Berlusconi rilancia Forza Italia senza Alfano: «Differenze fra singole persone»
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ROMA, 16 NOVEMBRE 2013 - Il fatidico giorno alla fine è arrivato. Silvio Berlusconi si è presentato questa mattina al Palazzo dei Congressi di Roma e, con un discorso durato circa un’ora e mezza, ha sancito la scomparsa del Pdl ed il rilancio di Forza Italia.[MORE]
«Siamo qui per la dipartita del Pdl un nome che potrà essere usato per la coalizione di centrodestra. Si ritorna a Forza Italia» ha detto inizialmente il Cavaliere dinanzi una nutrita platea di fedelissimi che lo ha accolto, come ai vecchi tempi, sulle note dell’inno “Azzurra libertà”.
Eppure è una platea dove a pesare in modo acuto sono in realtà gli assenti. Proprio così, perché la rinascita di Forza Italia costa all’ex premier dei dinieghi pesanti quanto a lui affettivamente cari. Nella fattispecie l’abbandono dalle sue fila dell’ex delfino Angelino Alfano e con lui di tutta quell’ala di ministri e parlamentari Pdl che se in questi ultimi mesi sono stati etichettati come filo-governativi, adesso costituiranno alla Camera e al Senato il “Nuovo Centrodestra”.
Un cambiamento questo che, se fino a qualche tempo fa risultava inimmaginabile, adesso segna un passo decisivo verso nuovi ed importanti scenari politici. E Berlusconi ne sembra consapevole, tanto da invocare da un lato un serrate le fila aprendo alle nuove generazioni, «ora abbiamo bisogno di giovani, di rinforzi» ha affermato l’ex premier, dall’altro un trattamento di riguardo verso chi seppur «ha preso altre direzioni, dobbiamo trattare nello stesso modo con il quale abbiamo rapporti con la Lega e Fratelli d’Italia».
Insomma, “Alfano&company” saranno pure dei “traditori”, come qualcuno urla a squarcia gola nella sala dell’Eur, ma non ci si può permettere il lusso di farli diventare dei nemici alla stessa stregua del Pd. D’altronde i numeri parlano chiaro e come osserva sempre il Cavaliere «dopo la decisione di 23 nostri senatori il 2 ottobre (giorno della mancata sfiducia) non eravamo e non siamo più in grado di far cadere il governo». Già perché se l’ex premier motiva la divisione con Alfano «dovuta a distanze personali» alla resa dei conti la questione essenziale di tale spaccatura gioca attorno ad un unico punto politico: il sostegno al governo Letta anche nel caso in cui il Parlamento si pronunciasse a favore della decadenza del Cavaliere.
Una questione questa sulla quale Berlusconi si dimostra, come lo è sempre stato assieme ai falchi, irremovibile: «La nostra responsabilità di governo deve essere premiata ma è molto difficile – continua – essere alleati in Parlamento e sedere allo stesso tavolo in Cdm con chi vuole uccidere politicamente il leader di un partito».
Ecco allora le nuove linee guida per la rinata Forza Italia: opposizione ad un governo colpevole, secondo il Cavaliere, di politiche economiche fallimentari, «non possiamo pensare che leggi finanziare come l’attuale legge di stabilità possano portare ad alcun minimo risultato», no all’euro perché «per noi l’euro è una moneta straniera. Il governo deve andare in Europa a ridiscutere il fiscal compact, bisogna cambiare la missione della Bce e questa politica di austerità».
Ma come sempre nel suo lungo quanto affaticato discorso, il Cavaliere sul finire dell’ intervento è apparso visibilmente stanco tanto da subire un piccolo mancamento, non è mancato il solito cavallo di battaglia: l’attacco alla magistratura. «In Italia c’è una magistratura incontrollabile e incontrollata, una magistratura irresponsabile che fruisce di una assoluta impunità. Abbiamo fatto riforme importanti, ma – continua Berlusconi – non siamo mai riuscit a fare una riforma della giustizia».
Poi, dopo un altro piatto forte della casa, ovvero le svariate accuse contro il comunismo definito come «l’ideologia più criminale e disumana della storia», l’ex premier attacca il Pd: «Ha voluto che il voto della Giunta per le elezioni e dell’Aula si compisse in pochissimi giorni. Perché questa fretta? Non l’abbiamo nemmeno capito, a meno che non vogliano portare la testa del leader del centrodestra su un piatto d’argento».
Ecco allora che la sentenza Mediaset sembra solo un brutto ricordo e la legge Severino del tutto insensata. Dunque, l’appello finale: «Torniamo a “Forza Italia” perché noi siamo degli inguaribili ottimisti e ci riproviamo ancora, perché vogliamo una nuova primavera per Forza Italia, una resurrezione di un nome che abbiamo dentro il cuore». E giù gli applausi della platea con Renato Brunetta che legge il nuovo documento di partito, approvato all'unanimità, e l'inno di "Forza Italia" a risuonare: come ai vecchi tempi.
(Immagine da repubblica.it)
Giovanni Maria Elia