Anello Debole, we show the 99%
Cultura e Spettacolo Marche

Anello Debole, we show the 99%

domenica 30 ottobre, 2011

CAPODARCO DI FERMO, 30 OTTOBRE 2011 – Uno degli slogan più importanti utilizzati dai movimenti sociali che tentano di fronteggiare la crisi è “we are the 99 per cent”, “noi siamo il 99 per cento”, a testimoniare che a godere realmente della ricchezza mondiale è solo una esigua minoranza. Se questo stesso criterio lo applicassimo al giornalismo, in particolare a quello nostrano, potremmo dire che questi non fa che parlare del solo un per cento dei fatti che avvengono nel mondo, lasciando il restante 99 alla curiosità di specialisti e addetti ai lavori.[MORE]

Marginalità sociale, carceri, droga, prostituzione, criminalità organizzata sono solo alcuni dei temi trattati dal premio “Anello Debole” - che vi abbiamo presentato attraverso un'intervista a Stefano Trasatti, direttore dell'agenzia di stampa “Redattore Sociale”, organizzatrice del premio  – che ha in questi giorni ha reso noti i finalisti per la settima edizione del premio che si è svolta quest'anno e che InfoOggi.it vi presenterà in questi giorni.

Partiamo da un argomento che, qualche mese fa, ha trovato un seppur minimo spazio all'interno dell'agenda dei media mainstream – in particolare grazie a L'Espresso e Presa Diretta di Riccardo Iacona – e che ha visto anche l'interesse del Parlamento.

Stiamo parlando della mai risolta questione psichiatrica, che dai tempi di Franco Basaglia e della sua “rivoluzione” ogni tanto torna a far parlare di sé. Questa volta ci riesce grazie all'operato della Commissione parlamentare d'inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale presieduta dal senatore del Partito Democratico Ignazio Marino, il cui lavoro - Ergastolo Bianco - è probabilmente tra i più accreditati concorrenti al premio.

Sullo stesso tema Mariuccia, una vita per i matti, di Monica Moretti (andato in onda sulla terza rete Rai nell'ambito di “Tg3 Persone”) che, attraverso le parole della protagonista, racconta la storia di Mariuccia Giacomini, prima infermiera proprio nell'equipe triestina di Franco Basaglia poi presidente-volontaria in una cooperativa per il reinserimento lavorativo dei disagiati psichici. Oggi Mariuccia, in pensione ormai da qualche anno, ha unito la sua vita da infermiera a quella di magliaia – suo primo mestiere – lavorando in una cooperativa che dà aiuto alle donne colpite da tale disagio proprio attraverso il lavoro con i ferri.

Dall'altra parte del cancello. Dagli ospedali psichiatrici giudiziari di Ergastolo bianco al carcere (e viceversa) il passo e breve. E proprio di carcere, nello specifico quello di piazza Lanza a Catania, si parla in un altro dei finalisti – categoria video – di quest'anno. Oltre l'attesa, di Silvana Tranchida ci porta in un viaggio, della durata di tre minuti, in un aspetto ignorato dell'esistenza carceraria, argomento di per sé ai margini delle cronache mediatiche se impossibile da strumentalizzare per fini politici. Il “cortissimo”, infatti, ci racconta l'attesa al primo cancello – quello di ingresso – dei familiari dei detenuti nel carcere catanese, costretti ad aspettare per ore fuori dal carcere che quel cancello si apra.

Tra i temi costanti presentati al premio ci sono i conflitti internazionali e la criminalità organizzata. Per quanto riguarda i primi, che quest'anno hanno visto un'ampia presentazione di documentari sulla cosiddetta “primavera araba”, in finale sono arrivate due storie dal passato, come la guerra dei bambini soldato della Sierra Leone ed il genocidio ruandese. Storie da Freetown, di Lucia Ferrari (andato in onda per “Agenda del mondo”, RaiTre) ci porta nella capitale dello Stato dell'Africa Centrale, insanguinato dalla guerra civile del Fronte Rivoluzionario Unito lungo tutto il corso degli anni Novanta e finita ufficialmente solo dieci anni fa, dopo 100.000 vittime e due milioni di rifugiati.


