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Arbitri minacciati con pallottole. Nicchi: "violenza da non sottovalutare"
ROMA, 5 APRILE - “La violenza non può essere sottovalutata” è categorica la denuncia di Marcello Nicchi, Presidente dell’Associazione Italiana Arbitri, nel corso della conferenza stampa straordinaria svoltasi, in data odierna, alla presenza del Comitato Nazionale e dei designatori degli arbitri nazionali. "All'Associazione italiana arbitri sono arrivati plichi con pallottole indirizzate a me, al vice presidente e al designatore Rizzoli. È un fatto nel dominio della Digos e all'attenzione del Viminale e del ministro degli Interni". Poco più di dieci giorni fa, nella sede dell’AIA di Via Campania a Roma, indirizzate al Presidente Marcello Nicchi, al Vicepresidente Narciso Pisacreta e al designatore Nicola Rizzoli, sono stati fatti pervenire dei plichi contenenti dei proiettili. È così scattata l’indagine della Procura capitolina per minacce aggravate, coordinata dal Procuratore aggiunto Francesco Caporale, titolare dell’antiterrorismo e dei reati contro la l’ordine pubblico e la personalità dello Stato. [MORE]
A conferma di quanto sostenuto, il Presidente Nicchi cita le invettive ricevute da un giornalista: "C'è un giornalista professionista che in una trasmissione ha affermato: 'Hanno dichiarato guerra a un popolo e in guerra non si va suonando lo zufolo, si va sparando. Bisogna sparare agli arbitri e non permettere loro di arbitrare'. Questa è la conseguenza. È stato regolarmente denunciato e ora seguiremo gli sviluppi". Raggiunto dalla redazione di Calciomercato.com, il giornalista ‘imputato’ dal numero uno dell’AIA, ha così dichiarato a sua difesa: "in nessun audio esistente ho mai pronunciato la frase 'bisogna sparare agli arbitri'. Se si riferisse a me, starebbe commettendo un reato ed è troppo intelligente per farlo. La mia era una semplice metafora: se in guerra si va sparando, domenica bisogna fischiare per 90 minuti. Se è violenza questa...".
Gli arbitri italiani manifestano un crescente clima di intimidazione verso la categoria. Riferendosi, molto probabilmente, al sit-in dei tifosi laziali dirimpetto alla Figc per contestare i presunti errori arbitrali di Giacomelli e Di Bello in Lazio-Torino, Nicchi denuncia l’”indifferenza” rispetto a gesti di “estrema gravità” ed accuse di “malafede”: “nessuno ha proferito parola, non ho sentito nessun intervento”. "L'arbitro Di Bello, che ieri ha arbitrato molto bene Inter-Milan, assieme a un altro (Piero Giacomelli, ndr) dovrà comparire in tribunale dal giudice di pace perché non avendo dato un rigore è stato convocato in tribunale dall'associazione dei consumatori. Vi risulta che un giocatore di Serie A se sbaglia un rigore viene convocato in tribunale dopo una settimana? Questa è una cosa gravissima". Un disappunto attinente alla clamorosa vicenda accorsa all’arbitro Marco Di Bello ed al collega Piero Giacomelli, citati in giudizio da un gruppo di tifosi laziali, rei di essere stati defraudati a seguito di un calcio di rigore non assegnato. “Come facciamo a mandare gli arbitri ad arbitrare sapendo che possono subire la stessa sorte per un errore?” chiosa il Presidente.
Per Nicchi, il tema della violenza sugli arbitri non può essere sottovalutato: "anche quest'anno circa 300 arbitri hanno subito violenze di cui 100 hanno subito botte gravi con necessità di assistenza al pronto soccorso fino al ricovero. I rimborsi? Quelli di ottobre - ad esempio - vengono pagati solo ad aprile. Alle sezioni - rivela - iniziano ad arrivare ragazzi accompagnati dalle famiglie che vogliono sapere perché il figlio non viene rimborsato da 5 mesi quando i genitori hanno anticipato la benzina per andare ad arbitrare e così li fanno smettere perché non se lo possono permettere".
Una risposta al crollo verticale delle ‘vocazioni’ all’arbitraggio c’è: “gli arbitri vanno in giro con i rimborsi chilometrici di 20 anni fa. Le tessere federali non valgono più niente. Gli arbitri non possono più andare allo stadio, motivo per cui spesso iniziavano l’attività. Viene assegnato un budget di cui gli arbitri non sono padroni. Questo significa sottrazione di autonomia gestionale. Il nostro budget istituzionale confluisce in quello federale. Sono stati tagliati costi per 100mila euro per i raduni tecnici, i luoghi dove gli arbitri vengono istruiti. Per istruire gli arbitri facciamo i raduni dove i ragazzi si pagano le trasferte. Tutti i raduni che fanno le 209 Sezioni d’Italia – sottolinea Nicchi - sono pagati dagli associati. Il sito dell’AIA ce lo vogliono togliere, è previsto dal Consiglio Federale e significa autonomia ed è importante per noi. La delibera federale secondo cui non dovrebbe più esserci è inesistente. Il sito dell’AIA fa capo al Presidente dell’AIA. Si contano 5 milioni di ingressi all’anno e 46 milioni di pagine visitate. Volevo tranquillizzare il nostro popolo, la misura è colma. Noi non abbiamo nemici, il Commissario straordinario si sta adoperando perché le cose si sistemino. Non ci meritiamo questo. Il nostro è un mondo di volontari. Chiediamo solo autonomia operativa e gestionale"
Nel corso della conferenza stampa, il numero uno degli arbitri italiani, non si sottrae dal dare un giudizio sulla discutibile e discussa Var: “tutti hanno detto che siamo stati bravi ad introdurre uno strumento che fa giustizia poi ci può essere qualcosa da perfezionare ma credo che l'avvento della Var sia qualcosa che ci distingue. Se strada facendo tutti si adeguano vuol dire che fa bene". A chi gli domanda se potrebbe essere il caso di inserirla anche per la serie cadetta, risponde così: "la Var anche in Serie B? Per il momento no. Non è una cosa che si decide dall'oggi al domani ma deve essere autorizzata da un protocollo internazionale".
Cristian D'Aiello