Cultura e Spettacolo
All’Uniter si discute della conoscenza della nostra lingua con i suoi usi, dubbi e trappole
LAMEZIA TERME (CZ), 30 NOVEMBRE - «L’Italiano che parliamo è un patrimonio recente poiché non sempre si è parlato e scritto nello stesso modo ma, soltanto dopo il secondo dopoguerra, siamo diventati un popolo con una sola lingua». Lo ha affermato Rosario Coluccia , accademico della Crusca e professore emerito di Linguistica italiana, nel corso di un incontro“Conosciamo l'Italiano.
Usi, dubbi e trappole della nostra lingua» promosso dall’Università della Terza Età di Lamezia Terme , presieduta da Costanza Falvo D’Urso. L’illustre accademico Coluccia ha intavolato, come lui stesso ha sostenuto, una chiacchierata sull’evoluzione della lingua modificatasi a partire dai tempi antichi. L’Italiano, che parliamo, non è altro che il latino parlato e scritto trasformatosi dopo 2000 anni. La lingua infatti si evolve nel tempo anche se tuttora Dante, Petrarca e Manzoni restano i punti fermi di riferimento sia nel linguaggio parlato che in quello scritto. «Noi oggi - ha affermato Coluccia - percepiamo i fenomeni del cambiamento in maniera molto più accelerata perché mentre un tempo i produttori di lingua, che erano modelli di lingua, erano gli scrittori, i poeti, alcune persone di livello elevato, adesso i modelli di lingua sono altri: televisione , giornali, internet e quant’altro. L’Italiano non è stato sempre una lingua unica poiché negli anni ’50 esistevano da Nord e Sud tanti dialetti che poi cominciarono a scomparire con l’avvento della Televisione, che rispecchia questa età, e anche con le famose lezioni del maestro Manzi con il quale 2.000.000 di persone appresero l’Italiano.
Anche in famiglia, dove si parlava in dialetto, cominciò ad imporsi l’Italiano con il quale i genitori si rivolgevano ai bambini appena nati». Indubbiamente la lingua cambia in continuazione governata da nuove agenzie che producono lingua diventando modelli di produzione linguistica. Le nuove agenzie sono rappresentate da individui, persone, che rivestono un certo ruolo nella società, tv, giornali, politici, persone, calciatori famosi o veline e per di più accolgono termini nuovi come populismo, craxismo, marxismo, berlusconismo, tangentopoli , alcuni dei quali sno scomparsi, altri permangono ubbidendo alle mode e alle esigenze del momento. Altri termini, considerati vecchi, arcaici, sono in disuso, sostituiti talvolta da espressioni grammaticalmente errate come per esempio « scendi il cane».
Un fenomeno dominante è quello della permeabilità dell’Italiano nei confronti delle lingue straniere, specialmente della lingua inglese, la cui conoscenza è fondamentale, ma non va usata in modo gratuito e inutile quando parliamo o scriviamo soprattutto se esistono parole italiane capaci di esprimere il concetto desiderato. «Per dire che faccio un incontro - ha precisato il professore Coluccia- non è necessario usare il temine inglese “ meeting” o i termini jobs act riferendosi al lavoro, termini di cui moltissimi non conoscono il significato.
Gli spagnoli usano le loro parole quando le hanno e la Francia, rivolgendosi a tutte le strutture, le esorta a non dare «spazio alle parole straniere fino a quando esiste una onesta parola francese che possa rendere quel concetto». Nel mondo per ragioni linguistiche, economiche , politiche, di scambi viene usato molto l’inglese ma non mancano arabismi, francesismi, germanismi, tuttavia in Italia sarebbe opportuno appropriarsi dell’Italiano formale inteso nella sua correttezza espressiva e fonetica ed essere fieri di noi come lo sono gli altri popoli. Pertanto non bisogna abusare dei barbarismi ma esprimersi nella propria lingua.
Foto: Costanza Falvo D’Urso e Rosario Coluccia
Foto:Rosario Coluccia
Lina Latelli Nucifero