsapevolmente, un differente punto di vista della vita e quindi di se stessi”.

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Quali utilità possiamo trarre dalle pagine di un libro?

“Il potere della lettura apre infinite strade verso i tesori dello spirito consentendo di raggiungere una profonda comprensione della vita e della gente, in modo da offrire a noi stessi la più ampia possibilità di scelta. Un buon libro dà la possibilità di appropriarci del modo di pensare dell’autore, di provare le sue stesse emozioni e di usarne l’immaginazione. Il mondo interiore incontra il mondo creato dallo scrittore contribuendo ad un proficuo arricchimento personale. Leggere o scrivere possono davvero consentire di (ri)trovare un equilibrio psichico, o essere utilizzati come fonte di auto-aiuto, ricerca della propria identità, come strumento di crescita personale fino a giungere ad un momento di vera e propria catarsi”.

 

Dopo quanto tempo, e in che modo, si possono scorgere nel paziente risultati soddisfacenti sulla presa di coscienza di sé?

“Come ogni fenomeno psichico, i cambiamenti avvengono in base ad una variabilità del tutto personale. Ci sono percorsi di analisi più veloci, altri meno rapidi. Molto dipende dalla scelta di letture mirate alle capacità cognitive del paziente ma, soprattutto, è necessario che, anche soltanto attraverso la lettura di un breve verso, si inneschi una reazione emotiva che provochi, a sua volta, un’elaborazione più approfondita del proprio percorso di vita. Alcuni esperimenti pionieristici in questo campo hanno prodotto risultati notevoli a distanza di brevissimo tempo dalla somministrazione di brani letti o scritti”.

 

Nella nostra chiacchierata conoscitiva, lei ha affermato che per qualsiasi disturbo, carenza, bisogno, i libri curano, confortano e nutrono. Potrebbe approfondire questo concetto?

“Mi è sempre piaciuto considerare i libri come dei veri e propri “amici” fedeli e inseparabili, soprattutto in momenti di sconforto e di solitudine. Attraverso il libro inavvertitamente parliamo di noi e ogni lettura non è altro che la decifrazione di una parte diversa di noi stessi. Spesso, infatti, i malesseri dell’anima, i disagi emotivi ed affettivi non dipendono necessariamente da vere patologie, quanto piuttosto dal negare spazio alle proprie esigenze interiori e dal bisogno di dare un senso alla propria vita. I libri come farmaci, dunque. Speciali medicine dell’anima in grado di curare ferite e lenire dolori interiori che, spesso, causano sofferenze maggiori di quelle fisiche”.

Si ringrazia il Dottor Angelo Urbano

Luigi Cacciatori

Immagine da: labiblioterapia.wordpress.com