La guerra in Sierra Leone è famosa anche per l'ampio uso che, sia dalla parte dei “ribelli” che da quella dell'esercito regolare si è fatto dei bambini soldato. Bambini come Komba, intervistato nel documentario, che racconta del difficile percorso di riabilitazione e reinserimento nella società (per un approfondimento sul tema, cliccare qui).
Ruanda: il paese dove il passato non passa, di Roberto Antonini (andato in onda sulla Radio Svizzera e su Radio24), invece, ci porta nel cuore dello scontro tra Hutu e Tutsi, cercando di raccontare, attraverso le storie di chi l'ha vissuto sulla propria pelle, quanto di quel genocidio è ancora vivo oggi, a 16 anni di distanza.

Il doppio cappio. Per la sezione “criminalità organizzata”, la finale propone Come denunciare uno strozzino, di Cristina Giordano e Il bambino che amava i cavalli, di Carla Manzocchi, andato in onda su Radio Uno.
Il primo documento, andato in onda su Radio Colonia – Funkhaus Europa/Wdr, racconta la storia di Antonino Santonocito, imprenditore edile siciliano trasferitosi in Brianza che, per non essere protestato, decide di chiedere un prestito di 10mila euro ad uno strozzino legato alle 'ndrine calabresi. «Nella foga di pagare non ti rendi conto di quanto paghi. Arrivi ad un punto in cui o ti suicidi e lasci il problema in mano ai tuoi familiari, o li uccidi. Ma finisci in carcere».

Carla Manzocchi invece ci porta a conoscere – o a ricordare – uno degli episodi più atroci nella storia violenta della Cosa Nostra corleonese, cioè l'omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo (l'anno è il 1993), assassinato e poi sciolto nell'acido dagli uomini di Giovanni Brusca, detto “lo scannacristiani”, boss della strage di Capaci oggi collaboratore di giustizia. L'omicidio si inserisce in quella “tradizione” di vendette trasversali che la criminalità utilizza per colpire quei suoi esponenti che decidono di passare dall'altro lato, dall'anti-Stato allo Stato. Col senno di poi si riveleranno profetiche – quanto meno per i corleonesi – le parole di Enzo Brusca, fratello dello “scannacristiani”, per il quale l'omicidio del piccolo Giuseppe avrebbe fatto più danno all'organizzazione siciliana di quanto ne fece la strage di Capaci.

Last but not least arriviamo a quelli che, per chi scrive, sono i due concorrenti che hanno quel “qualcosa in più” che forse merita di essere premiato. Parliamo di It's up to you!, di Giuseppe Bettoni, Cristina Bocca, Marco Casiraghi e Mirella Savegnano e Kabul: la voce delle donne di Michela Sechi.


Il primo, ancora inedito, ci porta nel mondo degli “sugar-daddy”, quegli adulti che – in Africa e non solo – fanno sesso con ragazze minorenni in cambio di protezione, denaro o regali di altro tipo (no, nessun termine di paragone è proponibile con la situazione italiana, qui la faccenda è molto più seria) e che spesso, oltre a orecchini, braccialetti o rette scolastiche – come nel video – regalano a queste giovani anche malattie come l'Aids.

«La nascita di una femmina, in Afghanistan, è motivo di tristezza. Nella maggior parte delle famiglie mangiano prima i maschi, se non avanza cibo le femmine non mangiano. Se un maschio si sente male va in ospedale. Se è una ragazzina a non stare bene, viene portata dal dottore solo quando non è più in grado di stare in piedi». A parlare così è una delle attiviste intervistate da Michela Sechi. Parliamo di Afghanistan post-taleban, dove le donne sono state liberate dall'intervento occidentale. O, quanto meno, questo è quello che ci viene raccontato da tg e quotidiani.


Perché la vita delle donne afghane, come quelle che lo scorso 8 marzo hanno organizzato la “contro-festa” delle donne, non è poi così libera. Le attiviste dell'organizzazione Rahwa, ad esempio, sono costrette a riunirsi senza sapere chi hanno davanti, dato che per motivi di sicurezza usano nomi falsi anche tra di loro, parlano dietro una tenda quando si incontrano e cambiano spesso numero di cellulare. Questo, in un paese – diventato ormai un vero e proprio narco-stato – dove il 90 per cento della popolazione femminile non ha accesso all'istruzione ed alle cure.
A chi è servita davvero, allora, la liberazione?

Andrea Intonti


Autore
https://www.infooggi.it - Il Diritto Di Sapere

Entra nel nostro Canale Telegram!

Ricevi tutte le notizie in tempo reale direttamente sul tuo smartphone!

Esplora la categoria
Cultura e Spettacolo.