Cronaca

Greenpeace a Palazzo Chigi: “Il clima cambia. La politica deve cambiare”

ROMA, 6 DICEMBRE 2011 – Stamattina all’alba gli attivisti di Greenpeace si sono recati davanti Palazzo Chigi srotolando striscioni e foto dell'alluvione di Genova dello scorso 4 novembre. Altri attivisti hanno scalato due lampioni di fronte alla sede del governo con il messaggio: "A Durban salviamo il clima".[MORE]

Gli attivisti si riferiscono alla manifestazione sul clima in atto ora in Sudafrica dove si decideranno le sorti ambientali del pianeta e dove parteciperà, nella giornata di oggi, il ministro italiano dell'Ambiente Corrado Clini. «Esortiamo il ministro Clini e il nuovo Governo a cambiare la politica climatica del Paese. Un primo banco di prova, oltre a quanto il ministro saprà fare a Durban, sarà la difesa degli incentivi alle rinnovabili. Il sostegno pubblico per questo settore è un investimento del Paese per il futuro occupazionale e ambientale. Le lobby delle energie fossili sono da tempo attivamente impegnate a frenare la crescita delle energie pulite: per questo il governo deve approvare con celerità, trasparenza e razionalità i nuovi decreti attuativi, per garantire – ha dichiarato Salvatore Barbera, responsabile della campagna Clima e Energia di Greenpeace Italia - stabilità e sviluppo al settore delle fonti rinnovabili».

In contemporanea con la protesta di Greenpeace, due attori hanno messo in scena la rappresentazione della politica che si rifiuta di cambiare: vestiti e truccati come se fossero in un film in bianco e nero, hanno risposto alle domande dei giornalisti come se il problema del caos climatico non li riguardasse.

Inoltre, accanto agli striscioni, anche una foto dell’alluvione di Genova dello scorso 4 novembre. «Quest'autunno la nostra penisola è stata martoriata, da Nord a Sud, da una serie di tragiche alluvioni che hanno causato la morte di decine di persone e miliardi di euro di danni - ha spiegato Barbera - questi sono chiari segnali che i cambiamenti climatici stanno avendo un effetto sempre più grave alle nostre latitudini e sul nostro Paese. Questi sono i segnali che la politica deve ascoltare».

Marika Di Cristina