Salute

Ansiolitici, ipnotici e sedativi: uso e abuso. Ne parliamo con il Neuropsicologo Alberto Rossitto

ROMA, 15 OTTOBRE 2018 - Le benzodiazepine sono una classe di psicofarmaci che comprende ansiolitici, ipnotici e sedativi. Secondo l’approfondimento pubblicato a maggio sul portale dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), in Italia nel 2017 il consumo di benzodiazepine ha avuto un incremento di circa l’otto per cento rispetto all’anno precedente. 

Con il Dottor Alberto Rossitto - Neuropsicologo clinico, Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale e fondatore dei centri clinici Mental Care - scopriamo per quali problematiche vengono impiegate le benzodiazepine e se, a volte, se ne abusa pensando, erroneamente, di curare sia la causa sia il sintomo del disagio. 

 

Gli psicofarmaci comprendono antidepressivi, antipsicotici e benzodiazepine. Potrebbe spiegare le varie differenze?

“Sono farmaci con effetti differenti tra loro poiché hanno azione su circuiti cerebrali differenti. Gli antidepressivi ad esempio intervengono nella ricaptazione della serotonina, un neurotrasmettitore che influisce sulla attività di regolazione del tono dell'umore,  del sonno,  della temperatura corporea e della sessualità.  Le benzodiazepine agiscono per lo più su un tipo recettoriale denominato recettore delle benzodiazepine, che modula l’attività del GABA e hanno un’azione più ansiolitica o sedativa. Infine gli antipsicotici sono anche noti come sedativi maggiori e agiscono su certi circuiti cerebrali allo scopo di ridurre l’attività della dopamina. Sono usati per il trattamento delle psicosi, della schizofrenia, della fase maniacale del disturbo bipolare e talvolta per gli stati depressivi cronici”.

  

Quali soggetti ricorrono maggiormente all’assunzione di ansiolitici e sedativi?

“Oggi, la domanda è molto aumentata se si pensa che nell’ultimo decennio il consumo degli antidepressivi e degli antipsicotici è cresciuto del 310%. Il dato fa riflettere. In generale, quelle che ricorrono alle benzodiazepine sono persone che cercano una via di risoluzione veloce alle proprie difficoltà senza agire sull’origine del loro disturbo. Il consumo di questi farmaci è in ampia crescita anche nelle fasce più giovani della popolazione”.


Chi soffre di ansia, attacchi di panico, insonnia, per risolvere tali problematiche dovrebbe intraprendere un percorso psicologico?  

“I sintomi di cui sopra fanno sempre parte di un disagio esistenziale o di un conflitto irrisolto la cui origine è sempre di natura emozionale. I sintomi sono un campanello di allarme che il corpo ci dà per segnalare la rottura di un equilibrio. Pertanto, andrebbero accolti, compresi e interpretati alla luce del significato che rivestono nella storia di vita di quel paziente. Il farmaco può essere un aiuto per superare la fase acuta di un disturbo ma non è risolutivo. Molte ricerche oggi dimostrano che, per molti disturbi è possibile intervenire con la psicoterapia senza l’uso di farmaci ma non il contrario e che i benefici di un intervento psicologico sono stabili e duraturi nel tempo mentre l’interruzione di una terapia farmacologica è maggiormente a rischio di ricadute.

In quali casi specifici andrebbero necessariamente assunte le benzodiazepine?

“Le benzodiazepine vengono utilizzate di norma in tre situazioni ovvero, stati d’ansia e attacchi di panico, problemi del sonno e nel trattamento dell’epilessia. Possono essere impiegate anche in altre circostanze, ad esempio nella gestione della dipendenza da alcol o come miorilassanti. Nella maggior parte dei casi il trattamento dovrebbe durare poche settimane per evitare problemi di dipendenza”.

Cosa avviene dopo aver assunto benzodiazepine e quanto dura il loro effetto? 

“L’effetto varia dalla tipologia di benzodiazepina impiegata e dalla sua emivita ossia quanto tempo quel farmaco permane nell’organismo. Alcuni hanno un’azione più veloce, altri lenta e distribuita nel tempo. In generale l’azione più importante è quella calmante o sedativa”.

 

A cosa pensa sia dovuto l’incremento dell’uso di benzodiazepine rispetto all’anno precedente?

“I ritmi troppo frenetici di questa vita ci sottopongono a agenti stressogeni continui. Stiamo perdendo il contatto con la nostra natura più intima e spirituale, non siamo più in ascolto dei nostri bisogni emotivi né di quelli altrui. Tutto si basa sul consumismo, sulla superficialità, anche le relazioni sono sempre più povere di significato. Inoltre lo stile di vita che facciamo ci porta ad avere un livello di energia troppo elevato. Le persone cercano nei farmaci delle soluzioni veloci ai loro disagi”. 

Considera la variazione un campanello di allarme?

“Lo è certamente, ma quello che è più grave è che anziché migliorare la qualità della vita si mettano in commercio nuovi farmaci. Non esiste la pillola della felicità. La verità è che in Italia un italiano su tre assume o ha assunto psicofarmaci nell’ultimo anno. Abbiamo creato una nuova dipendenza e nessuno se ne cura. Da strumento di cura il farmaco è divenuto uno strumento al servizio dell’evitamento fobico della sofferenza”.

L’aumento potrebbe essere legato a prescrizioni scorrette?

“Sì. In moltissimi casi io e i membri del mio staff riceviamo pazienti con terapie farmacologiche inappropriate. Molte provengono dai medici di base che non sono in grado di soddisfare una domanda così in crescita ma che oggi, rappresentano ancora il primo specialista a essere interpellato per questi problemi. In altri casi le terapie sono impostate dai CSM dell’Asl, i quali sono obbligati per mancanza di risorse, a fare una terapia puramente contenitiva”.

Gli ansiolitici agiscono sul sintomo e non sulla causa del disagio, ma non tutte le persone ne sono a conoscenza. Cosa si potrebbe fare a livello di prevenzione e formazione?

“Occorre fare molta campagna di informazione anche gratuita. I nostri centri a Torino organizzano periodicamente degli incontri aperti a tutti e abbiamo un servizio per la disintossicazione da psicofarmaci. Ma il problema è troppo vasto, dovrebbe partire dai vertici con campagne di sensibilizzazione e educazione all’uso dei farmaci che solo un privato non può fare. Anche i medici dei servizi dovrebbero incoraggiare di più l’uso della psicoterapia. In Italia abbiamo il primato negativo di tutta l’Europa per il sotto utilizzo della psicoterapia”. 

Oltre alla dipendenza, spesso sottovalutata dai consumatori di benzodiazepine, esistono altri effetti collaterali? 

“Si possono verificare molti effetti collaterali tra i quali deterioramenti cognitivi e problemi affettivi e comportamentali, stati di agitazione, perdita di desiderio sessuale, aumento paradosso dell'ansia e della depressione, perdita di interesse nelle attività.  Ovviamente se la terapia farmacologica è corretta e supervisionata da uno specialista, i rischi di contrarre questi sintomi sono molto più bassi”.

 

Si ringrazia il Dottor Alberto Rossitto

 

Luigi Cacciatori