Cronaca

Autovelox e privacy: il comune deve risarcire i danni per «turbativa della pace familiare»

FIRENZE, 04 MARZO 2013- L’applicazione corretta del Codice della Strada e del suo sistema sanzionatorio è uno dei problemi maggiormente attuali e sentiti da tutti gli automobilisti, specialmente per quanto riguarda l’utilizzo di sistemi autovelox per la rilevazione della velocità da parte delle Forze di Polizia. Per questo principio la Corte di cassazione, con la sentenza 5023 del 28 febbraio 2013, ha sancito che per la violazione della riservatezza il Comune è responsabile dei danni arrecati all’automobilista fotografato mentre infrange i limiti di velocità con a bordo dell’autovettura una donna estranea al nucleo familiare ed il verbale è notificato al coniuge del trasgressore presso l’abitazione. Pertanto, è errata la decisione della Corte di Bologna di “estraneità” del Comune dalle conseguenze illecite dell’operato dei vigili, rinviando il tutto alla Corte d’appello di Bologna per il nuovo giudizio.

Il fatto riguardava un’automobilista che ha chiesto la condanna al risarcimento del danno alla riservatezza. Le foto dell’auto oggetto della presunta violazione, erano state consegnate illegittimamente nelle mani della moglie. Tale comportamento configura «una turbativa della pace domestica e familiare». Il Comune respingeva le accuse per carenza di legittimazione e il tribunale ha omesso l’eccezione sul rilievo che i dipendenti della polizia municipale erano evocabili al fine di fondare una responsabilità dell’ente, accogliendo la domanda. Nella sentenza della prima sezione civile si legge che «la fissazione in capo al Comune e al suo personale di polizia dei compiti di accertamento delle violazioni del codice della strada all’interno del territorio comunale e di effettuazione della loro contestazione nelle forme di legge è frutto di una attribuzione legale.

Rientra nei compiti della polizia municipale l’accertamento delle infrazioni al Codice consumate nel territorio comunale, anche se fuori del centro abitato, posto che l’articolo 11 Cds che demanda al ministero dell’Interno i servizi di polizia stradale, con la sola salvezza delle attribuzioni dei comuni per quanto concerne i centri abitati, attiene alla direzione e predisposizione di tali servizi, nonché al loro coordinamento, ma non alla delimitazione delle competenze della polizia municipale, che è regolata dagli articoli 3, 4, primo comma, n. 3, e 5 della legge 3 luglio 1986, n. 65 con riferimento all’intero territorio dell’ente di appartenenza». Insomma, la riferibilità delle conseguenze dannose ex articolo 2043 Cc dell’agire degli agenti è poi evidente alla luce del disposto dell’articolo 28 della Costituzione e 2049 Cc».

Per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, in uno Stato sempre più interessato alla tutela dei propri interessi patrimoniali, più che alle reali esigenze di difesa e protezione dei diritti fondamentali del cittadino sanciti dalla nostra Costituzione, ci si trova giornalmente vittime di abusi e soprusi che ci privano dei più semplici diritti trasformandoli, talvolta, addirittura in onerosi doveri. La Privacy in quanto diritto fondamentale, deve trovare tutela in ogni ambito dell’ordinamento legislativo Italiano, e pertanto anche nell’applicazione del Codice della Strada. Pertanto la sentenza della Suprema Corte ha consentito di riappropriarci dei nostri diritti fondamentali nel rispetto delle normative vigenti.[MORE]


(notizia segnalata da giovanni d'agata)