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BENEVENTO, 15 DICEMBRE - Un detenuto del carcere di Benevento si è tolto la vita la scorsa notte nella sua cella. L'uomo era da tempo recluso nel reparto di Osservazione mentale del penitenziario, in quanto aveva reiteratamente mostrato i segni di una forte depressione.[MORE]
Il trentanovenne, proveniente dalla provincia di Napoli, era stato condannato all'ergastolo.
Nel corso della notte si è chiuso nel bagno della propria cella e si è servito di un cordoncino sfilato dai pantaloni della tuta per legarsi alle inferriate della finestra ed impiccarsi. A dare l'allarme è stato il compagno, che al risveglio ha avverito le guardie del penitenziario. Per l'uomo, tuttavia, non c'era più nulla da fare.
Quello di oggi è solo l'ultimo di una lunga serie di suicidi che tristemente caratterizzano la quotidianità delle carceri italiane. Le celle dei penitenziari della penisola sono strapiene, e contano oltre 55mila detenuti a fronte di una capacità di poco più di 50mila posti.
Tra carenze di medici, malasanità, ricorso indisciminato agli psicofarmaci, condizioni igienico-sanitarie ben al di sotto degli standard di civiltà, la quotidianità in carcere è ben lontana dal rappresentare una possibile via per la rieducazione del detenuto, e sempre più spesso è costellata di episodi violenti e tragici.
Martedì sera, nel carcere di San Vittore, a Milano, un ventenne marocchino incarcerato per rapina (avrebbe terminato di scontare la sua pena nel 2020) si è tolto la vita. Meno di una settimana fa, un altro episodio a Roma, penitenziario di Regina Coeli: a suicidarsi, stavolta, un detenuto proveniente da Terni.
Ed è proprio in questo scenario drammatico che si inseriscono le sentenze della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Nel gennaio 2013, i giudici di Strasburgo hanno condannato l'Italia per trattamento inumano di 7 detenuti, ai quali lo Stato fu costretto a pagare 100mila euro per risarcimento di danni morali. E non è dato escludere altre pronunce condannatorie, in futuro.
Paolo Fernandes
Foto: vocedelgargano.it