Interviste
Antonella Biscardi ci apre il suo cuore e si racconta
Roma, 12 Agosto - Antonella Biscardi, figlia di Elsa e Aldo, è una giornalista, autrice, ideatore, conduttore e produttore televisivo. La passione per il giornalismo è innata in lei, ma per trasformarla nel lavoro della sua vita ha dovuto lottare. Soprattutto con suo padre Aldo che riteneva fosse un mestiere da uomo. Si è fatta strada brillantemente con grandi sacrifici, ottenendo risultati eccezionali che nessuno gli ha mai regalato.
Per conoscere nel dettaglio le vicende di questo meraviglioso percorso la intervistiamo personalmente e lei ci apre subito il suo cuore:
“Le origini meridionali hanno segnato la mia vita”. Dott.ssa Biscardi, può spiegarci come?
Le mie origini hanno caratterizzato tutta la mia vita. Mio padre era un vero meridionale, per lui la famiglia era fondamentale e aveva determinate regole. La donna e l'uomo avevano ruoli e mansioni ben distinti.
Ho dovuto sempre rapportarmi con questi principi, ma mi hanno segnata positivamente, perché ho dovuto imparare a lottare sin da subito. Tutte le scelte che volevo fare, venivano orientate in famiglia da quelle che erano le tradizioni.. Ad esempio, io volevo fare la giornalista e mio padre si è opposto perché era un mestiere maschile. Quando ho scelto di fare architettura lui mi ha detto: «si, ma dovresti fare l’insegnante». Era chiara la differenza tra l’uomo e la donna.
Oggi mi piace dire, però, che le nostre tradizioni mi hanno trasmesso il valore e il calore dell’unione familiare che al sud è molto sentito e che per me è fondamentale.
“Poi un giorno mi sono ritrovata a lavorare dentro una scatola che mi portava fra la gente”. Dalla laurea in architettura alla TV. Può descriverci questo interessante viaggio?
Papà era molto coinvolgente in famiglia, tutto ciò che viveva lo trasportava. Il giornalismo e la televisione, quindi, mi hanno sempre appassionato. Ad un certo punto della mia vita sono diventata protagonista delle mie scelte e, di nascosto, ho partecipato ad un concorso in Rai per essere ammessa ad un corso di scenografia, coniugando così la passione per l’architettura con quella della televisione. Quando mio padre l’ha saputo si è sorpreso ma non si è opposto. Ho iniziato così a lavorare in Rai. Siccome ho un carattere che cerca sempre di imparare, di migliorare, col tempo ho iniziato a fare programmi miei. Poi sono passata con mio padre e negli anni sono arrivata a curare la sua trasmissione e a produrla. Ho avuto la fortuna di lavorare in grandissime emittenti al fianco di gente di altissimo livello. Da parte mia, però, ce l’ho sempre messa tutta per riuscire ad acquisire quanta più conoscenza possibile. Nessuno mi ha regalato niente, ho dato tanto per ottenere.
Sono contenta di essere riuscita ad imparare un modo di comunicare vero, qualità che oggi si sta un po’ perdendo. Fare televisione è una grande responsabilità, bisogna saperla fare correttamente.
Carriera in TV straordinaria: autrice, giornalista, produttore, ideatrice di programmi, conduttore radiofonico. Quale fra questi ruoli sente che le appartiene di più?
Io faccio tutto con grande passione. I ruoli accennati sono sinergici tra di loro. Amo progettare qualcosa di vero da trasmettere agli altri e prendermene cura, non importa se poi sarò io a condurlo o devo affidarlo ad altri, l’importante è arrivare al cuore delle persone. Mi piacciono tutte le fasi, dall’ideazione al prodotto finito.
Ha lavorato per le più importanti emittenti televisive in chiaro e a pagamento. In quale fra queste il suo cuore si sente di più a casa?
Gli anni miei più cari, più belli, sono stati quelli vissuti a La7. Fra Telemontecarlo e La7 oltre dieci anni non soltanto con “Il processo di Biscardi” ma anche con programmi miei che mi hanno dato tanta soddisfazione e mi hanno fatto crescere molto. Una lunga e bellissima esperienza, in collaborazione con colleghi molto preparati in un clima di grande sinergia.
“Viaggiare è una fonte inesauribile di conoscenza e vita”. Quale fra i tanti viaggi fatti l’ha segnata particolarmente?
Io amo viaggiare. Spesso ho viaggiato da sola, perché mi piace fare un viaggio interiore, studiarmi, capirmi. Le destinazioni sono state scelte in base al periodo. Ad esempio, subito dopo la laurea la mia meta è stata New York. Lì ho fatto degli stage e ho visitato altri luoghi dell’America. Ho dei ricordi magnifici. Le località che mi hanno maggiormente fatta viaggiare interiormente sono state quelle in Perù, Venezuela, Argentina, in alcune isole immerse nella natura. Nel mio libro “Pezzi di noi” racconto proprio di questi passaggi fondamentali per me. Poi anche tanti viaggi nelle città d’arte, chiaramente.
“Dopo tanti tumulti ora mi sento un’anima quieta”. In che genere di tumulti si è ritrovata a combattere?
I tumulti sono tanti e credo li abbia ognuno di noi. Essendo io una persona che si mette continuamente in discussione, che cerca di essere sempre soddisfatta del percorso che fa, i miei tumulti nascono dalla continua ricerca di evoluzione. In particolare sul lavoro ma anche in famiglia. Una vita piatta per me non avrebbe senso. Col tempo ho imparato ad accettare il mio modo di essere, ad incanalare e gestire le passioni, grazie anche a tanti anni di Yoga. Oggi provo ancora forti passioni ma riesco a gestirle meglio, ho trovato un equilibrio con me stessa e non sono più tumultuosa.
Negli ultimi anni anche scrittrice di successo. Può farci una breve descrizione delle sue quattro opere?
Il primo è stato “Tutto (o quasi) su mio padre”. È nato casualmente. Mio padre stava scrivendo un libro sulla sua carriera, poi la casa editrice gli ha proposto di mettere insieme, io e lui, due visioni diverse sulle stesse vicende. Lo abbiamo fatto ed è piuttosto un saggio.
Gli altri tre sono un percorso emotivo, personale. Io li definisco la “trilogia dei sentimenti”. “Pezzi di noi” vuole raccontare quelle parti della nostra personalità che ci accomunano un po’ tutti.
“Vilma e gli uomini” è conseguente e indaga le varie tipologie di uomo, ma anche di donne che si rapportano agli uomini, che possono esserci. Il rapporto uomo-donna visto sotto tante sfaccettature e anche questo è un modo di comunicare i sentimenti.
L’ultimo è il viaggio più incredibile che abbiamo fatto tutti noi, “Un metro di solitudine”, scritto durante il lockdown. Un viaggio diverso per ognuno ma accomunato dalla solitudine. Nato da una serie di miei pensieri si è poi sviluppato grazie al nuovo modo di comunicare al quale ci siamo adeguati. Abbiamo aperto una pagina Facebook con alcuni colleghi, “Aiutiamo chi è solo”, che ci ha permesso di fare delle conversazioni con tante persone che avevano bisogno, soprattutto, di conversare. Un libro molto interiore ma anche intriso dei sentimenti di queste persone.
In futuro farò un altro percorso, non so ancora quale, ma sempre con la caratteristica di far parlare il cuore e donare emozioni.
Saverio Fontana