Cronaca
Benedetta Parretta: “sopravvissuta perché la pistola si è inceppata!“
Riceviamo e pubblichiamo Sopravvissuta si, ma vittima quanto il nostro Giuseppe che non c’è più.
Una vicenda assurda, surreale, eppure ancora oggi la vivo come ieri…
Ho visto mio fratello morire per mano di un balordo, ho visto che faccia ha la morte, quando lui ha puntato la pistola anche contro me ed Ester.
Per fortuna si è inceppata.
Cos’è cambiato da quel freddo, e poi gelido pomeriggio ad oggi?
Nulla.
Quei brividi diversi che ho sentito nelle mie ossa ogni volta che ho attraversato quei lunghi corridoi di tribunale nell’attesa di testimoniare, quell’unico brivido che mi ha bloccata quando testimoniavo, e sentivo lui che inveiva contro me e mia madre chiamandoci bugiarde, mentre io raccontavo la verità.
Cosa c’è ancora da aspettare, cosa c’è da discutere se quella sera c’erano quattro testimoni?
Non c’è stata alcuna lite.
Lui è entrato ed ha sparato.
Ricordo la freddezza nei suoi occhi, la sua decisione e la sua precisione con ha ucciso.
Nessuna emozione, non si è nemmeno curato della presenza mia e di mio fratello Paolo, sopravvissuti certo, ma che morivano insieme ad un fratello che ci ha lasciati da eroe.
È difficile spiegare questo dolore.
Perdere un fratello in quella maniera, atroce e brutale, lo vivi dentro e basta.
Lo stesso dolore che ogni giorno vedo negli occhi di mia madre, nei suoi lunghi silenzi, persi nella sua stanza, e mai ritrovati.
Sono diventata maggiorenne da poco e posso finalmente scrivere ciò che penso, ciò che sento, raccontare ed esprimere le mie emozioni, il mio dolore, il ricordo di una tragedia che mi ha segnata per sempre, ma che mi ha fatta diventare improvvisamente più grande.
“SOPRAVVISSUTA” anche a tutto il male che ho visto dopo.
Ho anche ascoltato tutte le minacce che ha continuato a subire mia madre, e a volte mi chiedo da dove le venga fuori tutta questa forza.
Credo si tratti di amore, amore puro.
E sicuramente Giuseppe continua a proteggerci da lassù.
Il 25 novembre l’ho preparato tante volte nella sede di mia madre, e oggi lo vivo da protagonista perché mi sono sentita violata proprio dalle istituzioni che non ho visto!
Mia madre parlava del progetto Dafne.
Non esiste nulla, nessun sportello, solo giganti di cartone che si riempiono la bocca di diritti umani, nessuna tutela per le vittime di reato, né per i familiari di essi, di cui nessuno parla.
Di sicuro da grande voglio diventare come mia madre, una donna con dei valori, e se sarà necessario morire da eroe come mio fratello, con coraggio e grande dignità.
Chiedo in questo appello, giustizia per mio fratello, a cui è stata spezzata la sia giovane vita con tutti i suoi sogni, chiedo giustizia anche a nome di mio fratello Paolo che aveva solo 12 anni, a cui è stato “regalato” questo dolore gratuito.
Sopravvissuti si, ma morti dentro.
Il 5 dicembre mi ritroverò di nuovo a vedere in faccia l’assassino di mio fratello, e spero tanto che sia il giorno di in una condanna esemplare.
Affinché possa continuare a credere nella giustizia, e mi venga restituita la speranza strappata quel 13 gennaio del 2018, di in un futuro di legalità e giustizia, in cui credo ancora.
Nessuno mi potrà mai restituire Giuseppe, ma qualcuno almeno, mi “renda l’anima”.
Benedetta Parretta