Cultura e Spettacolo

Ancora un riconoscimento al romanzo “Il cacciatore di meduse” di Ruggero Pegna

Ancora un riconoscimento al romanzo “Il cacciatore di meduse” di Ruggero Pegna  che continua il suo viaggio contro ogni forma di razzismo. L’emozionante storia dei nostri giorni tra i premiati al Premio Letterario Nazionale Città di Grosseto “Amori Sui Generis”
LAMEZIA TERME (CA) 11 MAGGIO -  In un tempo fortemente segnato dal tema dell’immigrazione, continua il suo viaggio contro ogni forma di razzismo Il cacciatore di meduse, l’ultimo romanzo di Ruggero Pegna edito dalla casa editrice Falco, che racconta in modo emozionante e commovente l’incredibile dramma dei migranti, le sofferenze e i sogni di chi è misero o diverso, discriminato per il suo stato di povertà o per il colore della pelle.

Primo classificato al “Premio Antonio Proviero” e al “Premio Core.re. Cultura”,  menzione d’onore al “Premio Michelangelo Buonarroti”, premiato tra i finalisti al Premio Internazionale “Il sigillo di Dante” della “Dante Alighieri” di La Spezia, il romanzo sarà premiato anche al Premio Nazionale Città di Grosseto “Amori Sui Generis” il prossimo 31 maggio durante la cerimonia di consegna dei riconoscimenti che si terrà presso il Teatro degli Industri.

“I riconoscimenti – dice l’autore – fanno indubbiamente piacere e, soprattutto, aiutano la divulgazione di libri non facili o commerciali. Un romanzo che parla di umanità e fa parlare quegli uomini che la società considera come ultimi o, fin troppo spesso, non considera proprio, quasi fossero cose, è fuori da certi meccanismi di mercato. Per cui, ben vengano queste opportunità. La voce e il racconto del ragazzo somalo e dei suoi amici immigrati e, ancor peggio, poveri di tutto il mondo, protagonisti della mia storia, vogliono offrire l’altro punto di vista e di vita rispetto a chi tratta questi tempi con cinismo e indifferenza. Il razzismo è presente nella nostra società e a farne le spese sono sempre i più deboli, i considerati diversi, soprattutto se miseri”.

Il romanzo è già stato introdotto in molti istituti scolastici e tradotto in braille per vedenti e ipovedenti. Nel 2017, infatti, Il cacciatore di meduse è stato inserito tra i tredici libri consigliati dalla World Social Agenda della Fondazione Fontana di Padova a studenti e docenti delle scuole secondarie di secondo grado sul tema “Migranti e Diritto al futuro”. 

La storia del piccolo cacciatore di meduse continua ad affascinare e commuovere lettori di ogni età. Il  mondo visto con gli occhi di Tajil, il bambino somalo protagonista del romanzo, e dei suoi amici immigrati e miseri di ogni parte del mondo, offre la vera dimensione umana ad un tema al centro delle cronache nazionali e internazionali, come quello dei migranti, spesso trattato al minimo con distacco e indifferenza, come ha sottolineato l’autore.

È la storia attualissima e struggente de “Il cacciatore di meduse”, che approda sulle coste siciliane, in riva al mare cristallino di San Vito Lo Capo, dopo l’espiazione di un viaggio massacrante nel deserto prima e, poi, a bordo di un barcone fino a Lampedusa. C’è un pezzo dei nostri tempi, l’avventura dei migranti vista con gli occhi di chi la vive, rischiando la vita stessa e sognandone una diversa e migliore.

Tra le onde, Tajil anela alla terraferma con in testa un guazzabuglio di desideri, speranze, sogni. “Ognuno ha un motivo per scappare e mille altri per sperare”, scrive Ruggero Pegna che, dopo “Miracolo d’amore”, storia della “sua” leucemia (Rubbettino, 2005) e numerose altre pubblicazioni, decide di addentrarsi in un mondo affascinante e misterioso che si perde talora nelle derive del razzismo, del concetto errato di emigrazione, di tolleranza e solidarietà, di speranza. In terra siciliana, accompagnato dalla mamma Halima, Tajil dovrà fare i conti con una nuova realtà.

“Il cacciatore di meduse” di Ruggero Pegna, oltre che autore anche noto direttore artistico e promoter musicale, si presenta come un autentico romanzo di formazione.

La commovente storia di Tajil, un bambino nero che non sapeva di essere diverso perché nel suo villaggio a Chisimaio tutti avevano il suo stesso colore della pelle, ci apre ai sentimenti, al rispetto degli altri e delle loro infinite diversità, ci apre alla bontà.

Nel suo primo temino in italiano Tajil scrive: “La Terra è di tutti, diceva mio nonno e, per questo, sto bene anche qui, in mezzo a gente con la pelle diversa dalla mia. […] Penso che il nonno avesse ragione quando diceva che la bontà non dipende dal colore della pelle, ma da quello del cuore.”.