Estero
Ara San Juan - nessuna speranza per l'equipaggio del sottomarino scomparso
BUENOS AIRES, 1 DICEMBRE – Due settimane dopo la sparizione dell'Ara San Juan nelle gelide acque dell'Atlantico del Sud, la Marina Militare argentina ha annunciato ufficialmente che esclude ogni possibilità di trarre in salvo i 44 membri del suo equipaggio. [MORE]
Il Capitano Enrique Balbi, portavoce della Marina, ha annunciato che nella ricerca messa in atto “si è già superato il doppio del tempo previsto dai protocolli internazionali per trarre in salvo l'equipaggio di un sottomarino”, per cui a partire da adesso le operazioni saranno programmate esclusivamente per ritrovare lo scafo. Si è deciso, infatti, di passare ad una nuova fase della ricerca, nella quale non si impiegheranno più i mezzi e gli uomini necessari per affrontare la più complessa missione di riportare in vita l'equipaggio del sottomarino secondo i protocolli dell’emergenza SAR (search and rescue). In effetti, dopo aver setacciato per 15 giorni con una task force navale ed aerea internazionale (più di 4000 soldati, 28 navi e nove aerei da 18 Paesi) un'area di circa 40 km quadri a partire dall’ultimo punto di contatto del sottomarino con il comando operativo di Mar del Plata (la base verso la quale si dirigeva), non è stata trovata alcuna traccia del naufragio, né segnalato alcun contatto con il San Juan o le sue scialuppe di emergenza.
L’unica certezza è la telefonata satellitare delle 0:30 del 15 novembre, con cui il Comandante del San Juan informava la base di un ingresso di acqua nel sottomarino, che avrebbe scatenato un corto circuito ed un principio di incendio ("fumo senza fiamme") in un blocco di batterie, per cui il sommergibile procedeva a navigare senza le batterie di prua. Lo stesso rapporto è stato poi confermato per iscritto dal comandante cinque ore e mezza dopo (le 6 del mattino). A questo si aggiunge, secondo dati raccolti da agenzie internazionali di monitoraggio degli esperimenti nucleari, che intorno alle 11 del mattino sarebbe stata rilevata una “anomalia idro-acustica”, che risulterebbe compatibile con un’esplosione sottomarina.
Per questo motivo l’ipotesi formulata dagli esperti consultati dalle autorità è che la maggior parte dei marinai sia morta nel giro di due minuti, dopo la presunta esplosione. È questo ad esempio il parere espresso da Horacio Tobias, capitano di fregata ed ingegnere navale, il quale ha dichiarato al quotidiano “El Clarin” che il sottomarino avrebbe subito una scarica elettrica incontrollata. Ciò avrebbe provocato un’esplosione , con uno squarcio nella carena ed immediato ingresso dell’acqua del mare. Il San Juan sarebbe alla fine affondato a circa 450 km al largo della Patagonia.
Le famiglie di alcuni dei membri dell’equipaggio non hanno ancora perso la speranza, continuando a pregare e deporre fiori intorno al recinto della base navale di Mar Del Plata, ma i familiari di sette marinai hanno invece annunciato di essersi già costituiti come parti civili nel procedimento aperto dalla Magistratura Federale argentina per accertare le eventuali responsabilità nella vicenda. Dopo l'annuncio della sospensione delle ricerche dell'equipaggio, in particolare, l'Avvocato Luis Tagliapietra, padre del tenente di corvetta Alejandro Damian Tagliapietra, che si trovava nel sottomarino, ha dichiarato che la Marina “ha trattato le famiglie in modo crudele e perverso, mentendo in ogni modo possibile, con occultamento di fatti, eufemismi o bugie pure e semplici”.
Francesco Gagliardi
Fonte immagine: hd.clarin.com