Cronaca

Assotutela indaga sulla malasanità nel nostro Paese

BARI, 04 FEBBRAIO 2013- Succede sempre. Slogan altisonanti, (alcuni azzeccati altri meno), sorrisi accattivanti, qualche ghigno, molti sguardi seri che guardano al futuro, maniche di camicia alzate, cravatte regimental, completi sartoriali e promesse.
Tante, tante promesse. Promesse agli italiani, promesse al Paese, promesse fatte al telefono a quel vecchio amico che….
Ma non sarà che siamo in periodo di elezioni? Non sarà che quel sorriso, quello sguardo e quel tono accondiscendente celano una fame di potere, di soldi, di “sedie” e privilegi?
I problemi non nascono solo prima delle elezioni, i problemi dell’Italia, quelli veri, di tutti i giorni, quelli che rendono la qualità della vita di tutti sempre un po’ meno accettabile, sono lì, sotto gli occhi di tutti, anche i loro, gli occhi degli “eletti”, mentre loro sono al ristorante o in qualche chalet di Courmayeur.
Dovremmo essere stanchi ormai di farci ammaliare da queste cose, dovremmo pretendere ora di vedere quelle promesse, tutte, evase. Finalmente.
Dovremmo chiedere giustizia e che la voce, la voce di tutti, sia quantomeno ascoltata.
Sono troppi i casi di malagiustizia, malaeconomia, malapolitica, ………, malasanità che minano questo Paese nelle sue fondamenta, toccando i nervi scoperti di quegli uomini e quelle donne che nell’Italia ci hanno creduto e vogliono crederci ancora.

Un esempio.
Roma, 14 ottobre 2011
Oggetto:
procedimento penale è il numero 1137/11 R.G.N.R. (procura di Tivoli )
Scrivo a seguito di un tragico esempio di malasanità, a seguito del quale mia madre è deceduta l’8 febbraio 2011.
Di seguito cercherò di riassumere in breve le circostanze che hanno portato mia madre alla morte.
Mia madre è stata ricoverata il 21 dicembre 2011 al Pronto soccorso Casilino per rottura del femore dx e perdita di conoscenza per un numero di ore imprecisato.
Operata il 23 dicembre al Casilino, le viene inserita una protesi alla testa del femore.
Mia madre esce dall’operazione in buone condizioni.
Nei giorni successivi risponde bene alle terapie. Dopo poco più di 10 giorni (da considerare anche le festività natalizie e Capodanno di mezzo) viene trasferita il 4 gennaio al Nomentana Hospital in attesa di trasferimento in Puglia presso altra struttura analoga.
In Puglia perché mio fratello è residente in Puglia e, avendo trovato una struttura sanitaria piccola ed efficiente vicino casa, si era pensato di comune accordo che la cosa migliore per nostra madre sarebbe stata quella di essere trasferita lì, per poter godere della vicinanza di almeno uno dei figli e dei nipoti alla quale era molto legata.
Entrata il 4 gennaio non viene visitata dalla fisiatra fino al 7.
Presso il Nomentana Hospital viene più volte sedata, mai idratata, comincia a non mangiare.
Non viene mai fatta fisioterapia.
Sottolineo questa mancanza perché mia madre era stata trasferita, in buone condizioni, per fare una fisioterapia post-intervento. E non per lunga degenza.
Più volte il Nomentano Hospital riesce a far “saltare” il trasferimento di mia madre presso la struttura sanitaria trovata da mio fratello, fino ad arrivare ai primi di febbraio.
Tengo a precisare che nel frattempo i medici del reparto e il chirurgo continuavano ad asserire che lo stato di mia madre era nella norma senza nessun particolare problema. Intorno al 23 gennaio mi informano che devono procedere alla pulizia del decubito, dicendomi di non preoccuparmi perché è nella normalità ed è solo per far stare meglio mia madre.

Mi viene più volte comunicato che il decubito non è particolarmente grave ma che va comunque pulito.
L’operazione viene eseguita, come da testimonianza delle pazienti della stanza di mia madre, sul letto della camera per più di un’ora.
In seguito all’operazione non viene fatta nessuna terapia antibiotica e a me viene riferito che va tutto bene.
Il 3 febbraio il primario del reparto autorizza il trasferimento in auto privata da Roma a Brindisi, insistendo che non c’è assolutamente bisogno di procedere al trasferimento con autombulanza (autombulanza da me già contattata e con cui ero rimasto d’accordo di dover comunicare solo se c’era bisogno di un medico a bordo oltre l’infermiere).

