Chiesa e Società

Amore e amicizia tra gratuità e reciprocità

"Vie dello spirito"

Quante volte abbiamo vissuto relazioni intense finite a causa di frivole incomprensioni e ci siamo trovati a pensare: "Dopo tutto quello che ho fatto per lui/lei"!

Una frase che riflette tutto l'amore gratuito che in quel momento ci sembrava di vivere, ma che invece nascondeva un debito, come se al nostro aver dato qualcosa avrebbe dovuto esserci per forza un tornaconto, un contraccambio.

Nell'amicizia, o in qualunque altra forma di amore la gratuità è l'esperienza di chi si è donato indipendentemente da quanto ha ricevuto, è gratuito, appunto, perché è dono, e questa è già una forma alta di amore che risponde all' invito di Gesù: "Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi".

Il Signore ci chiama, come ha chiamato i discepoli, si dona a noi gratuitamente, ci ama indipendentemente dalla nostra risposta, anche di fronte alla nostra indifferenza lui non smette di amarci.

Questa è la gratuità che siamo chiamati a vivere.

La reciprocità invece è un andare incontro all'altro, è qualcosa che non esiste all'inizio nella relazione, matura dopo, scaturisce dalla frequentazione e dallo stare insieme ed è necessaria per costruire l'unità in ogni ambito: in famiglia, nelle parrocchie, nel proprio ambiente lavorativo;

l'amore reciproco è indispensabile per rendere solide le nostre relazioni.

I discepoli, quando hanno ricevuto l'invito di Gesù, lasciarono tutto, lo seguirono e stettero con lui per imparare ad amarsi reciprocamente.

Sant’Agostino quando si sofferma a riflettere sul significato dell'amicizia, formula una specie di vademecum dell'amore reciproco.

Scrive Agostino:

" Amicizia vuol dire comunione: suppone la stima, la fiducia, a benevolenza, il rispetto, la fedeltà;

richiede per mantenersi e crescere molte cose: la presenza dell'amico, l'assenza dell'invidia, i frequenti colloqui, l'unità degli intenti, la cooperazione generosa, la scienza del chiedere e concedere il perdono".

Non esclude neppure che vi possano essere: "i dissensi occasionali senza rancore, l'essere ognuno dell'altro ora maestro, ora discepolo, la nostalgia di chi è lontano, le accoglienze festose di chi ritorna".

Questi e altri simili gesti sono necessari e richiedono un atteggiamento di umiltà per poterli mettere in pratica.

Quando i discepoli sono stati chiamati ognuno di loro aveva il proprio temperamento, le proprie ambizioni, le loro virtù e i loro difetti:

Pietro era pieno di entusiasmo, sicuro di sé al punto da voler ostacolare la missione di Gesù, poi nel momento del pericolo scopre la sua fragilità e Gesù ne fa la pietra su cui edificherà la sua chiesa;

Tommaso rimane fermo sulla sua opinione, nonostante la testimonianza degli altri, però quando si accorge di aver sbagliato riconosce il suo errore;

Giacomo e Giovanni chiedono di avere i primi posti, gli altri dieci si arrabbiano e per questo Gesù li richiama:

Le persone potenti fanno sentire con la forza il peso della loro autorità. Ma tra voi non deve essere così. Anzi, se uno tra voi vuole essere grande, si faccia servo di tutti; e se uno vuol essere il primo, si faccia servitore di tutti ”.

Mc 10,42-44

Il servizio è la manifestazione di questo amore gratuito e reciproco.

Stefania Tolomeo