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CAGLIARI, 07 NOVEMBRE 2012 – Adottate misure speciali di sicurezza per la manifestazione di “Consulta rivoluzionaria”. Il palazzo della Regione, in via Roma, è stato praticamente blindato e chiunque avesse voluto accedere alle adiacenze si è dovuto sottoporre ad un controllo personale.
I manifestanti si definiscono “Assemblea del popolo sardo” Il fine è delegittimare la presente classe politica e, nello specifico, si legge in un volantino, “mandare a casa tutti i politici responsabili del fallimento della Sardegna”. [MORE]
Si propongono come "nuova politica" ed escludono ogni accordo con partiti o sindacati tradizionali che a loro avviso hanno storicamente fallito.
Il gruppo è variegato e i membri provengono da tutta l'isola: movimenti indipendentisti, pastori, studenti, commercianti, artigiani e, non potevano mancare, le delegazioni dei lavoratori di Portovesme e della Carbosulcis ed i rappresentanti del movimento anti-Equitalia (“Movimento per la Gente”) i quali, in un comunicato, fanno sapere che “Equitalia è ormai causa di conclamata mortificazione del tessuto socio produttivo sardo. Riteniamo che il mandato del Presidente Cappellacci debba volgere al termine. Con tale segnale forte di contrapposizione si potrà incentivare il governo Monti a sciogliere gli indugi che ormai suonano come inadempienza assordante, mentre un popolo in agonia continua ad alzare il grido di dolore conseguente alle vessazioni”.
Oltre a tanti ragazzi e ragazze, erano presenti anche i “Figli della crisi”, giovanissimi tra i 18 ed i 22 anni provenienti dal Sulcis, che dichiarano fermamente di non volere «andare da qualche altra parte del mondo a lavorare vogliamo rimanere nella nostra terra».
La sede cagliaritana del Movimento 5 Stelle, pur non partecipando attivamente alla manifestazione, ha espresso sintonia su alcuni temi. “Rilanciando la nostra agricoltura si darebbe vita a un circolo virtuoso i cui effetti più evidenti sarebbero la sovranità alimentare, lo sviluppo locale, un aumento considerevole dei posti di lavoro, il recupero della biodiversità e dei saperi locali, nonché la drastica riduzione delle emissioni nocive dovute all'importazione di derrate alimentari". E ci si augura che "se sapremo ripartire dalla Sardegna, dai suoi tanti problemi, ma anche dalle sue infinite potenzialità naturali e culturali, potremo fare della nostra terra il laboratorio politico ideale di un nuovo modello di civiltà”.
L'appuntamento era per le 10 e intorno alle 11 si era attorno a 400 presenze, un'ora dopo si parla di due migliaia e, alle 13, si arriva a tre. Si sono appesi 14 cappi, uno per ogni colpevole della dura situazione isolana, dalla Regione alle banche, passando per Mario Monti, attuale presidente del consiglio. Non sono mancati i momenti di tensione, come quando un gruppo di donne manifestanti ha tentato di forzare il cordone della polizia a difesa del Palazzo della Regione per accedervi.
È stato allestito un palco destinato ad accogliere gli interventi dei rappresentanti delle varie categorie, sul quale è stata affissa la scritta “sovranità: alimentare, fiscale, energetica, ambientale”.
Ad iniziare è stato Felice Floris, capo del Movimento dei pastori sardi, che ha richiamato provocatoriamente alla necessità, nei confronti dei politici, di un «un tribunale politico per giudicarli e processarli. L'accusa è il disastro: non sono stati capaci di trovare soluzioni per le istanze di agricoltori e pastori, né per i commercianti. Hanno permesso che l'ultimo residuo di industria non produca più nulla, lasciando danno economico irreversibile. Abbiamo la fine delle università, la chiusura delle case dello studente. Ci candidiamo a gestire la politica e l'emergenza».
Antipolitica o politica? Da una parte si definisce comunemente “antipolitica” un'associazione o una manifestazione che contesti la capacità quando non la legittimità della politica istituzionale in toto.
Dall'altra, è innegabile che movimenti come questo si occupino di problemi più concreti che non la politica ufficiale la quale, almeno da come si presenta, sembra essersi avvolta in sé stessa ed allontanata dalla realtà, come se governasse un Paese nel Paese, abitato dai suoi componenti.
Dopo circa un ventennio di politica italiana sempre più “giudiziaria”, imperniata sull'offesa o sulla difesa, il governo dei tecnici, anche per via della sua refrattarietà alla retorica ed ai bizantinismi, non sembra dare risposte soddisfacenti ai cittadini, molti dei quali, comunque, vogliono ignorare quale situazione questo governo abbia trovato. Al punto di lasciare raccogliere i frutti del malcontento a chi, in misura variabile, ha creato il disagio attuale.
Non è arduo immaginarsi cittadini stanchi di vedere gli esponenti della politica istituzionale occuparsi di temi come le alleanze tra i vari partiti o la modifica dei tempi della prescrizione, ed anche questioni più importanti, come la legge elettorale, ma che comunque non possono non passare in secondo piano quando ci si trova a qualche passo dal baratro.
A questo si aggiunga la percezione, che si fa sempre più autorevole, di una politica mondiale sussidiaria dell'alta finanza, globale ed inarrestabile, che sembra abbandonare le piccole realtà e l'economia reale.
Rispondere alle istanze come quelle proposte dal movimento e dalla folla che oggi manifesta a Cagliari potrebbe essere la scommessa della politica di domani, una politica che per la prima volta in Italia si occupi dell'immenso cumulo di problemi che sono sul punto di soffocare un Paese al bivio.
(in foto: l'intervento di Felice Floris, fonte: ansa).
Marco Secci