In seguito alle rassicurazioni del primario, mio fratello parte dalla Puglia insieme alla moglie per venire a prendere nostra madre e trasferirla il giorno seguente presso la clinica scelta.
Il 4 febbraio le condizioni di mia madre peggiorano ulteriormente in maniera incomprensibile.
Non risponde a sollecitazioni, non ha voce, ha sangue in bocca rappreso che nessuno ha pulito. I medici chiamati da noi, dopo lunga attesa visitano mia madre e continuano a garantire che la paziente può essere trasportata in auto privata.

La mattina di sabato 5 febbraio, alle ore 7.30 io, mio fratello e sua moglie siamo in ospedale pronti per trasferire mia madre la quale: non è stata né idratata con flebo (come ci era stato assicurato dai medici) per farle affrontare al meglio il viaggio, né era stata vestita (aveva inspiegabilmente addosso solo la vestaglia!).
Al momento di partire noi ci accorgiamo che mia madre non è in condizioni di essere trasferita da nessuna parte, tantomeno con auto privata.
Chiamiamo immediatamente la Croce Bianca per un trasferimento al Casilino (da dove era stata dimessa e trasferita un mese prima) e i carabinieri per far redigere un verbale inerente alla situazione.
Al momento dell’arrivo dell’ambulanza presso il Nomentano Hospital non c’è nessun medico, tanto che il personale dell’ambulanza è costretto a girare per il reparto prima di trovarne uno.
Al Casilino i dottori del Pronto Soccorso ci comunicano che mia madre è stata ridotta in fin di vita, ha un decubito largo più di un palmo e profondo quattro dita, tanto che le ossa del bacino e della spina dorsale sono visibili.

L’infezione del decubito (che non sarebbe mai dovuto arrivare a quello stadio perché mia madre doveva fare fisioterapia e perché, trovandosi in una struttura riabilitativa, doveva essere quantomeno curata) era andata in circolo e aveva avvelenato il sangue, a maggior ragione perché non erano mai state fatte flebo per idratarla o terapie per combattere l’infezione.
Al Casilino lei è arrivata con il 90% di disidratazione.
I dottori del Pronto Soccorso, una dottoressa in particolare, quando ha avuto il quadro chiaro della situazione, ha chiamato subito il Nomentana Hospital che ha tentato di scaricare su di loro (il Pronto Soccorso Casilino) le responsabilità.
Mia madre è morta martedì 8 febbraio.
Il 18 febbraio u.s. il nostro avvocato ha depositato una denuncia nei confronti dei medici del reparto del Nomentana Hospital di Roma, primario in testa, per omicidio colposo.
L’episodio di mia madre, per quanto mi abbia colpito personalmente e quindi io lo ritenga un caso grave nella sua unicità, è uno dei tanti scandalosi episodi che vanno ben oltre la malasanità.
Inoltre, trattandosi di una persona anziana, diventa ancora più difficile riuscire a farsi ascoltare.
Per gli anziani è difficile che si facciano guerre.
Da parte mia, essendo abituato a non arrendermi e a schierarmi sempre con il più debole, qualora questo abbia la ragione dalla sua parte, sono pronto a mettere la parola fine solo quando ci sarà giustizia per mia madre e per tutti gli anziani che vengono considerati unicamente dei numeri.
Avendo assistito quotidianamente mia madre posso garantire che un tale comportamento non è il risultato di eventuali tagli alla sanità: il personale presente era sufficiente per garantire una assistenza adeguata. Il problema va ben oltre, coinvolge la responsabilità dei singoli, ognuno in modo univoco.

Tanto è vero che, nel caso del Policlinico Casilino, l’assistenza è sempre stata ottimale contraddistinta da professionalità e umanità. Se il problema fosse stato “i tagli”, la situazione del Casilino sarebbe stata analoga a quella incontrata al Nomentana Hospital.
Durante il periodo di degenza di mia madre al Nomentana Hospital (un mese) nella sua stessa camera si è verificato un caso di decesso e altri due casi analoghi a quello di mia madre, ovvero il trasferimento d’urgenza voluto dai familiari dei degenti in altra struttura per peggioramento delle condizioni.
La sorte di quei due casi non mi è nota.
per il momento ci riserviamo di non fare il nome della vittima)[MORE]

(notizia segnalata da Ufficio Stampa Assotutela)